La rivalutazione dei marchi e dei beni immateriali è una delle disposizioni di carattere emergenziale introdotte l’anno scorso che ha suscitato maggior interesse tra le imprese.
Per Roberto Pellizzari, intervistato da Antonio Ranalli su ItaliaOggi, «se la dottrina in queste circostanze è pressoché concorde nel ritenerne ammissibile la rivalutazione, l’amministrazione finanziaria è sempre stata ondivaga nel proprio orientamento. Due recentissime risposte ad interpelli ne sono la prova: nella prima (il n. 904/2406/2020), in materia di Know How, la Dre Lombardia ha ritenuto rivalutabili anche i beni immateriali non iscritti in bilancio; la Dre del Veneto ne ha invece negato la rivalutabilità in ragione della mancata iscrizione in S.P. Anche a causa di ciò, molti soggetti deputati al controllo contabile della società ne hanno osteggiato la rivalutazione, sollevando, tra l’alto, dubbi sulla sua ammissibilità civilistica. Un punto di svolta potrebbe essere stato segnato dall’Oic attraverso la pubblicazione del proprio documento interpretativo n. 7 in cui è stata ammessa la rivalutazione di quei beni immateriali (ancora tutelati giuridicamente), per cui i relativi costi, seppur capitalizzabili nello S.P., sono stati imputati interamente a conto economico».
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