Insight | 29.07.2024

Payback dispositivi medici, per la Corte Costituzionale è legittimo


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Con due sentenze (n. 139 e n. 140) pubblicate il 22 luglio 2024, la Corte Costituzionale è intervenuta sul meccanismo del payback sui dispositivi medici, dichiarandone la legittimità costituzionale. La questione di legittimità costituzionale era stata sollevata, sotto vari profili, dal TAR Lazio il 24 novembre 2023, dopo che erano pervenuti circa 2.000 ricorsi promossi dalle aziende del settore.

1. Il payback dispositivi medici, l’origine

Il payback sui dispositivi medici è un meccanismo di politica sanitaria in forza del quale le aziende che forniscono tali dispositivi al servizio sanitario devono concorrere, pro quota, a ripianare parte (tendenzialmente la metà) dello sforamento dei tetti che le Regioni stanziano per tali prodotti.

È stato introdotto nell’ordinamento (nel solco di un meccanismo simile precedentemente istituito per i farmaci e che, anche in quel settore, ha avuto non pochi travagli) nel 2015 (art. 9 ter, comma 9, D.L n. 78/2015, convertito con modificazioni dalla L. 125/2015), ma è rimasto, di fatto, inattuato per sette anni, sino a quando, nel 2022, con una serie di provvedimenti (in particolare il D.M. 6 luglio 2022, pubblicato in G.U. il 15 settembre 2022 del Ministero della Salute e del Ministero dell’Economia e delle Finanze), sono stati, a posteriori, fissati i tetti di spesa per gli anni 2015, 2016, 2017 e 2018, certificati gli sforamenti e infine richiesti, da parte delle singole Regioni, i pagamenti alle aziende che forniscono tali prodotti al servizio sanitario.

La somma richiesta agli operatori, per le quattro predette annualità, raggiunge, nel complesso, la cifra di circa due miliardi di euro.

2. I ricorsi al TAR Lazio

A seguito delle richieste di pagamento, sono stati promossi, davanti al TAR Lazio, circa 2.000 ricorsi da parte delle aziende del settore e, all’esito di alcune udienza “pilota”, con più ordinanze di contenuto identico, il TAR ha sollevato la questione di legittimità costituzionale della disciplina sul payback, in relazione agli articoli 3, 23, 41 e 117 della Costituzione. Nel frattempo, il Legislatore aveva provato a “imporre” una forma “mediazione” (D.L. 34/2023), posticipando la scadenza dei pagamenti e stanziando un contributo statale di oltre 1 miliardo di euro che consentisse di abbattere al 48% gli importi, destinato però, solo alle aziende che avessero pagato nei termini rinunciando ai ricorsi o che non li avessero proposti in radice.

3. Le sentenze della Corte Costituzionale

Con la sentenza n. 140/2024, la Corte Costituzionale, in maniera molto asciutta, ha respinto le questioni di legittimità sollevate dal TAR ritenendo, in sintesi, che il payback debba essere considerato come un “contributo di solidarietà”, necessario a sostenere il SSN in una “generale situazione economico-finanziaria altamente critica che non consente ai bilanci dello Stato e delle Regioni di finanziare, con risorse della collettività, di far fronte in modo esaustivo alle spese richieste” e “proporzionato”, vista la riduzione al 48% disposta per il periodo 2015-2018. Sempre la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 139/2024, ha infatti stabilito che la riduzione al 48% per il payback debba essere applicata a tutti gli operatori e non solo, invece, a quelli che hanno rinunciato al ricorso.

4. Conclusioni

Il pronunciamento della Corte Costituzionale è stato preso con molto insoddisfazione da parte delle aziende di settore, che confidavano nel riconoscimento delle proprie ragioni, forti dei rilievi evidenziati dal TAR.

Se si considerano anche gli anni successivi a quelli per i quali sono già stati richiesti i pagamenti (dal 2019 ad oggi), è innegabile che tale meccanismo rischia seriamente di mettere in ginocchio il comparto – composto in buona parte da PMI nazionali, molte delle quali destinate a chiudere i battenti – oltre che di compromettere la catena di approvvigionamento della sanità pubblica.

A ciò si aggiunge che, a partire dal 2024, alle aziende che producono e commercializzano dispositivi medici è stato chiesto un’ulteriore e inedita forma di contribuzione, pari allo 0,75% del fatturato e destinato a finanziare presso il Ministero della Salute il “Fondo per il governo dei dispositivi medici”, sul quale si è aperto un nuovo fronte di battaglia legale, sempre davanti al TAR Lazio.

In questa situazione, le aziende promettono di non abbandonare la battaglia e auspicano l’apertura di un tavolo istituzionale con il Governo. Alcune Regioni – la Toscana, in primis – hanno subito dato l’idea di voler passare all’incasso.

La pronuncia della Corte Costituzionale stimola serie riflessioni su un tema molto sensibile, attualmente e in ottica futura: la sostenibilità della sanità pubblica nazionale, ancora gravata dai costi straordinari della gestione del Covid-19, dalla drammatica criticità delle liste di attesa, dall’incremento dei costi dei farmaci di nuova generazione, dalla crisi delle “vocazioni” nelle professioni sanitarie (con stipendi non in linea con il resto d’Europa e colli di bottiglia nell’accesso) e dalle forti differenze nei livelli di servizio sul territorio nazionale.

A fronte di stanziamenti di risorse pubbliche chiaramente non adeguati, i rimedi posti nell’ultimo decennio dal Legislatore, a livello nazionale e regionale – con forti tagli e crescenti prelievi forzati e di settore (anche questo un tema che stimola riflessioni di matrice fiscale di ampio respiro) – per quanto possano tamponare temporaneamente la situazione, rischiano, superata una certa linea, di aggravare il problema.

Una riforma di sistema più ampia prospettiva, che faccia tabula rasa dei molteplici strumenti impositivi disseminati nell’ordinamento e che vada oltre criteri di mera contabilità del breve periodo e che sia di respiro nazionale e integrata, in modo da coinvolgere anche gli operatori privati, la rete delle farmacie e quella dei medici di base, le aziende del settore farmaceutico e dei dispositivi, gli operatori del terzo settore e il mondo delle Università e della ricerca, appare sempre più ineludibile.

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Equity Partner
Leonardo De Vecchi

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