È possibile tracciare un identikit dei tanto ricercati investitori internazionali? Personalmente non credo si possa parlare di vero e proprio identikit, ma a ben vedere è possibile riconoscere qualche tratto distintivo (per quanto occorrer possa, come si dice in gergo legalese).
Dal mio punto di vista, quando si parla di investitori internazionali si devono distinguere due tipologie: gli investitori istituzionali e quelli strategici (o industriali). Gli investitori istituzionali sono degli operatori economici, dotati di ingenti possibilità finanziarie proprie o affidate loro da terzi, che effettuano in maniera sistematica e cumulativa, e quindi come ragione alla base del loro stesso business, investimenti considerevoli in altre società in paesi o mercati diversi da quello di origine. Scopo dell’investitore finanziario – come il caso di Depop insegna – è quello di massimizzare (in senso finanziario) il proprio investimento, sia attraverso la percezione dei dividendi collegati alla partecipazione in proprio possesso, nonché, principalmente, mediante un importante upside rispetto al capitale investito in sede di vendita della partecipazione.
L’investitore finanziario, per sua natura, non partecipa alla gestione ordinaria della società, ma controlla la gestione. Lo stesso si prefigge di rimanere solo temporaneamente socio della target e di massimizzare il costo della partecipazione detenuta al fine di ottenerne un guadagno in sede di vendita. A tal proposito l’investitore istituzionale, oltre al capitale, mette di regola a disposizione della società target anche la propria rete di contatti e il suo background esperienziale al fine di consentire una crescita della società e indirettamente incrementarne il valore nell’ottica di una futura exit.
In considerazione dello scopo del proprio investimento, l’investitore finanziario internazionale quando investe in paesi diversi dal suo è portato, generalmente, a investire in target di una certa dimensione che hanno dimostrato sul campo la scalabilità del loro business tanto da farsi notare, appunto, da investitori stranieri. Più raramente, tali operatori investono anche in fase early stage, ma in questo caso è molto probabile che facciano migrare la target nel proprio Paese di origine.
L’investitore strategico, al contrario di quello finanziario, ha una logica acquisitiva di crescita per linee esterne. In gergo parliamo di investimenti – e in effetti l’investitore strategico fa anche investimenti – ma generalmente gli strategici (o industriali) si muovono con logiche da M&A. Un investitore strategico non solo acquista una partecipazione o investe nell’equity della società, ma di regola è o vuole essere (in caso non sia l’unico socio) coinvolto nella gestione della stessa, contribuendo attivamente – nel senso di tempo e risorse impiegate – alla sua crescita. Lo scopo dell’investitore industriale è generalmente quello di (i) acquisire tecnologia sinergica al suo attuale business, e (ii) acquisire mercati e know-how. Per questi motivi, è più difficile che tali operatori, una volta completate l’operazione, procedano ad uno smantellamento della target.
L’investitore strategico, per sua natura, è pertanto più elastico ed eclettico di un investitore finanziario per quanto concerne il target, il size dei propri investimenti e il suo modus operandi.
Concludendo, nel tentativo di dare un minimo di traccia su alcune peculiarità degli investitori internazionali potremmo dire, in sintesi, che la principale differenza è la prospettiva ultima sottostante l’investimento, la tipologia delle rispettive target, locale in un caso, internazionale nell’altro caso. Gli stessi, tuttavia, presentano anche una caratteristica che li accomuna: investono in Italia per l’unicità delle tecnologie e delle realtà imprenditoriali che il nostro Paese innegabilmente offre, nonostante tutto.