Insight | 29.06.2022

L’esclusione delle atlete transgender: discriminazione o ragioni di equità?

In data 19 giugno 2022 la Federazione Internazionale del Nuoto (FINA) ha assunto una decisione storica che ha suscitato numerose reazioni e discussioni e che sembra destinata ad incidere drasticamente sul mondo dello sport e delle competizioni


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Al Congresso Generale Straordinario della FINA, svoltosi a Budapest in occasione dei Mondiali di Nuoto 2022 sono stati approvati i nuovi criteri di ammissione alle categorie agonistiche maschili e femminili per le competizioni internazionali. La decisione è stata presa a seguito dell’intervento dei rappresentanti di una commissione istituita nel novembre 2021 composta da atleti, esperti medico-scientifici e legali, cui era stato affidato il compito di indagare se e come incidono le differenze sessuali sulle prestazioni sportive.

Il documento che determina i nuovi criteri, approvato dal 71,5% delle Federazioni Nazionali affiliate, esclude la possibilità per le atlete transgender di partecipare alle competizioni femminili qualora abbiano intrapreso cure ormonali prima del raggiungimento del secondo stadio di Tanner (livello medico che indica l’inizio della pubertà) o prima del compimento del dodicesimo anno di età, a seconda di quale dei due eventi sia precedente.

In altre parole, il divieto riguarda le atlete che nel corso della loro vita abbiano sperimentato la pubertà maschile, in quanto per la FINA il picco di testosterone che ne consegue sarebbe idoneo ad alterare le loro capacità fisiche ed atletiche. Mentre gli atleti transgender donna-uomo (uomini transgender) non vengono annoverati in tale limitazione e continueranno a poter gareggiare nelle gare maschili senza alcuna restrizione.

Per meglio comprendere l’ambito, tale decisione si applica solo alle competizioni d’élite gestite dalla FINA, come i campionati mondiali, e alle competizioni in cui la FINA stabilisce i criteri di ammissibilità, in primo luogo i Giochi Olimpici, nonché in relazione alla registrazione dei record mondiali nel nuoto femminile. Restano fuori dal campo di applicazione, quindi, le competizioni nazionali o regionali o le gare di livello inferiore. Le federazioni nazionali restano libere di applicare i propri criteri di idoneità.

Sebbene secondo il Presidente della FINA si tratti di una decisione necessaria per proteggere l’equità delle competizioni sportive, tale decisione ha suscitato numerose polemiche. Essa viene, infatti, considerata lesiva dei diritti degli atleti a prendere parte alle competizioni sportive, nonché, discriminatoria nei confronti delle persone che hanno deciso di sottoporsi a trattamenti ormonali successivamente alla pubertà, età in cui molto spesso non si hanno né le conoscenze né gli strumenti adatti per prendere decisioni di questa portata.

In ogni caso, la FINA ha contemporaneamente annunciato l’istituzione di una nuova Commissione a cui sarà affidato per i prossimi sei mesi il compito di istituire una nuova categoria per permettere alle atlete escluse dalle categorie femminili di poter gareggiare in competizioni internazionali FINA, in linea con l’esigenza di non negare a nessuno il di-ritto a prendere parte ad eventi sportivi.

La decisione della FINA non è rimasta isolata. In data 21 giugno 2022, l’International Rugby League, la Federazione Internazionale del Rugby a 13, ha anch’essa escluso la possibilità per le atlete transgender che si siano sottoposte ad un percorso di transizione maschio – femmina di prendere parte alle competizioni internazionali femminili.

Rimane da capire, a questo punto, quale sarà la reazione del Comitato Olimpico Internazionale che, già nel Novembre 2021, con l’adozione del “Framework on Fairness, Inclusion and Non-Discrimination on the Basis of Gender Identity and Sex Variations”, aveva invitato le Federazioni Internazionali ad includere il più possibile le atlete che, a prescindere dai loro tratti sessuali, si fossero identificate nel genere femminile, rigettando il presupposto che il sesso maschile conferisca vantaggi fisici.

Si tratta ancora una volta di contemperare principi fondamentali dello sport: da un lato le esigenze di inclusione e di rispetto delle diversità, dall’altro l’equità delle competizioni. Fondamentale, in questo senso, sarà comprendere se la contemperazione di tali principi sia prerogativa del Comitato Olimpico Internazionale o delle singole Federazioni Internazionali che disciplinano i vari sport.

È possibile impugnare la decisione?

In tema di impugnazione di decisioni degli organismi sportivi internazionali è competente il Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna (TAS/CAS). A fronte di eventuali impugnazioni della decisione commentata, sarà di particolare interesse l’atteggiamento delle Federazioni Internazionali (e Nazionali) di altri sport che potrebbero attendere gli sviluppi legali in merito prima di assumere decisioni in relazione alla disciplina di riferimento.

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