In Italia sempre più imprese decidono di diventare Benefit Corporation. Con questa dicitura si identificano quelle aziende che, oltre al profitto, si pongono anche l’obiettivo di avere un impatto positivo sulla società, ponendo attenzione e misurando le proprie performance ambientali e sociali, e integrando nel proprio oggetto sociale un impegno verso gli stakeholder e la società civile.
Per Marco Imperiale, Innovation Officer di LCA, i settori in cui c’è più interesse sono quelli nell’ambito farmaceutico e alimentare, ma sono «in crescita anche le startup che desiderano costituirsi con questa forma societaria. In tal caso la scelta rappresenta una modalità di porsi (o di porre uno specifico prodotto o servizio) sul mercato. La crescita costante di società benefit (seppur in Italia i numeri siano ancora limitati si parla di poche centinaia di realtà) è probabilmente dovuta a diversi fattori: la possibilità di trovare sinergie con i propri clienti che hanno già effettuato la transizione, la volontà di rappresentare un cambiamento positivo per i propri clienti/utenti/consumatori, gli aspetti reputazionali, la necessità di attrarre i migliori talenti (sempre più interessati ad avere un impatto positivo e ad essere coinvolti in realtà sostenibili). Ultimo ma non meno importante dato la pandemia, che ha portato all’interno delle aziende una riflessione sulle prospettive di lungo termine. Meno marcata, paradossalmente, l’attenzione alla parte di incentivi fiscali. Un altro aspetto emerso dal confronto con le società interessate a questo tipo di transizione è l’utilizzo del percorso per diventare benefit come strumento di consapevolezza. Il confronto con consulenti esterni ed il completamento di determinati assessment permette infatti di avere una differente conoscenza di alcune dinamiche «non proprio esemplari» al proprio interno, e conseguentemente uno stimolo a migliorarsi ed un punto di partenza per riflessioni programmatiche a livello board».
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