In data 12 settembre 2023 è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea il parere CON/2023/26 della Banca Centrale Europea (“BCE”), la quale si è espressa in merito alla prospettata introduzione dell’imposta straordinaria applicabile agli enti creditizi (l’“Imposta sugli Extraprofitti”), prevista dall’art. 26 del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104, recante “Disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in materia di attività economiche e finanziarie e investimenti strategici” e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 186 del 10 agosto 2023 (il “Decreto”).
L’IMPOSTA SUGLI EXTRAPROFITTI DELLE BANCHE
In dipendenza dell’andamento dei tassi di interesse e del costo del credito, il Decreto ha introdotto, per l’anno 2023, un’imposta straordinaria a carico delle banche, da versarsi entro il sesto mese successivo a quello di chiusura dell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024.
L’Imposta sugli Extraprofitti viene calcolata applicando un’aliquota pari al 40% sui c.d. “extraprofitti bancari”, ossia sul maggior valore tra (i) l’ammontare del margine di interesse relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023 che eccede per almeno il 5% il medesimo margine nell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022, e (ii) l’ammontare del margine di interesse (1) relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024 che eccede per almeno il 10% il medesimo margine nell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022. In ogni caso, l’Imposta sugli Extraprofitti non può superare il tetto massimo dello 0,1% del totale dell’attivo relativo all’esercizio finanziario antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023.
Il Decreto precisa, altresì, che la medesima imposta straordinaria non è deducibile ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive.
IL PARERE DELLA BCE
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze italiano, lo scorso 11 agosto 2023, ha richiesto espressamente alla BCE la formulazione di un parere sul tema, in quanto le richiamate disposizioni del Decreto – e dunque l’introduzione dell’Imposta sugli Extraprofitti – appaiono suscettibili di incidere in maniera significativa sulla stabilità degli istituti e dei mercati finanziari, e sui connessi compiti di vigilanza prudenziale da parte della BCE.
In primo luogo, la BCE desume che la scelta del Governo italiano sia motivata dall’intento politico di contrastare l’incremento dei costi sociali per famiglie e imprese, e dalle connesse finalità redistributive rispetto ai maggiori margini di interesse di cui le banche hanno beneficiato a seguito del costante innalzamento dei tassi, nel più ampio contesto delle politiche monetarie restrittive adottate dalla BCE negli ultimi mesi e finalizzate a ridurre l’inflazione dell’area euro. Sebbene il Decreto non sia accompagnato da una relazione illustrativa che ne evidenzi chiaramente la ratio, il relativo articolo 26, comma 7, specifica infatti che le maggiori entrate pubbliche derivanti dall’Imposta sugli Extraprofitti dovranno essere allocate al finanziamento del fondo di garanzia per i mutui sulla prima casa, nonché per interventi volti alla riduzione della pressione fiscale di famiglie e imprese.
Nella formulazione del proprio parere, la BCE sottolinea, tuttavia, che, sebbene tali operazioni di politica monetaria possano senz’altro produrre, nel breve periodo, conseguenze favorevoli per gli enti creditizi, in una prospettiva temporale più ampia possono verificarsi scenari di segno contrario: l’effetto positivo sul reddito delle banche in seguito all’aumento dei tassi di interesse, infatti, “può essere compensato da minori volumi di prestiti, da maggiori costi di finanziamento, da perdite registrate nel portafoglio titoli e da un aumento degli accantonamenti derivante dal potenziale deterioramento della qualità del portafoglio creditizio.”
Altresì, la BCE evidenzia che l’Imposta sugli Extraprofitti, così come strutturata dall’art. 26 del Decreto, sarebbe astrattamente applicabile (anche) agli enti creditizi che registrassero perdite su componenti dei propri utili derivanti da redditi diversi dal reddito netto da interessi. Pertanto, la BCE invita a prestare cautela, “per garantire che l’imposta straordinaria non incida sulla capacità dei singoli enti creditizi di costituire solide basi patrimoniali e di effettuare adeguati accantonamenti per maggiori svalutazioni e un deterioramento della qualità creditizia”, compromettendo la regolare trasmissione delle misure di politica monetaria all’economia in generale. La BCE, infatti, paventa non solo risvolti economici negativi a carico degli istituti di credito, nella misura di una maggior difficoltà, in una prospettiva di lungo periodo, ad accumulare riserve di capitale (a fronte della riduzione degli utili non distribuiti) e quindi a far fronte a eventuali shock economici, ma anche conseguenze direttamente sfavorevoli per i clienti, in virtù della limitata capacità delle banche di erogare credito. Tassi di interesse più elevati, inoltre, possono incidere negativamente sulla situazione finanziaria dei beneficiari di prestiti, aumentando così il relativo rischio di credito.
Nel proprio parere, la BCE stigmatizza inoltre: (i) il rischio che l’Imposta sugli Extraprofitti scoraggi investitori nazionali ed esteri, disincentivandoli ad investire in enti creditizi italiani, dato il clima di incertezza; nonché (ii) il rischio di una doppia imposizione per quelle banche che operano anche attraverso succursali in altre giurisdizioni, nelle quali si riscuota un’ulteriore imposta straordinaria.
Con particolare riguardo al proprio ruolo nell’attività di vigilanza prudenziale degli enti creditizi, la BCE osserva poi che, considerata l’astratta applicabilità dell’Imposta sugli Extraprofitti sia agli enti creditizi meno significativi (cc.dd. less significant institutions, o LSI), soggetti alla vigilanza delle autorità competenti sotto la supervisione della BCE, sia agli enti creditizi significativi, soggetti alla vigilanza diretta della BCE, gli LSI rischiano di esserne maggiormente pregiudicati, in quanto tendenzialmente più attivi nell’erogazione del credito. In generale, le banche di piccole dimensioni e/o con minore solvibilità potrebbero subire una riduzione della propria capacità di assorbire potenziali rischi al ribasso di un’eventuale recessione economica.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Sulla scorta di tali osservazioni, la BCE sottolinea che, al fine di valutare se l’applicazione dell’Imposta sugli Extraprofitti ponga rischi per la stabilità finanziaria e, in particolare, per la tenuta del settore bancario, la BCE raccomanda che il Decreto sia accompagnato da una approfondita analisi in merito alle potenziali conseguenze negative, che illustri in dettaglio “l’impatto specifico dell’imposta straordinaria sulla redditività a più lungo termine e sulla base patrimoniale, sull’accesso ai finanziamenti e sulla concessione di nuovi prestiti e sulle condizioni di concorrenza sul mercato, e il suo potenziale impatto sulla liquidità”.
Infine, tra gli aspetti su cui la BCE auspica che il Governo italiano fornisca maggiori chiarimenti, sono ricompresi i seguenti temi: (i) con riguardo al già menzionato tetto massimo dello 0,1%, si rileva che non appare chiaro se la nozione di “totale dell’attivo” si riferisca al medesimo perimetro impiegato per il calcolo dell’Imposta sugli Extraprofitti, ovvero alle attività totali a livello consolidato; (ii) il Decreto non considera né chiarisce il trattamento degli enti creditizi interessati da operazioni straordinarie, quali fusioni e acquisizioni, durante il periodo di stima per il calcolo dell’Imposta sugli Extraprofitti.
(1) Il riferimento al margine di interesse, sia al romanino (i), sia al romanino (ii) sopra riportati, deve intendersi alla voce 30 del conto economico redatto secondo gli schemi approvati dalla Banca d’Italia.
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