Insight | 06.05.2024

Accertamento di conformità sismica

Tra lacune normative e interpretazioni sostanzialistiche. Nota a Consiglio di Stato, Sez. II, 22.4.2024, n. 3645


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Il caso
La proprietà di un fabbricato sito nel Comune di Latina realizzava opere edilizie in assenza delle dovute autorizzazioni. Si trattava, in particolare, della realizzazione (i) della modifica di destinazione d’uso da garage/cantina ad abitazione dei locali seminterrati; (ii) di una scala di collegamento tra questi ultimi e il piano terra; (iii) di una tettoia/porticato. La proprietà presentava – dapprima – alcune C.I.L.A. in sanatoria e, quindi, a fronte delle contestazioni dell’Amministrazione comunale istanza di accertamento di conformità ex art. 36, D.P.R. n. 380/2001.

Detta istanza veniva diniegata e ciò, con riguardo alla scala di collegamento, era motivato dalla violazione dell’art. 65, D.P.R. n. 380/2001, visto il mancato deposito della denuncia strutturale preventiva.

Il provvedimento veniva impugnato dinnanzi al TAR Lazio che confermava la correttezza degli atti gravati. La proprietà ricorrente insorgeva anche avverso le statuizioni del TAR sostenendo, tra le altre cose, che l’insistenza della scala di collegamento sul piano di fondazione di un fabbricato già collaudato, escluderebbe l’ulteriore applicabilità dell’art. 65, D.P.R. n. 380/2001.

Il Consiglio di Stato rigetta con decisione il motivo, ritenendolo privo di motivazione e di esplicitazione a supporto, ma – a seguito di questa lapidaria reiezione – svolge una lunga dissertazione sulla disciplina normativa applicabile e sui contorni dell’accertamento di conformità in caso di sanatoria/regolarizzazione di opere strutturali.

La disciplina normativa di riferimento
L’art. 65, D.P.R. n. 380/2001 (“Denuncia dei lavori di realizzazione e relazione a struttura ultimata di opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso e a struttura metallica”) ha subito un’importante riscrittura ad opera della L. n. 55/2019 (di conversione del D.L. 32/2019), con cui gli obblighi di denuncia preventiva (ossia prima dell’avvio delle opere) sono stati estesi a tutti i “materiali e sistemi costruttivi disciplinati dalle norme tecniche in vigore” e, quindi, non solo alle strutture realizzate con materiali in cemento armato, normale e precompresso, ma – ad esempio – anche al legno.

Sempre la L. n. n. 55/2019 ha aggiunto l’art. 94 bis, D.P.R. n. 380/2001 (“Disciplina degli interventi strutturali in zone sismiche”) che ha introdotto la distinzione tra diverse categorie di interventi edilizi, distinguendole in relazione al grado di incidenza nei riguardi della pubblica incolumità e prevedendo così:

  • gli interventi “rilevanti”;
  • gli interventi “di minore rilevanza”;
  • gli interventi “privi di rilevanza”.

Mentre gli interventi di “minore rilevanza” e quelli “privi di rilevanza” possono comunque essere realizzati, quelli “rilevanti” non possono essere iniziati senza la preventiva autorizzazione del competente ufficio tecnico della Regione, autorizzazione che si intende perfezionata per silenzio assenso decorsi 30 giorni dalla relativa presentazione (ex art. 94, D.P.R. n. 380/2001).

Le disposizioni in commento si intersecano e, stanti i rinvii reciproci, vanno lette in combinato disposto.

Invero, l’art. 65, comma 8 bis, D.P.R. n. 380/2001 stabilisce che agli interventi di “minore rilevanza” e “privi di rilevanza” non si applicano gli adempimenti successivi alla ultimazione delle opere (v. commi 6, 7, 8, art. 65, D.P.R. n. 380/2001), afferenti al deposito della relazione a lavori eseguiti, nonché alla consegna al direttore dei lavori e al collaudatore dell’avvenuto deposito di detta relazione.

Al contempo, l’art. 94 bis D.P.R. n. 380/2001, pur introducendo un regime semplificato per i medesimi interventi di “minore rilevanza” e “privi di rilevanza” (esclusi dalla necessità di preventiva autorizzazione sismica), continua a richiedere la preventiva denuncia delle opere strutturali ex art. 65, D.P.R. n. 380/2001, denuncia che – come detto – viene estesa a tutte le opere strutturali menzionate dalle N.T.C. e non soltanto alle opere in cemento armato.

Le statuizioni del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato muove dalla ricognizione della normativa vigente e dalla esistenza di una innegabile lacuna normativa, data dall’assenza di una procedura di sanatoria strutturale, apparentemente necessaria in un sistema incentrato sul controllo preventivo.

Nondimeno, a detta del Consiglio di Stato, la questione deve essere trattata con un approccio sostanzialistico, contemperando “l’effettività del regime delle sanatorie con la necessità di non abbassare minimamente la soglia di tutela dell’incolumità pubblica”, in un territorio nazionale contraddistinto da evidenti vulnerabilità sismiche.

Ed è così che il Consiglio di Stato arriva ad ammettere l’accertamento di conformità anche rispetto alle previsioni in materia sismica e strutturale, purché l’intervento da regolarizzare risulti conforme alla normativa vigente sia al momento di realizzazione dell’intervento sia al momento della presentazione della domanda di sanatoria. Sotto questo profilo, non è quindi determinante l’assenza della preventiva autorizzazione sismica, purché la parte dimostri di poterlo conseguire anche in modo postumo. Diversamente, negando in toto, l’ammissibilità di una autorizzazione sismica postuma si perverrebbe ad una interpretatio abrogans dell’art. 65, D.P.R. n. 380/2001, con risultati inaccettabili sul piano ermeneutico.

Le autorizzazioni postume e la procedura
Tutto bene.

Sennonché il procedimento amministrativo di autorizzazione simica postuma e di deposito strutturale postumo non sono minimamente disciplinati dall’ordinamento che, come detto, è incentrato su un sistema di controlli e di autorizzazioni preventive.

Anche in questo caso il Consiglio di Stato ha la risposta pronta e risolve il problema attingendo alla teoria dei poteri impliciti, ossia alla teoria per cui l’Amministrazione titolare del potere di legittimare ex ante un’attività non può non essere titolare del potere implicito di verificare ex post i medesimi presupposti di legittimazione, ovvero quelli più stringenti eventualmente intervenuti medio tempore.

In questo modo, il Consiglio di Stato costruisce – in via giurisprudenziale – la fattispecie del deposito strutturale postumo e della autorizzazione sismica postuma, invitando le Regioni e i Comuni, per quanto di competenza, a colmare la lacuna nazionale, con una regolamentazione improntata ai principi di semplificazione, efficacia e trasparenza.

Le prospettive di riforma e intervento
Al di là della interpretazione sostanzialistica e riparatrice rimane un generale senso di smarrimento difronte ad una lacuna tanto importante e tanto evidente.

Basti pensare che, in caso di denuncia postuma e di autorizzazione postuma, non è prevista l’estinzione dei reati contravvenzionali, sul modello di quanto invece disposto dall’art. 45, D.P.R. n. 380/2001.

Del pari, non è previsto quali siano gli effetti sul procedimento della presentazione del deposito postumo o della richiesta di autorizzazione sismica postuma, sebbene sia più che evidente che adempimenti e formalità di tal tipo incidano (prolungandoli) sui tempi dell’accertamento di conformità che, però, è ancora stretto tra le maglie del perfezionamento del silenzio rifiuto, una volta decorsi 60 giorni dalla presentazione della relativa istanza.

Inoltre, dal punto di vista tecnico, è ancora da coordinare il sistema della modulistica regionale sottesa alla presentazione delle autorizzazioni sismiche postume, sconosciuta alla maggior parte delle Regioni d’Italia.

Insomma, permane l’esigenza un sistematico intervento legislativo, che definisca le regole procedurali e i principi cui le Regioni sono chiamate ad attenersi, garantendo le ragioni di uniformità del regime di controllo del rischio sismico, che “non tollera alcuna differenza collegata ad ambiti territoriali” (cfr. ex multis, Corte Costituzionale n. 300/2013).La speranza e l’auspicio è che il legislatore nazionale sappia cogliere queste giuste esigenze di regolamentazione con l’attesa riforma del D.P.R. n. 380/2001, attualmente oggetto di discussione e di confronto.

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