Con il Decreto Ministeriale n. 672816 del 20 dicembre 2024 (“Decreto”), per la prima volta nell’ordinamento italiano, sono state introdotte disposizioni normative dettagliate sulla produzione, denominazione ed etichettatura dei vini dealcolati. Il provvedimento, atteso da tempo, consente ai produttori di ridurre, in modo parziale o totale, il contenuto alcolico di alcune categorie di prodotti vitivinicoli.
Il Decreto costituisce un importante passo avanti verso l’adeguamento dell’Italia alle previsioni contenute nel Regolamento (UE) n. 2117/2021, il quale, al considerando 40, riconosce la crescente domanda dei consumatori di prodotti vitivinicoli dotati di un titolo alcolometrico effettivo inferiore a quello dei prodotti vitivinicoli tradizionali e la conseguente necessità di un adeguamento normativo.
In particolare, il Regolamento (UE) n. 2117/2021 ha integrato l’Allegato VII, Parte II, del Regolamento (UE) n. 1308/2013, che disciplina l’Organizzazione comune dei mercati agricoli (“Regolamento OCM”), includendo nella definizione delle categorie vitivinicole anche i prodotti sottoposti a trattamenti di dealcolizzazione parziale o totale. Prima di questa importante riforma, il termine “vino” e gli altri termini legati alle categorie di prodotti vitivinicoli erano riservati solo ed esclusivamente a prodotti ottenuti dalla fermentazione alcolica totale o parziale di uve fresche o mosti d’uva, con titoli alcolometrici minimi ben definiti (ad esempio, 8,5% vol. nel caso del vino).
Con il nuovo Decreto, l’Italia ha individuato sette categorie di prodotti vitivinicoli che possono essere sottoposti a processi di dealcolizzazione: vini, vini spumanti, vini spumanti di qualità, vini spumanti di qualità di tipo aromatico, vini spumanti gassificati, vini frizzanti e vini frizzanti gassificati.
I processi di dealcolizzazione autorizzati sono la parziale evaporazione sottovuoto, l’uso di membrane e la distillazione (cfr. Allegato VIII, Parte I, Sezione E, del Regolamento OCM). Tali processi, che possono essere applicati singolarmente o congiuntamente, mirano a ridurre o eliminare completamente il contenuto di etanolo e sono autorizzati solo a condizione che il prodotto finale non presenti difetti organolettici, né subisca alterazioni, come l’aumento del tenore zuccherino o l’aggiunta di acqua e aromi esogeni.
Uno degli aspetti più delicati e dibattuti del Decreto riguarda la questione delle Denominazioni di Origine Protetta (“DOP”) e delle Indicazioni Geografiche Protette (“IGP”). L’articolo 3 del Decreto stabilisce in modo chiaro e inequivocabile che i prodotti vitivinicoli DOP e IGP non possono essere soggetti a processi di dealcolizzazione, né parziale né totale.
Questa esclusione si basa sulla natura stessa delle denominazioni protette, che garantiscono la qualità, la tipicità e il legame territoriale dei prodotti. Tali denominazioni rappresentano anche una tutela per i consumatori, che si aspettano di acquistare vini dotati delle caratteristiche prescritte dai disciplinari di produzione e, quindi, il contenuto alcolico minimo ivi indicato.
La scelta del Legislatore di escludere esplicitamente i vini a DOP e IGP dai processi di dealcolizzazione riflette l’orientamento europeo tracciato dal Regolamento (UE) n. 2117/2021, il quale ha espressamente riconosciuto che la dealcolizzazione dei vini deve essere compatibile con i disciplinari delle denominazioni protette e ha, quindi, lasciato agli Stati membri la possibilità di regolamentare la possibilità di applicare tali procedure.
Il Decreto reca anche disposizioni specifiche in punto di etichettatura. Nello specifico, il testo definitivo del Decreto ha stabilito l’obbligo di utilizzare la dicitura “dealcolato” per i prodotti con un titolo alcolometrico non superiore a 0,5% vol. e la dicitura “parzialmente dealcolato” per i vini con un contenuto alcolico superiore allo 0,5% vol., ma inferiore al limite minimo previsto per la categoria di origine (ad esempio, 8,5% vol. per il vino). Queste diciture devono essere riportate sull’etichetta, di seguito al nome della categoria del prodotto, in modo evidente e uniforme, con caratteri di pari rilievo grafico rispetto alla denominazione del prodotto.
È importante sottolineare che la scelta operata dal Legislatore si discosta dalla bozza originaria del Decreto, il quale consentiva l’uso alternativo dei termini “dealcolizzato” e “dealcolato”. Inoltre, sempre sotto il profilo terminologico, il Decreto italiano differisce anche dalle disposizioni del Regolamento (UE) n. 2117/202, il quale prevede che possa essere utilizzato esclusivamente il termine “dealcolizzato”. Dato il principio della preminenza del diritto europeo su quello nazionale, la discrepanza terminologica potrebbe incidere sulla validità delle disposizioni italiane in materia.
Infine, il Decreto introduce rigorosi requisiti per i luoghi in cui possono essere eseguiti i processi di dealcolizzazione. Questi devono essere stabilimenti o locali appositamente destinati alla dealcolizzazione dei vini, non intercomunicanti con strutture per la produzione o la detenzione di prodotti vitivinicoli non sottoposti a dealcolizzazione. Tali locali devono rispettare specifici criteri di tracciabilità e registrazione, con obbligo di comunicazioni preventive agli uffici competenti.
Si noti, inoltre, che particolare attenzione è riservata alla gestione dei sottoprodotti derivanti dai processi di dealcolizzazione, per i quali viene prevista la possibilità di destinarli alla produzione di distillati o di bioetanolo, previa denaturazione e nel rispetto delle norme fiscali applicabili.
In conclusione, il Decreto Ministeriale n. 672816 del 2024 rappresenta un importante sviluppo normativo per il settore vitivinicolo italiano, che permette ai produttori di rispondere alle richieste di mercato per prodotti a basso contenuto alcolico, senza però compromettere la tutela delle eccellenze DOP e IGP, che rimangono baluardi della tradizione del nostro patrimonio enologico nonché garanzia di caratteristiche definite per i consumatori.
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