Storie e voci | 08.03.2023

Carriera e famiglia? «Le donne hanno tutte le caratteristiche per arrivare dove vogliono»

In occasione della Giornata Internazionale dei Diritti delle Donne, il racconto della nostra Senior Associate (e neo-mamma) Claudia Barone: «La concezione di famiglia sta cambiando e la consapevolezza delle donne di poter arrivare in alto cresce sempre di più»


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«Sono conscia del fatto che, ancora oggi, il sacrificio che viene richiesto ad una donna che vuole diventare mamma ma ambisce comunque a fare carriera è nettamente superiore rispetto a quello che viene richiesto ad un uomo nella stessa situazione. Ma non si deve più pensare che sia impossibile»

 

Carriera e famiglia, è davvero ancora impossibile per una donna?

Impossibile? No. Challenging? Senz’altro. Fortunatamente viviamo in un’epoca in cui il ruolo della donna è parecchio cambiato. La donna non deve più scegliere tra famiglia e carriera ma può decidere di vivere la gioia di diventare madre pur continuando a seguire le proprie ambizioni e la realizzazione professionale. Gli ingredienti di questa ricetta che fino a qualche tempo fa sembrava appunto impossibile da realizzare sono, senz’altro, tanta organizzazione, un pizzico di tenacia e una buona dose di fortuna.

La donna che ha una famiglia deve essere più organizzata? È evidente. Nella sua agenda non ci sono solo meeting di lavoro ma anche visite dei figli, riunioni a scuola, recite, malattie, imprevisti dell’ultimo minuto, varie ed eventuali. Spesso nulla di rimandabile. Si potrebbe obiettare che non per forza bisogna essere presenti e che esistono le tate ma a questa obiezione preferisco non rispondere, altrimenti torniamo indietro alla visione per cui la donna deve scegliere tra carriera e famiglia.

Perché parlo di tenacia? Il carico di lavoro di una donna/mamma è decisamente sfidante. Ci deve essere quindi una grande forza di volontà per portare avanti tutti le attività. L’ideale sarebbe allungare le giornate da 24 a 36 ore, ma non si può. Quindi ci vuole un po’ di ingegno e tanta forza di volontà per far girare tutti gli ingranaggi.

Per “fortuna” intendo accerchiarsi di persone che condividano questa visione, non solo a casa ma anche sul posto di lavoro. Sul fronte casa, avere un compagno che, da un lato, vive in modo paritetico la genitorialità abbandonando il retaggio per cui il ruolo della donna nella famiglia è primario e assolutamente insostituibile e, dall’altro, condivide le ambizioni e aspettative professionali della partner, permette di ri-bilanciare le responsabilità in famiglia, consentendo alla donna di potersi concentrare anche sulla carriera senza il senso di colpa dell’aver abbandonato la famiglia. Sul fronte professionale, lavorare in un ambiente in cui è chiaro il concetto per cui una donna non può essere svantaggiata per il solo fatto che, per ovvie ragioni biologiche, “subisce” in prima persona l’evento maternità, permette di non trasformare questo evento in un bollino nero che macchia la carriera della donna o comunque la rallenta.

In questo processo la pandemia ha aiutato parecchio in quanto ha permesso di sperimentare un nuovo modo di lavorare (mi riferisco allo smart working o meglio work from home) che senz’altro agevola la gestione familiare. Non solo però quando a lavorare da casa è la donna ma anche, ed è questa la visione maggiormente “illuminata”, quando a lavorare da casa è l’altro genitore.

Arriviamo alla mia esperienza. Sono un avvocato (quindi una libera professionista) e sono una mamma da quasi 7 mesi. Ho avuto la fortuna di avere una gravidanza che mi ha permesso di lavorare sino all’ultimo momento. Dopo il parto ho avuto la possibilità di rimanere a casa gestendo solo il lavoro che ritenevo di poter fare per il tempo che ho ritenuto necessario. Essere stata appoggiata in questa scelta, sotto ogni profilo, dai e dalle partner di LCA è stato fondamentale per consentirmi di vivere con la massima serenità un momento estremamente delicato. Non nego che il timore che la maternità si possa trasformare in un trade off della carriera esiste ancora ma sono possibilista e ottimista. Sono conscia del fatto che, ancora oggi, il sacrificio che viene richiesto ad una donna che vuole diventare mamma ma ambisce comunque a fare carriera è nettamente superiore rispetto a quello che viene richiesto ad un uomo nella stessa situazione. Ma come dicevo prima non si deve più pensare che sia “impossibile”. Magari ci risentiamo tra qualche anno per un follow up.

 

Oltre a “belle, brave e buone”, quali competenze sono richieste alle donne?

Nell’ambito professionale in cui lavoro, l’impronta maschile è ancora parecchio radicata. Le posizioni apicali, sia all’interno dei grossi studi legali, sia nell’organizzazione dei clienti (principalmente società), sono ancora ricoperte per il 90% da uomini. Managing partner e partner degli studi legali così come le figure manageriali della maggior parte delle realtà imprenditoriali italiane, ma anche internazionali, sono ancora principalmente figure maschili. Non dico che non ci siano eccezioni ma, appunto, si tratta di eccezioni.

In questo contesto si percepisce ancora l’idea per cui visto che l’uomo “è arrivato in alto” è più bravo o è comunque un interlocutore più affidabile della donna.

Per superare questa visione e abbattere questo muro di apparenza, alla donna viene richiesto di essere, a parità di ruolo, più smart, più intraprendente e più competente di un pari grado di sesso maschile. In parole povere, la donna deve fare uno sforzo in più per guadagnarsi la fiducia dell’interlocutore e per dimostrare di essere all’altezza e professionalmente capace di tutelare gli interessi del cliente al pari di un collega di sesso maschile. Una volta superato questo step, una volta guadagnato il rispetto e la fiducia però è tutto in discesa.

Altro discorso è legato al fronte origination. Nel nostro settore, gli uomini sono parecchio avvantaggiati nell’attività di business development. In un contesto prevalentemente maschile, infatti, creare o entrare in specifici network al fine di coltivare relazioni che possano poi avere pure un risvolto professionale non è sempre agevole per le donne. Avere la capacità di originare nuove opportunità lavorative, tuttavia, va di pari passo con la crescita professionale: è un requisito che sempre più si richiede di avere. Ci si trova quindi a dover rispondere ad una semplice domanda: cosa può fare una donna per essere competitiva? Pur senza voler banalizzare, lo sforzo principale che viene richiesto alle donne di fare è volto quindi a trovare una valida alternativa “al femminile” alla classica (e forse stereotipata) chiacchiera davanti ad un bicchiere di scotch dopo un CdA o al tipico pomeriggio di golf con il CEO di una grossa realtà imprenditoriale.

 

Gender gap / gender pay gap, se fossimo alla pari non saremmo qui a parlarne, no? Perché?

Purtroppo è così, se se ne parla vuol dire che esiste. Ritengo però che si tratti di un’eredità che ci portiamo dietro ma che con gli anni svanirà. Per superare il gap salariale bisogna però superare la concezione per cui le posizioni apicali siano riservate agli uomini. Questo accade ancora oggi come frutto di un retaggio che vedeva la donna costretta a rinunciare alla carriera per gestire la famiglia e crescere i figli. In questo quadro, chiaramente, a fare carriera erano gli uomini ai quali venivano quindi riservate le posizioni di vertice, quelle in cui si decide. Se così non fosse le testate giornalistiche dei mesi scorsi non avrebbero sentito l’esigenza di pubblicare sulle prime pagine “In Italia, il primo premier donna”. Quando cambieranno le cose? Col tempo, quando ai vertici delle piramidi la proporzione uomo/donna sarà più bilanciata. E non siamo troppo lontani da quel momento. La concezione di famiglia sta cambiando e la consapevolezza delle donne di poter arrivare in alto cresce sempre di più. E le donne hanno tutte le caratteristiche per arrivare dove vogliono (uomini tremate… ironico). Quando l’equilibrio sarà più stabile, il gender gap sarà superato, le decisioni “dall’alto” saranno prese in seno a un gruppo eterogeneo e quindi, auspicabilmente, anche il gender pay gap non avrà più alcuna ragione di esistere.

 

Un estratto dell’intervista per Dealflower

 

Senior Associate
Claudia Barone

Marketing & Communication
marketing@lcalex.it

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