Alert | 12.10.2023

Convertito in legge, con modificazioni, il D.L. giustizia

Novità in materia di D.Lgs. n. 231/2001, ambiente e intercettazioni


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Lo scorso 9 ottobre è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge n. 137/2023 che ha convertito in legge, con modificazioni, il D.L. 10 agosto 2023 n. 105 (cd. Decreto Giustizia).

La Legge di conversione ha introdotto importanti modifiche al testo originario del Decreto Giustizia; sul versante penale, le principali novità riguardano l’introduzione di nuovi delitti nel catalogo dei reati presupposto ex D.Lgs. n. 231/2001, il potenziamento della tutela ambientale e la modifica della disciplina delle intercettazioni.

 

LA RESPONSABILITA’ AMMINISTRATIVA DEGLI ENTI EX D.LGS. N. 231/2001

In sede di conversione, il legislatore ha ampliato il catalogo dei reati presupposto ex D.Lgs. n. 231/2001 intervenendo sugli artt. 24 e 25-octies1.

In particolare, La Legge di conversione ha introdotto all’art. 24 le fattispecie di reato di turbata libertà degli incanti (art. 353 c.p.) e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente (art. 353-bis c.p.).

L’art. 353 c.p. punisce chiunque, con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, impedisca o turbi una gara nei pubblici incanti o nelle licitazioni private per conto della Pubblica Amministrazione, ovvero ne allontani gli offerenti.

La disposizione si applica anche nel caso di licitazioni private per conto di privati, dirette da un pubblico ufficiale o da persona legalmente autorizzata.

L’art. 353-bis c.p. sanziona, invece, chiunque, con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, turbi il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando o di altro atto equipollente al fine di condizionare le modalità di scelta del contraente da parte della Pubblica Amministrazione.

Entrambe le fattispecie, quindi, sono volte a tutelare il buon andamento della P.A. rispetto a condotte fraudolente che impediscano o alterino la regolare procedura di una gara (art. 353 c.p.), o, ancor prima, il procedimento che porta alla realizzazione di un bando (art. 353-bis c.p.).

A titolo di esempio, integra gli estremi dell’art. 353 c.p. chi prometta a un proprio concorrente lavori futuri al fine di impedirne la partecipazione a una gara di appalto, mentre è rilevante ai sensi dell’art. 353-bis c.p. l’accordo clandestino tra privato e pubblico ufficiale per redigere un bando di gara con requisiti talmente stringenti da predeterminare l’aggiudicazione.

Da adesso, quindi, l’ente nel cui interesse e/o a cui vantaggio risulti commesso uno dei reati appena descritti potrà essere condannato a pagare una sanzione amministrativa pecuniaria fino a 500 quote (da un minimo di 25.800 euro ad un massimo di 774.500 euro).

L’art. 24, comma 2, D.Lgs. n. 231/2001 prevede inoltre la sanzione pecuniaria da 200 a 600 quote (da 51.600 a 929.400 euro) nel caso in cui l’ente abbia conseguito un profitto di rilevante entità o sia derivato un danno di particolare gravità.

In aggiunta alle sanzioni pecuniarie, troveranno applicazione le seguenti sanzioni interdittive (art. 9, comma 2, lett. c), d) ed e), D.Lgs. n. 231/2001):

  • divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione;
  • esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi;
  • divieto di pubblicizzare beni o servizi.

 

L’introduzione tra i reati presupposto degli artt. 353 e 353-bis c.p. rappresenta una novità di non poco rilievo, dal momento che fino ad oggi, il catalogo dei reati presupposto contemplava – tra i delitti dei privati contro la Pubblica Amministrazione – esclusivamente le fattispecie di frode nelle pubbliche forniture (art. 356 c.p.) e traffico di influenze illecite (art. 346-bis c.p.).

All’art. 25-octies1 D.Lgs. n. 231/2001 – che disciplina la responsabilità dell’ente in relazione ai delitti in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti – la Legge di conversione ha introdotto, poi, il delitto di trasferimento fraudolento di valori, disciplinato dall’art. 512-bis c.p..

La norma punisce chiunque attribuisce fittiziamente ad altri la titolarità o disponibilità di denaro, beni o altre utilità al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali o di contrabbando, ovvero di agevolare la commissione dei delitti di ricettazione, riciclaggio o impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita.

In relazione a tale fattispecie di reato, il legislatore ha previsto l’applicazione all’ente della sanzione pecuniaria da 250 a 600 quote (da 64.500 a 929.400 euro).

Inoltre, a differenza di quanto previsto in relazione all’art. 24 D.Lgs. n. 231/2001, viene estesa l’applicazione di tutte le sanzioni interdittive disciplinate all’art. 9, comma 2.

Oltre a quelle indicate in precedenza, infatti, l’ente sarà passibile di:

  • interdizione dall’esercizio dell’attività;
  • sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito.

 

Alla luce del mutato quadro normativo, si renderà opportuno per tutte le aziende – in particolare, per quelle che partecipino abitualmente a gare pubbliche – valutare il potenziale impatto dei nuovi reati presupposto in relazione al proprio business, verificare la necessità di rafforzare i sistemi di controllo interni nonché aggiornare i Modelli Organizzativi di Gestione e Controllo.

Il continuo evolversi del catalogo dei reati presupposto è infatti espressione della sempre maggiore attenzione riposta dal legislatore nei confronti della compliance aziendale, tale da
rendere sempre più indispensabile l’adozione di presidi (procedure e controlli) interni per prevenire in maniera considerevole il rischio reato.

 

RAFFORZATA LA TUTELA PENALE DELL’AMBIENTE

Gli emendamenti apportati in sede di conversione mirano, inoltre, a rafforzare gli strumenti di natura penale a tutela dell’ambiente.

In particolare, la Legge di conversione ha previsto la trasformazione da illecito amministrativo a reato contravvenzionale della fattispecie di abbandono di rifiuti di cui all’art. 255 D.Lgs. n. 152/2006.

La norma punisce con l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro – fatto salvo quanto disposto dall’art. 256, comma 2, in materia di responsabilità penale per abbandono di rifiuti dei responsabili di enti o imprese – chiunque abbandoni o depositi rifiuti ovvero li immetta nelle acque superficiali o sotterranee in violazione degli artt. 192, commi 1 e 2 (che vietano l’abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo e l’immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee), 226 comma 2 (che vieta l’immissione di imballaggi terziari nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani), e 231, commi 1 e 2 (in materia di demolizione di veicoli fuori uso), del cd. Codice dell’Ambiente.

La pena è aumentata fino al doppio se l’abbandono riguarda rifiuti pericolosi.

Il legislatore è intervenuto, inoltre, sulle disposizioni in materia di confisca di cui all’art. 240-bis c.p., estendendo il catalogo dei reati per i quali è prevista, in caso di condanna o patteggiamento, la confisca del denaro o dei beni di cui il condannato abbia la disponibilità in valore sproporzionato rispetto al proprio reddito e di cui non possa giustificare la provenienza (cd. confisca allargata).

In particolare, viene estesa la confisca, già prevista per i delitti di disastro ambientale (art. 452-quater c.p.) e di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di delitti contro l’ambiente (art. 452-octies, primo comma, c.p.), anche alle seguenti fattispecie:

  • l’inquinamento ambientale (art. 452-bis c.p.);
  • la morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale (art. 452-ter c.p.);
  • il traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività (art. 452-sexies c.p.);
  • le attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 452-quaterdecies c.p.).

 

DISPOSIZIONI IN MATERIA DI INTERCETTAZIONI

In materia di intercettazioni, il legislatore ha in parte rafforzato la motivazione dell’autorità giudiziaria necessaria per l’utilizzo di tale strumento e, in parte, modificato il regime di utilizzabilità delle intercettazioni in procedimenti diversi.

In particolare, l’art. 1, comma 2-bis, D.L. n. 105/2023 come modificato dalla Legge n. 137/2023 interviene sull’art. 267 c.p.p. nella parte relativa al contenuto del decreto autorizzativo del GIP alle intercettazioni mediante captatore informatico: il provvedimento del giudice, infatti, dovrà contenere una “autonoma valutazione”, da operare “in concreto”, delle ragioni che rendono necessario l’impiego di questo strumento.

Il comma 2-quater dello stesso articolo, invece, modifica la disciplina dell’utilizzabilità delle intercettazioni in un procedimento diverso da quello in cui sono state disposte, eliminando dall’art. 270 c.p.p. il riferimento ai “reati di cui all’articolo 266, comma 1”.

Prima dell’intervento normativo, infatti, l’utilizzo delle intercettazioni in procedimento diverso era consentito sia per accertare i delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza che per i reati di cui all’art. 266, comma 1, c.p.p..

A seguito della novella legislativa sarà mantenuto esclusivamente il riferimento ai reati per i quali l’ordinamento impone alla polizia giudiziaria di procedere all’arresto in flagranza di reato.

 

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