«Lo schiaffo»
La memoria di una donna araba tra colonialismo e resistenza
Raramente si incontrano intellettuali con una libertà così rigorosa e con un’indipendenza così completa. L’essere una donna, nata in un contesto arabo e subito “caduta in mani francesi”, l’essere posta di fronte alla colonizzazione occidentale, ha prodotto in Rita El Khayat il miracolo di una consapevolezza su più livelli, in cui ha trovato sé stessa come sintesi di una complessità in cui tutto era chiaro e coerente, in cui tutto era collegato e tutto si spiegava. Se non avesse fatto questo ritrovamento di sé, è probabile che sarebbe stata schiacciata e lacerata dalle contraddizioni e dalle tensioni cui era sottoposta.
Come tutti coloro che hanno subìto una perdita irreparabile, Rita El Khayat, non può fermarsi alle definizioni, non può accontentarsi di verità ideologiche; lei scava e rovista nella storia, divide e non rassicura, suscita dubbi e non dà certezze. Soprattutto, non si ferma. Sottopone l’occidente a un duro giudizio per una storia eurocentrica e colonialista di cui si ostina a non volersi liberare, ma anche il mondo arabo è sottoposto a una severa critica, senza omissioni; anche a costo di dividere, anche a rischio di poter essere isolata. Ognuno deve assumersi le proprie responsabilità.
La verità non ha prezzo, per Rita El Khayat, e la sua sete di giustizia impedisce ogni compromesso.
La storia che si racconta ci dice che c’è sempre qualcuno più a sud da poter rendere schiavo e da poter violentare. Quindi, non si prevedono assoluzioni facili, né una storia di parte con cui sentirsi al riparo. Nessuno è innocente in assoluto, tanto da non mettersi in discussione, nemmeno le vittime, se non si ribellano.
Questo breve saggio sul colonialismo fotografa in modo perfetto, la storia e la situazione attuale con tutte le contraddizioni che il colonialismo si trascina dietro. Rita El Khayat riesce a integrare la propria testimonianza personale e diretta con un’analisi storica molto dettagliata, obiettiva, priva di reticenze.
Cosicché, appena qualcuno pensasse di essere dalla parte “giusta”, si apre una parentesi, in cui si avverte: …fino a un certo punto.
Dalla prefazione di Victor Matteucci
Rita Ghita El Khayat è nata a Rabat, è psichiatra, antropologa e scrittrice marocchina.
Plurinominata a livello mondiale come candidata al Premio Nobel per la Pace 2008 per il suo forte impegno per i diritti umani universali e la cultura della pace, ha ricevuto la cittadinanza onoraria italiana nel 2006.
Ha studiato medicina a Rabat, psichiatria a Casablanca, e ha completato i suoi studi a Parigi.
Le sue opere si concentrano in particolare sulla condizione delle donne nel Maghreb.
Fa parte del Consiglio di amministrazione del Festival internazionale del cinema di Marrakech (FIFM), ed è stata membro della Giuria, sin dalla sua istituzione, dal 2001/2002 fino al 2008. In seguito, è stata Presidente della Commissione Fondi per Assistenza alla Produzione Cinematografica, fino al 2011.
Ha prodotto più di 350 articoli e 30 opere letterarie tra romanzi e saggi tradotti in varie lingue. Tra le pubblicazioni in italiano più importanti:
Il Complesso di Medea, Madri mediterranee, L’Ancora del Mediterraneo, 2006.
Il Legame, Baldini, Castoldi, 2007.
Le figlie di Sherazade, Jaca Book, 2019.
L’incontro è parte del Will Book Club e sarà moderato da Camilla Ferrario, autrice di Will Media.
Si inserisce inoltre nel ciclo di eventi “LCA meets” del comitato Diversity, Inclusion & Belonging di LCA.
La presentazione si terrà presso LCA Studio Legale a Milano, in via della Moscova 18.
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