Con una sentenza per certi versi storica (n. 8101 del 17 dicembre 2020), il Consiglio di Stato ha disposto la disapplicazione della norma di legge che impone limiti quantitativi al subappalto pubblico (art. 105, comma 2, del Codice dei Contratti Pubblici, D.Lgs. 50/2016). Nel dettaglio, tale disposizione, nella sua versione originaria, dispone che l’eventuale subappalto di un appalto pubblico non possa superare la quota del 30% dell’importo complessivo del contratto.
Si tratta di una norma esistente da tempo nell’ordinamento italiano, già prevista dall’art. 118 del “vecchio” Codice Appalti, D.Lgs. 163/2006, e nata dall’aperta ostilità verso un istituto, quello del subappalto, che è sempre stato visto come un possibile grimaldello per la criminalità organizzata per inserirsi nel sistema delle commesse pubbliche.
Tale limitazione quantitativa al subappalto ha incontrato ripetute resistenze in sede comunitaria, vista la sua particolarità rispetto al panorama europeo e la sua obiettiva distanza dalle direttive comunitarie, che non prevedono alcun limite e che, al contrario, riconoscono nel subappalto uno strumento fondamentale per coinvolgere le piccole e medie imprese negli affidamenti pubblici.
Dunque i limiti quantitativi al subappalto pubblico sono destinati, con tutta probabilità, a scomparire, almeno per come li abbiamo conosciuti sino ad oggi, spiegano Leonardo De Vecchi e Valentina Brovedani.