Alert | 31.03.2023

In Gazzetta Ufficiale il decreto attuativo della direttiva in materia di Whistleblowing

L’intervento del legislatore intende incentivare le segnalazioni su comportamenti illeciti emersi nell’esercizio di un’attività collettiva, pubblica o privata, e tutelare il soggetto che si determina a segnalarli contro possibili ritorsioni


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Lo scorso 15 marzo è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D.Lgs. 10 marzo 2023, n. 24, recante “Attuazione della direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione e recante disposizioni riguardanti la protezione delle persone che segnalano violazioni delle disposizioni normative nazionali” (c.d. Decreto Whistleblowing).

L’intervento del legislatore, in adempimento alle istanze sovranazionali, integra e rafforza un sistema normativo volto a incentivare le segnalazioni su comportamenti illeciti emersi nell’esercizio di un’attività collettiva, sia essa pubblica o privata, nonché a tutelare il soggetto che si determina a segnalarli contro possibili ritorsioni.

Si tratta di un intervento di grande rilevanza soprattutto per le imprese del settore privato, che inevitabilmente dovranno conformarsi alla normativa anche al fine di realizzare la compliance aziendale secondo le previsioni del D.Lgs. 231/2001: non a caso, per permettere un adeguamento delle imprese l’entrata in vigore del Decreto è stata differita in via generale al 15 luglio 2023 e, per gli enti privati che abbiano impiegato nell’ultimo anno una media di lavoratori fino alle 249 unità, al 17 dicembre 2023.

 

AMBITO APPLICATIVO PER IL SETTORE PRIVATO

Le disposizioni del Decreto disciplinano “la protezione delle persone che segnalano violazioni di disposizioni normative nazionali o dell’Unione europea che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato, di cui siano venute a conoscenza in un contesto lavorativo pubblico o privato”.

Quanto all’ambito di applicazione soggettivo, il Decreto individua i “soggetti del settore privato” (art. 2, comma 1, lettera q) come i “soggetti, diversi da quelli rientranti nella definizione di soggetti del settore pubblico” che:

  • hanno impiegato, nell’ultimo anno, almeno cinquanta lavoratori subordinati;
  • a prescindere dal numero di lavoratori impiegati, operano in specifici settori (ad es. prevenzione del finanziamento al terrorismo);
  • ovvero, sempre prescindendo dal numero di lavoratori impiegati, “rientrano nell’ambito di applicazione del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e adottano modelli di organizzazione e gestione”

 

OBBLIGHI ORGANIZZATIVI

Il Decreto prevede diversi obblighi organizzativi per gli enti destinatari, quali:

  • l’attivazione di “propri canali di segnalazione [interna], che garantiscano, anche tramite il ricorso a strumenti di crittografia, la riservatezza dell’identità della persona segnalante, della persona coinvolta e della persona comunque menzionata nella segnalazione, nonché del contenuto della segnalazione e della relativa documentazione;
  • la previsione, dei predetti canali di segnalazione da parte dei Modelli di Organizzazione, Gestione e Controllo exLgs. 231/2001;
  • l’affidamento della gestione dei canali di segnalazione interna a una persona o a un ufficio interno autonomo dedicato e con personale specificamente formato per la gestione del canale di segnalazione, ovvero […] a un soggetto esterno, anch’esso autonomo e con personale specificamente formato”.

 

MODALITÀ DI SEGNALAZIONE INTERNA E GESTIONE

Ai sensi dell’art. 4 del Decreto, le segnalazioni interne “sono effettuate in forma scritta, anche con modalità informatiche, oppure in forma orale, purché in quest’ultimo caso realizzate “attraverso linee telefoniche o sistemi di messaggistica vocale ovvero, su richiesta della persona segnalante, mediante un incontro diretto fissato entro un termine ragionevole”.

È inoltre previsto che una volta ricevuta la segnalazione, i soggetti incaricati della gestione debbano:

  • rilasciare, “entro sette giorni dalla data di ricezione”, un avviso di ricevimento al segnalante;
  • mantenere le interlocuzioni con la persona segnalante ed eventualmente richiedere integrazioni;
  • dare “diligente seguito alle segnalazioni ricevute”;
  • fornire riscontro alla segnalazione “entro tre mesi dalla data dell’avviso di ricevimento o, in mancanza di tale avviso, entro tre mesi dalla scadenza del termine di sette giorni dalla presentazione della segnalazione”;
  • mettere a disposizione “informazioni chiare sul canale, sulle procedure e sui presupposti per effettuare le segnalazioni interne, nonché sul canale, sulle procedure e sui presupposti per effettuare le segnalazione esterne”, mediante esposizione nei luoghi di lavoro e renderle disponibili anche alle “persone che pur non frequentando i luoghi di lavoro intrattengono un rapporto giuridico” con l’ente privato. È prevista anche la pubblicazione di queste informazioni in una “sezione dedicata” del sito internet aziendale.

 

SEGNALAZIONI ESTERNE

Viene istituito presso l’ANAC un canale di segnalazione esterna che garantisca, anche tramite il ricorso a strumenti di crittografia, la riservatezza dell’identità della persona segnalante, della persona coinvolta e della persona menzionata nella segnalazione, nonché del contenuto della segnalazione e della relativa documentazione, presso il quale le segnalazioni possono essere effettuate con le medesime modalità previste per quelle interne (forma scritta su piattaforma informatica o orale).

Il segnalante può ricorrere al canale esterno quando:

  • non è prevista, nell’ambito del suo contesto lavorativo, l’attivazione obbligatoria del canale di segnalazione interna ovvero questo, anche se obbligatorio, non è attivo o, anche se attivato, non è conforme a quanto previsto” dal Decreto;
  • la persona segnalante ha già effettuato una segnalazione interna […] e la stessa non ha avuto seguito”;
  • la persona segnalante ha fondati motivi di ritenere che, se effettuasse una segnalazione interna, alla stessa non sarebbe dato efficace seguito ovvero che la stessa segnalazione possa determinare il rischio di ritorsione”;
  • “la persona segnalante ha fondato motivo di ritenere che la violazione possa costituire un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse”.

 

DIVIETO DI RITORSIONE

È ovviamente stabilito il divieto di ritorsioni contro il segnalante, intese, ai sensi dell’art. 2, come “qualsiasi comportamento, atto od omissione, anche solo tentato o minacciato, posto in essere in ragione della segnalazione, della denuncia all’autorità giudiziaria o contabile o della divulgazione pubblica e che provoca o può provocare alla persona segnalante o alla persona che ha sporto la denuncia, in via diretta o indiretta, un danno ingiusto”.

Il Decreto elenca inoltre una serie di condotte che integrano ritorsione, quali ad esempio il licenziamento, la retrocessione di grado o il mutamento di funzioni, ma anche la coercizione, l’intimidazione o le molestie.

 

SOGGETTI TUTELATI

Ai sensi dell’art. 3, comma 5, la protezione contro le ritorsioni sarà garantita al segnalante, ma anche estesa alle seguenti categorie di soggetti:

  • il facilitatore, da intendersi come la persona fisica che “assiste una persona segnalante nel processo di segnalazione, operante all’interno del medesimo contesto lavorativo e la cui assistenza deve essere mantenuta riservata”;
  • le “persone del medesimo contesto lavorativo della persona segnalante, di colui che ha sporto una denuncia all’autorità giudiziaria o contabile o di colui che ha effettuato una divulgazione pubblica e che sono legate ad essi da uno stabile legame affettivo o di parentela entro il quarto grado”;
  • i “colleghi di lavoro della persona segnalante o della persona che ha sporto una denuncia all’autorità giudiziaria o contabile o effettuato una divulgazione pubblica, che lavorano nel medesimo contesto lavorativo della stessa e che hanno con detta persona un rapporto abituale e corrente;
  • gli “enti di proprietà della persona segnalante o della persona che ha sporto una denuncia all’autorità giudiziaria o contabile o che ha effettuato una divulgazione pubblica o per i quali le stesse persone lavorano, nonché agli enti che operano nel medesimo contesto lavorativo delle predette persone”.

 

SANZIONI

Una delle più significative novità del Decreto è costituita dall’introduzione di un apposito sistema sanzionatorio per le violazioni alla normativa.

È infatti previsto che, “fermi restando gli altri profili di responsabilità” (quale, ad esempio, la responsabilità amministrativa da reato dell’ente ex D.Lgs. 231/2001), l’ANAC possa irrogare le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie:

  • da 10.000 a 50.000 euro, quando accerta che sono state commesse ritorsioni o quando accerta che la segnalazione è stata ostacolata o che si è tentato di ostacolarla o che è stato violato l’obbligo di riservatezza;
  • da 10.000 a 50.000 euro quando accerta che non sono stati istituiti canali di segnalazione, che non sono state adottate procedure per l’effettuazione e la gestione delle segnalazioni ovvero che l’adozione di tali procedure non è conforme alle disposizioni del Decreto, nonché quando accerta che non è stata svolta l’attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute;
  • da 500 a 2.500 euro, nel caso in cui venga accertata la responsabilità penale della persona segnalante per i reati di diffamazione o di calunnia.
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Mid-Level Associate
Lorenzo Bertoni
Managing Associate
Giovanni Morgese

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L’attività economica e di impresa è sempre più caratterizzata da rischi, divieti e problematiche che possono assumere rilievo penale. LCA ha quindi costituito un proprio dipartimento di diritto penale, in grado di fornire assistenza altamente specializzata nella prevenzione dei rischi e nella gestione di controversie penali.
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