Il 21 settembre a Milano è stato annunciato, dal ministro per lo Sviluppo economico Calenda, il nuovo piano per il rilancio e l’ammodernamento industriale dell’Italia, dal nome Industry 4.0. Si tratta di un piano industriale per “spingere” verso le nuove tecnologie le aziende nostrane, non sempre propense ad investire in macchinari all’avanguardia e nel digitale, pagando così un gap spesso non indifferente con le concorrenti europee.
In molti la definiscono “la quarta rivoluzione industriale”, che dovrebbe portare ad una produzione industriale quasi integralmente automatizzata e interconnessa.
Analizziamo ora alcuni numeri del piano triennale (2017-2020) che porterà l’Italia ad investire nel digitale e nelle nuove tecnologie importi maggiori rispetto a paesi all’avanguardia come Germania e Stati Uniti. Si tratta di una spesa ingente: il Governo parla di un aumento di 10 miliardi degli investimenti privati in innovazione nel 2017 (passando così da 80 a 90 miliardi), 11,3 miliardi di spesa privata per la ricerca e lo sviluppo, un incremento di 2,6 miliardi dei finanziamenti privati, soprattutto nell’early stage, il periodo iniziale d’investimento. Un impegno pubblico di 13 miliardi di euro, distribuito in sette anni tra il 2018 e il 2024 per la copertura degli investimenti privati sostenuti nel 2017, attraverso il contributo di super-ammortamento, iper-ammortamento, e investimenti supportati dal credito di imposta per la ricerca.
Le cifre sono notevoli, ma vediamo di cosa si tratta: il piano prevede una cabina di regia a livello governativo composta da Presidenza del Consiglio, dai ministeri dell’Economia, dello Sviluppo economico, dell’Istruzione, del Lavoro, delle Politiche agricole, dell’Ambiente, Politecnici (in particolare, Milano, Torino e Bari), la Sant’Anna di Pisa, centri di ricerca e sindacati; l’intento evidente è creare una governance pubblico-privato che sappia orientare in modo neutrale il Paese verso questi nuovi obiettivi; sono previsti eventi sul territorio, seminari formativi destinati a manager aziendali per sensibilizzare le PMI su temi di innovazione digitale e per avvicinarli a al Piano ideato; sarà prevista una scuola digitale e un’alternanza scuola/lavoro per offrire agli studenti periodi di apprendimento in situazioni lavorative, percorsi universitari e istituti tecnici dedicati, potenziamento dei Cluster e dei dottorati nonché la creazione di Competence Center e Digital Innovation Hub.
L’aspetto che desta maggiore perplessità – per i commentatori economici – è l’iper-ammortamento: in breve, il piano governativo propone un incremento dell’aliquota per investimenti dall’attuale 140% al 250% agevolando l’acquisto di soluzioni avanzate e nuovi beni strumentali utili allo svolgimento dell’attività, prevedendo inoltre tempi più lunghi per la consegna del bene. L’obiettivo è chiaro: far diventare l’Italia il paese con il più alto tasso di investimento per mettersi finalmente in linea con le altre potenze economiche europee.
Anche sul piano fiscale le aziende gioveranno di detrazioni fiscali: fino al 30% per investimenti fino a un milione di euro nelle start-up e PMI innovative, agevolazioni su investimenti a medio/lungo termine e incentivi sul tema dello smart manifacturing.
Il credito d’imposta alla ricerca passerà dall’attuale 25% al 50% per la spesa interna (sulla spesa esterna rimarrà al 50%) con il credito massimo per contribuente che salirà da 5 a 20 milioni di euro.