Alert | 30.01.2023

Le principali novità contenute nello schema del nuovo Codice dei Contratti Pubblici

La prima lettura del progetto del nuovo Codice rende chiari gli intenti che dovrebbe conseguire: fissare le regole, spiegarle praticamente, fungere da guida operativa ed ottenere il risultato di realizzare le opere pubbliche.


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Dopo la lettura della relazione del progetto del nuovo Codice – affidato dall’ex Presidente del Consiglio Draghi al Consiglio di Stato – comprendo con sufficiente chiarezza le finalità che questo progetto di “nuovo codice” dovrebbe conseguire: l’elaborazione di un nuovo, più efficace e semplice codice degli appalti che assolva alle funzioni di guida operativa per imprenditori, amministrazioni e professionisti e che miri al risultato: realizzare le opere.

I numerosi e corposi allegati a prima vista parrebbero contraddire quanto ho appena affermato, ma anche in questo caso la loro lettura conferma che costituiscono la spiegazione e illustrazione operativa delle corrispondenti norme che si intendono attuare.

Così, per fare un esempio, una norma del Codice illustra le funzioni della Direzione Lavori e un allegato le dettaglia, indicando le singole attività del Direttore Lavori, fornendo così indicazioni pratiche e procedurali (All. II 14).

Quindi, il testo del Codice fissa le regole e la parte sugli allegati esprime pragmaticamente le principali applicazioni pratiche delle regole fissate, eliminando anche la necessità di linee guida e regolamenti ministeriali che hanno certamente reso meno semplice a tutti gli operatori districarsi su quali siano e dove reperire le norme applicabili ai contratti pubblici.

Se questo impianto sarà confermato nei principi dopo l’esame del Parlamento (e non già integrato con successivi regolamenti ministeriali) potremmo avere un corpo di norme perlomeno completo e di pronta applicazione.

Data la funzione pratica di questa nota, mi limiterò ad esaminare le novità dello “Schema” del nuovo codice rispetto a quello vigente.

Revisione prezzi

L’art. 60 dello Schema è norma scritta come conseguenza delle problematiche inerenti all’incremento anomalo dei prezzi e fissa l’obbligo per le Stazioni Appaltanti (già introdotto dall’articolo 29 del D.L. n. 4/2022, seppur in via transitoria per le procedure di gara avviate entro il 31 dicembre 2023) di prevedere, già nei documenti di gara iniziali, clausole di revisione prezzi, che potranno essere attivate solo al verificarsi di particolari condizioni di natura oggettiva, non prevedibili al momento della formulazione dell’offerta.

Il testo in esame, però, ripropone il metodo, rivelatosi del tutto insoddisfacente, riconducibile dal D.L. n. 4/2022 (cd. Sostegni-ter), che si basa sulle rilevazioni ISTAT semestrali invece di un sistema più reale, adattabile e operativo ed anche più coerente con il principio della conservazione dell’equilibrio contrattuale espresso nell’art. 9 dello Schema.

In tempi e casi di alterazione dei prezzi imprevedibili e fluttuanti come quelli che stiamo vivendo, servirebbe probabilmente un sistema maggiormente flessibile, basato su principi aggiornati e aderenti al mercato, non fissi temporalmente, ma “adattabili” e fondati su metodi di rilevazione degli incrementi dei costi basati su parametri oggettivi e, oserei dire, contestuali rispetto all’insorgere del problema, con l’intento di eliminare e allontanare  senza contestazioni il contrasto tra  gli operatori economici e le stazioni appaltanti , senza responsabilità per queste ultime nel riconoscere gli incrementi dei prezzi oggettivamente dimostrabili.

Qualifica delle stazioni appaltanti

L’idea che emerge dalla lettura dello Schema è quella di distinguere le amministrazioni aggiudicatrici secondo le qualificazioni di ciascuna: i soggetti senza qualificazioni potranno occuparsi solo di affidamenti di importo inferiore alla soglia degli affidamenti diretti – non potranno progettare, bandire gare sopra soglia, né avviare PPP o curare l’esecuzione dei relativi contratti – e dovranno invece appoggiarsi a committenze che abbiano previamente ottenuto adeguata qualificazione, secondo i parametri forniti dalla delibera 28 settembre 2022 n. 441 di ANAC.

A base della riforma mi pare vi sia l’intento di aumentare la discrezionalità delle Stazioni Appaltanti mitigato dalla necessità che le stesse siano altamente qualificate; ciò porterà inevitabilmente ad una conseguente riduzione del numero dei soggetti abilitati ad assumere il ruolo di stazioni appaltanti e responsabili della fase esecutiva; dette stazioni appaltanti saranno selezionate dagli stessi enti non qualificati in ragione della loro capacità di rispondere con competenza puntualità e efficacia, al bisogno del soggetto pubblico richiedente.

La proposta si preoccupa anche delle azioni necessarie per consentire al sistema di funzionare immediatamente e così stabilisce che, ex lege, sono iscritti di diritto nel registro delle Stazioni Appaltanti qualificate, istituito presso ANAC, i Provveditorati interregionali per le opere pubblicheConsip S.p.A., Invitalia S.p.A., Difesa Servizi S.p.A., l’Agenzia del demanio, i soggetti aggregatori di cui all’articolo 9 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, Sport e salute S.p.A. È inoltre previsto che, in sede di prima applicazione, le centrali di committenza delle Province e delle Città metropolitane siano iscritte con riserva nell’elenco tenuto dall’ANAC, al fine di fornire un facile appoggio specialmente per gli enti locali sforniti dei requisiti per la qualificazione.

È evidente, dunque, il nuovo orientamento verso una professionalizzazione delle funzioni del procurement pubblico, che avvicinerà l’Italia ai sistemi dei Paesi più efficienti in ambito Europeo e del Regno Unito.

Proseguendo oltre, le norme relative agli operatori economici sono conservate sostanzialmente immutate nei loro passaggi chiave (cfr. artt. 65 e ss. dello Schema), così come quelle inerenti alle procedure di scelta del contraente (cfr. artt. 70 e ss. dello Schema), che sono state però riformulate a beneficio di una maggiore chiarezza nelle varie fasi procedurali alle quali le precedenti previsioni, rinviavano.

Commissione Giudicatrice

In tema di Commissione giudicatrice, l’art. 93 recepisce alcune delle osservazioni pervenute dagli enti locali, che hanno segnalato la presenza di difficoltà operative legate al regime attuale consentendo ora che la commissione sia presieduta da un dipendente della Stazione Appaltante, e non necessariamente da un dirigente, purché in possesso del necessario inquadramento giuridico e di adeguate competenze professionali.

In caso di carenza di organico, la disposizione ammette il coinvolgimento di ulteriori soggetti, che dovrà avvenire nel rispetto dei principi di trasparenza e pubblicità.

È stato inoltre previsto, in linea con gli orientamenti giurisprudenziali del caso, che della commissione giudicatrice possa far parte il RUP. E ancora, per la prima volta in una norma del Codice, è stata introdotta la regola per cui la commissione può essere chiamata a prestare supporto al RUP per la fase di verifica dell’anomalia dell’offerta.

Come sottolinea la Relazione, una delle maggiori novità dell’articolo in commento riguarda il superamento dell’orientamento secondo cui i soggetti con incarichi legati alla procedura non potessero ricoprire il ruolo di commissari: il nuovo testo, invece, ragiona al contrario, cioè reputa opportuno che coloro che conoscono in maniera più approfondita l’oggetto dell’appalto possano far parte della commissione, salvo, naturalmente, garantire l’assenza di conflitto di interessi. Anche in questo caso la scelta mi pare di fiducia e di pragmatismo operativo finalizzato ad un risultato fiducioso che la fase quasi sempre patologica dell’esecuzione non sia sempre inevitabile.

Esclusioni

Interessante anche l’art. 94 che riordina il tema delle esclusioni, che tanta giurisprudenza hanno prodotto, distinguendole tra automatiche e facoltative e, rinviando, in quest’ultimo caso, all’esercizio del potere discrezionale delle Stazioni Appaltanti.

La tendenza a ridurre i casi di esclusione ove possibile si ritrova anche nell’art. 101, in tema di soccorso istruttorio, che esprime molto chiaramente il favor partecipationis, recependo quell’orientamento in base al quale deve essere possibile sanare ogni omissione, inesattezza o irregolarità degli atti di gara, con eccezione di quelle relative all’offerta tecnica ed economica. Come si legge nella Relazione “Chiave interpretativa della norma è la leale collaborazione delle parti (amministrazione appaltante e operatori economici), ispirata alla fiducia nell’attività amministrativa e alla responsabilità dell’operatore economico secondo i noti principi di buona fede, il tutto evidentemente nel rispetto del principio della par condicio”.

Avvalimento

Anche la norma sull’avvalimento si candida per essere foriera di cambiamenti radicali (cfr. art. 104 dello Schema).

Con il contratto di avvalimento, sarà possibile sia ottenere il mero prestito dei requisiti per partecipare alla gara, sia ottenere risorse aggiuntive da far valere all’interno dell’offerta tecnica.

Oltre a ciò, sono state eliminate dalla norma le previsioni “a pena di esclusione”: così si spera che le omissioni formali non idonee ad alterare la sostanza dello schema contrattuale sotteso all’avvalimento possano essere lette come sanabili attraverso il soccorso istruttorio.

La norma nuova, per la verità, lascia ancora aperti alcuni aspetti: ossia se è possibile per una impresa prestare avvalimento a concorrenti diversi e se è ammesso il subappalto dell’ausiliaria.

Criteri di selezione delle offerte

Poche novità circa i criteri di selezione delle offerte (cfr. art. 108 dello Schema), salvo il riferimento, nell’art. 109, alla reputazione dell’impresa, della quale verrà tenuta traccia da ANAC in relazione alla capacità esecutiva degli operatori economici e alla loro proficua collaborazione con i committenti.

A riguardo occorrerà dotarsi di criteri oggettivi che possano consentire un effettivo confronto tra gli operatori, oltre che di sistemi di premialità che sappiano indurre condotte sempre più collaborative.

Invece, appena una decina di articoli dello Schema di nuovo Codice, sono dedicati alla fase di esecuzione dei contratti pubblici che, secondo me, è una fase molto delicata (soprattutto se ho ben inteso i principi ispiratori del nuovo Codice).

Di seguito quelli che sono gli argomenti più interessanti.

Garanzie

In tema di garanzie, l’art. 117, recependo le indicazioni della legge delega volte a ridurre il peso dei costi delle cauzioni e fideiussioni gravanti sugli operatori, ha introdotto la possibilità per le imprese di richiedere, con riferimento agli appalti di lavori e prima della conclusione del contratto, la sostituzione della cauzione o della garanzia fideiussoria (c.d. garanzia definitiva) con ritenute (appunto c.d. ritenute a garanzia) sugli stati di avanzamento.

In linea con l’attuale disciplina, l’importo della garanzia definitiva è pari al 10% dell’importo contrattuale, fatti salvi gli incrementi previsti nel caso di ribasso in gara superiore, rispettivamente, al 10 o al 20 per cento.

Con riferimento agli accordi quadro, invece, è stata introdotta una nuova disposizione, che fissa la garanzia nella misura massima del 2% del valore dell’accordo quadro, risolvendo la questione spesso emersa nella pratica sul se commisurare la garanzia in questione all’importo complessivo dell’accordo quadro oppure a quello dei singoli affidamenti.

La norma proposta è coerente con la migliore prassi applicativa, fondata sulla considerazione che l’importo complessivo dell’accordo non definisce necessariamente il quantum delle prestazioni affidate al singolo operatore, rappresentando piuttosto la soglia del suo impegno massimo: la quantità dell’impegno assunto dall’operatore, sulla quale è ragionevole ottenere da quest’ultimo una garanzia, dipende piuttosto dai singoli accordi applicativi.

Al comma 14 dell’art. 17 è previsto l’esonero dalla prestazione della garanzia definitiva, limitata dalla normativa vigente al solo caso di miglioramento del prezzo di aggiudicazione. Se la norma  sarà confermata, l’esenzione – applicabile agli appalti da eseguirsi da operatori economici di comprovata solidità o per le forniture di prodotti d’arte, macchinari, strumenti e lavori di precisione – potrà essere ammessa anche nel caso di miglioramento delle condizioni di esecuzione, cioè non solo garantendo alla Stazione Appaltante un ulteriore miglioramento del prezzo offerto in gara (condizione difficilmente praticabile dagli operatori), ma anche impegnandosi a migliorare la quantità o la qualità della prestazione.

Subappalto

Riguardo al subappalto, l’art. 119 replica in maniera quasi pedissequa la previsione del precedente art. 105 del D.lgs. n. 50/2016; il comma 1, riprendendo il testo attualmente vigente, prevede la nullità dell’accordo con cui a terzi sia affidata l’integrale esecuzione delle prestazioni o delle lavorazioni appaltate, nonché la prevalente esecuzione delle lavorazioni relative alla categoria prevalente e dei contratti ad alta intensità di manodopera. Ciò significa che non può essere subappaltato il 100% delle prestazioni oggetto di gara e neppure la maggior parte delle prestazioni incluse nella categoria prevalente dell’appalto.

Ancora in linea con il testo vigente, è previsto che la Stazione Appaltante debba specificare quali siano le prestazioni che si richiede all’aggiudicatario di eseguire direttamente, e  che il subappaltatore debba applicare i medesimi contratti collettivi di lavoro del contraente principale (qualora le attività oggetto di subappalto coincidano con quelle caratterizzanti l’oggetto dell’appalto oppure riguardino le lavorazioni relative alla categoria prevalente e siano incluse nell’oggetto sociale del contraente principale). Mi chiedo tuttavia come potrebbe non essere cosi.

A conferma della estrema attenzione alle ragioni di tutela dei subappaltatori, si è anche previsto che l’appaltatore principale corrisponda i costi della sicurezza e della manodopera, relativi alle prestazioni affidate in subappalto, alle imprese subappaltatrici senza alcun ribasso e che la stazione appaltante, sentito il direttore dei lavori, il coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione oppure il direttore dell’esecuzione, provveda alle verifiche del caso.

Nessuna novità in merito alle prestazioni qualificabili, alternativamente, come subappalto o come subcontratto; si ribadisce che l’organizzazione di mezzi e i rischi devono essere a carico del subappaltatore, affinché il contratto possa essere qualificato come subappalto.

Fermo, logicamente, anche il principio per cui l’affidatario è solidalmente responsabile con il subappaltatore degli adempimenti, da parte di quest’ultimo, degli obblighi di sicurezza previsti dalla normativa vigente.

La novità straordinaria riguarda l’ammissibilità del subappalto a cascata, sempre negata nel diritto italiano e vista come patologia sociale e fonte di criminalità; questa novità è certamente il risultato del contraddittorio con la Commissione Europea, nell’ambito di una procedura di infrazione contro l’Italia, in cui gli organi sovranazionali avevano già comunicato di ritenere non proporzionato il divieto per i subappaltatori di affidare prestazioni, a loro volta, in subappalto. La logica europea è chiaramente orientata alla prevalenza della libertà di organizzazione di impresa magari con un controllo della filiera più rigoroso ed attento.

La regola introdotta è il risultato di un confronto tra la generalità del divieto e la discrezionalità delle Stazioni Appaltanti; infatti il comma 17 dell’art. 119 dello Schema prevede che “Le stazioni appaltanti indicano nei documenti di gara le prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto che, pur subappaltabili, non possono formare oggetto di ulteriore subappalto, in ragione delle specifiche caratteristiche dell’appalto e dell’esigenza, tenuto conto della natura o della complessità delle prestazioni o delle lavorazioni da effettuare, di rafforzare il controllo delle attività di cantiere e più in generale dei luoghi di lavoro o di garantire una più intensa tutela delle condizioni di lavoro e della salute e sicurezza dei lavoratori oppure di prevenire il rischio di infiltrazioni criminali”.

Nessun accenno, invece, alla tematica del c.d. subappalto necessario o qualificatorio.

Modifiche in corso di esecuzione

Passando all’art. 120, dedicato alle modifiche dei contratti in corso di esecuzione, la norma regola da un lato, le varianti e, dall’altro e più in generale, i limiti a tali modifiche recependo concetti espressi in sede europea, senza particolare innovazione.

Le modifiche oggettive e soggettive vengono divise in modifiche che, pur non alterando la struttura del contratto, sono sostanziali cioè in modifiche che, a prescindere dal loro importo, sono state previste in clausole chiare, precise e inequivocabili nei documenti di gara iniziali (quali clausole di opzione, che la Stazione Appaltante si riserva di valutare in fase di esecuzione)  – e modifiche ammesse anche per il loro dato quantitativo (e comunque non sostanziali), come nel caso di lavori, servizi e forniture complementari, oppure per le varianti in corso d’opera, che devono comunque non eccedere il 50% del valore del contratto iniziale.

Fuori dai casi problematici restano le modifiche considerate non sostanziali, di cui al comma 7, che consentono risparmi da utilizzare in compensazione per far fronte a varianti in aumento, o che realizzano soluzioni equivalenti o migliorative.

Interessante a tale riguardo, anche nel senso dell’inserimento di una maggiore elasticità applicativa, il comma 8 del proposto art. 120, nel quale si prevede che il contratto possa essere sempre modificabile nel rispetto delle clausole di rinegoziazione in esso contenute, stabilendo anche una procedura per formalizzare la richiesta di revisione e disciplinando i conseguenti obblighi del RUP.

Risoluzione e Recesso

In tema di risoluzione e di recesso: i principi proposti dallo Schema restano i medesimi del D. Lgs 50/2016: contraddittorio preliminare tra le parti e procedimentalizzazione delle contestazioni preliminari alla risoluzione, divieto di arricchimento senza causa, pagamento di un indennizzo forfettario in caso di revoca/recesso, distinzione tra risoluzione per inadempimento dell’appaltatore o per scelta dell’amministrazione.

Utile notare la previsione novativa di cui al comma 8 dell’art. 122 che, in caso di risoluzione, ammette la possibilità per il soggetto pubblico, nel caso in cui l’appaltatore non liberi le aree e non le metta in sicurezza, di poter, in alternativa alla richiesta di provvedimenti giurisdizionali cautelari, possessori o d’urgenza, depositare una cauzione in un conto vincolato a favore dell’appaltatore o prestare idonee garanzie per il credito maturato dall’impresa, provvedendo d’ufficio. La norma, per la verità, potrebbe suscitare alcune perplessità, ove fosse interpretata come limitativa all’uso della forza pubblica per la protezione dei beni pubblici, prevista invece dall’art. 21-ter della L. n. 241/1990.

Riguardo ai nuovi affidamenti nel caso di insolvenza del contraente, è previsto che, in caso di impedimento alla prosecuzione dell’appalto con l’esecutore aggiudicatario, lo scorrimento della graduatoria debba avvenire alle medesime condizioni già proposte dall’originario aggiudicatario in sede in offerta, salvo che la Stazione Appaltante abbia previsto nei documenti di gara che il nuovo affidamento avvenga alle condizioni proposte dall’operatore economico interpellato, introducendo un regime diverso da quello vigente (art. 110, comma 2 del D.Lgs. n. 50/2016).

In tema di penali e premio di accelerazione, il nuovo Schema di Codice presenta alcuni avanzamenti rispetto all’odierno orientamento della Cassazione, aderendo alla tesi che consente di riconoscere la premialità, ove contrattualmente previsto, anche nel caso in cui la scadenza del contratto sia prorogata, per fatto non imputabile all’appaltatore, e successivamente accorciata grazie all’azione proattiva di quest’ultimo, sempre nell’ottica del conseguimento del risultato di favorire l’ultimazione dei lavori.

Dalla lettura della norma emerge un limite, forse una cautela, che però svuota di contenuto la norma stessa: ossia l’apparente limitazione del premio di accelerazione alle risorse disponibili nel quadro economico: è come dire ti riconosco un diritto solo se ho la disponibilità di riconoscertelo… altrimenti appaltatore lo perdi  o vi rinunci, per una mancata disponibilità (probabilmente sopravvenuta)  di risorse delle somme a disposizione, la cui gestione, è di esclusiva competenza dell’amministrazione.

**********

E’ mia convinzione che la direzione di questa proposta di modifica, in parte innovativa, sia finalizzata a favorire esigenze di pragmatismo, attenzione al risultato, liberalizzazione e qualità delle gare a conservazione del valore pubblico.

L’auspicio è che il Parlamento, al cui esame la bozza è ora sottoposta, rispetti questo obiettivo e non ponga in essere modiche che alterino questi obiettivi, adeguandolo e modificandolo solo per far prevalere nel dibattito interessi “politici” lontani da quel concetto di politica che deve operare a servizio del pubblico.

 

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Carmen Leo

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