Con una recentissima pronuncia, la Corte di Cassazione si è espressa sulla permanenza del vincolo affettivo e solidaristico tra ex conviventi, stabilendone la persistenza anche dopo la cessazione del rapporto.
Il caso in questione ha ad oggetto un ricorso con il quale un fratello chiedeva all’altro fratello il rimborso delle somme versate dalla madre del primo per il mantenimento del comune padre, dalla cessazione della convivenza in avanti.
Con la pronuncia in oggetto, la Suprema Corte ha avuto modo di chiarire che le unioni di fatto sono formazioni sociali che presentano significative analogie con la famiglia formatasi nell’ambito di un legame matrimoniale e, pertanto, assumono rilievo ai sensi dell’art. 2 della Costituzione. Ciò significa che ciascun convivente ha, nei confronti dell’altro, doveri non solo di natura morale e sociale, bensì anche di tipo patrimoniale.
Questa visione è in linea con la valutazione della convivenza nella società di oggi; si sta, infatti, affermando sempre più una concezione pluralistica della famiglia grazie all’impulso europeo (e, in particolare, della Corte europea dei diritti dell’uomo) che, in Italia, ha poi trovato un approdo legislativo nella legge n. 76 del 2016.
La Suprema Corte, evidenziando il contesto valoriale e l’importanza sociale del fenomeno delle convivenze more uxorio, ha chiarito che le attribuzioni finanziarie a favore del convivente effettuate non solo nel corso del rapporto, bensì anche nel periodo successivo alla cessazione dello stesso, possono configurare l’adempimento di una c.d. obbligazione naturale, a condizione che siano rispettati i principi di proporzionalità, spontaneità e adeguatezza.
La rilevanza di questa pronuncia è legata al fatto che, sul punto, non vi sono precedenti: ciò, nonostante le convivenze di fatto siano, oggigiorno, un diffuso fenomeno sociale, anche se di origine relativamente recente, che ormai sopravanza, in numero, le famiglie fondate sul matrimonio e che necessita di eguale attenzione e riconoscimento – anche – giurisprudenziale.
** Cass. civ., sez. I, ord., 2 gennaio 2025, n. 28 **