L’esito delle due istruttorie avviate dall’AGCM nei confronti di Apple e Samsung è stato alquanto drastico, non solo negli importi delle sanzioni, con l’applicazione del massimo edittale in capo ad entrambi i soggetti coinvolti, ma anche e soprattutto nelle “motivazioni” assunte dall’AGCM, che creano non pochi dubbi (quantomeno in capo a chi scrive) sul contrasto tra tutela dei consumatori e (investimenti nelle) innovazioni tecnologiche.
In sintesi, l’AGCM, in entrambe le situazioni, ha individuato l’attuazione di pratiche commerciali scorrette in violazione degli artt. 20, 21, 22 e 24 del Codice del Consumo, in relazione al rilascio di alcuni aggiornamenti del firmware dei cellulari sottoposti alle attività istruttorie (nel caso di specie, si trattava del Samsung Note 4 e dell’iPhone 6 di Apple) “che hanno provocato gravi disfunzioni e ridotto in modo significativo le prestazioni, in tal modo accelerando il processo di sostituzione degli stessi”.
Entrambe le società, infatti, avrebbero “insistentemente proposto” ai consumatori, possessori dei modelli di cellulare sopra indicati, di procedere con l’installazione di nuovi firmware, senza adeguatamente informare gli stessi in merito alla “sensibile” riduzione delle prestazioni dei cellulari e dei “gravi malfunzionamenti dovuti alle maggiori sollecitazioni dell’hardware”.
Sia nei confronti di Apple che di Samsung sono state quindi applicate sanzioni pari al massimo edittale (tenuto conto anche delle “dimensioni” dei due colossi del tech), pari a 5 milioni di euro.
Nei confronti di Apple è stata inoltre accertata una seconda condotta, anch’essa sanzionata per ulteriori 5 milioni di euro, questa volta in violazione unicamente dell’art. 20 del Codice del Consumo (Divieto delle pratiche commerciali scorrette) in quanto la società di Cupertino non avrebbe fornito ai consumatori “adeguate informazioni circa alcune caratteristiche essenziali delle batterie al lito, quali la loro vita media e deteriorabilità, nonché circa le corrette procedure per mantenere, verificare e sostituire le batterie al fine di conservare la piena funzionalità dei dispositivi”.
Apple e Samsung, oltre a contestare (più o meno) apertamente che “non vi sarebbero prove dirette riguardo una strategia di obsolescenza programmata”, hanno ribadito che le successive versioni dei rispettivi sistemi operativi sono volte ad offrire ai possessori dei cellulari, gratuitamente, nuove funzionalità, maggiore sicurezza e, più in generale, il miglioramento dei prodotti in questione. Tuttavia, considerata la sanzione irrogata (e le “conclusioni” a cui è giunta l’AGCM nei due provvedimenti in questione) queste spiegazioni non hanno sortito gli effetti sperati dalle due società.
In conclusione, quello che emerge da questi due provvedimenti è, da un lato, la mancata dimostrazione (da parte dell’AGCM) della volontà dei due colossi del tech di adottare politiche di “obsolescenza programmata” e, dall’altro, a fondamento ultimo delle sanzioni, una informazione incompleta, lacunosa…ingannevole relativamente agli aggiornamenti del firmware dei cellulari, volta a sottolineare unicamente gli aspetti “positivi” dell’innovazione tecnologica e non anche gli effetti negativi che questi aggiornamenti avrebbero avuto su dispositivi più “datati” (benché si stia parlando di prodotti che, al momento degli aggiornamenti, avevano meno di due anni di vita da quando erano stati immessi sul mercato!), configurando così un’accelerazione nel processo di sostituzione degli stessi.
La contesa tra consumatori (e associazioni dei consumatori) da un lato, e imprese tech dall’altro, tra tutela dei diritti della parte “più debole” e investimenti nell’innovazione, ha visto segnare un punto decisivo in capo ai primi, anche se non è il punto della vittoria. Tanto ancora c’è da dire e da definire, anche e soprattutto in termini legali su questi temi che coinvolgono due attori principali del vivere quotidiano.