Sono le esigenze dei consumatori a guidare le scelte di investimento degli operatori del venture capital o, al contrario, sono le decisioni di investimento dei venture capitalist a trainare o facilitare un’inversione di tendenza nel comportamento dei consumatori. Insomma: chi influenza chi?
Nello scenario attuale la pandemia e il conseguente distanziamento sociale hanno drasticamente modificato le abitudini di vita dei consumatori e, a cascata, apparentemente le scelte di investimento dei venture capitalist. Molte delle attività che in passato venivano svolte di regola fisicamente, o comunque evase mediante servizi di assistenza fisici, oggi hanno luogo a distanza o sono espletate attraverso canali tecnologici. Si pensi, ad esempio, al lavoro da remoto, alle attività bancarie, all’acquisto di generi alimentari o, più in generale, allo shopping.
Il cambiamento nel comportamento usuale dei consumatori ha sicuramente incentivato gli investimenti di venture capital in società offerenti prodotti e servizi collegati alla pandemia in corso. Nel corso dell’anno passato e dei primi mesi del 2021 sono state infatti oggetto di investimento aziende nei settori fintech, enterprise software & digital service, nonché nei settori della business productivity, della logistica e del delivery. Si prevede inoltre che l’attuale comportamento dei consumatori continuerà a guidare gli investimenti in questi settori, come pure nelle aree ad essi complementari e/o trasversali, quale, ad esempio, il settore della sicurezza informatica.
Se quanto sopra appare inconfutabile, occorre tuttavia notare come molti dei settori oggetto di una maggiore richiesta dei consumatori e attualmente beneficiari degli investimenti di venture capital abbiano cominciato ad emergere tempo addietro, nonché grazie alla lungimiranza e all’impulso degli investimenti dei venture capitalist. Uno fra tutti, il settore tecnologico, la cui evoluzione non può certo dirsi conseguenza esclusiva della pandemia e del comportamento dei consumatori.
L’ago della bilancia delle scelte di investimento degli operatori professionali ha una propria autonomia rispetto alle scelte dei consumatori ed è capace di influenzare, a sua volta, l’evoluzione della società. Calando il discorso ai giorni nostri, è infatti possibile constatare come i venture capitalist prediligano società già in fase avanzata e presenti nel rispettivo portafoglio, quindi sostanzialmente già oggetto di precedenti investimenti da parte degli stessi operatori professionali. Questa tendenza ha comportato conseguentemente un rallentamento nello sviluppo di quei settori che, sebbene siano oggi al centro dell’interesse dei consumatori (come, ad esempio, quello dell’EdTech), sono tuttavia caratterizzati da società poco mature e non appetibili per i venture capitalist.
Il dilemma dell’uovo e della gallina non appare dunque applicabile al rapporto tra il comportamento dei consumatori e l’orientamento delle scelte di investimento dei venture capitalist. Nonostante infatti i settori in cui investire siano trainati dalle primarie, e più o meno contingenti, esigenze dei consumatori, la discrezionalità degli operatori del venture capital e le relative decisioni di investimento hanno assunto in passato e mantengono ancora oggi un ruolo altrettanto trainante. Si tratta, infatti, di due fenomeni coesistenti e complementari, due facce della stessa medaglia che, a fasi alterne e dietro spinte diverse, si influenzano l’un l’altro.