La soppressione dei tribunali minori è un argomento aperto da oltre dieci anni, anche se purtroppo ad oggi non si è ancora arrivati a una vera e propria conclusione.
La riforma, partita con il decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, in particolare prevedeva la soppressione di 31 tribunali, 31 procure e 220 sezioni distaccate di tribunale, oltre alla cessazione di 667 uffici dei giudici di pace.
Da quell’iniziativa si sono succedute varie proposte e integrazioni, tornate in voga con il PNRR. Un argomento che trova pareri diversi tra gli avvocati e gli esponenti di tutte le coalizioni politiche, che sono spesso intervenuti per chiedere una revisione di questo piano.
Per Salvatore Sanzo, equity partner e presidente di LCA «il tema vero è che la scelta della soppressione delle sedi decentrate non può mai essere efficiente laddove sia misura isolata, cui non si accompagnino cioè scelte più incisive in termini di funzionalità. È un po’ quello che accade, altrettanto sistematicamente, con la decisione di cambiare le regole del processo, senza accompagnare questo cambiamento a interventi importanti sulle infrastrutture e sulle persone. Il tema vero, dunque, è che un processo (sia esso civile o penale od amministrativo) in tanto può funzionare solo in quanto, non solo vi siano regole che garantiscano equilibrio tra velocità, efficienza e rispetto dei diritti costituzionali di difesa, ma soprattutto vi siano anche persone, beni e sistemi in misura adeguata per consentire l’attuazione concreta delle regole. Fino a che ci si limiterà a cambiare sistematicamente le regole e ad effettuare interventi di corto respiro, il sistema non potrà comunque funzionare e, forse, neppure migliorare in termini di efficienza».
L’articolo completo a cura di Antonio Ranalli su ItaliaOggi Sette