Le conclusioni dell’Avvocato Generale Wathelet (C-160/2015): “il linking a contenuti non autorizzati non costituisce di per sé violazione del diritto d’autore”.
Il 7 aprile scorso l’Avvocato Generale Wathelet, in attesa della pronuncia dei giudici comunitari nella causa C-160/2015, ha riconosciuto la liceità del linking a contenuti protetti dal diritto d’autore quando pubblicati su siti Internet liberamente accessibili.
Le conclusioni di Wathelet, sono giunte in esito all’azione promossa dall’editore olandese di Playboy “Sunema” in relazione alla pubblicazione sul blog olandese “Geen Stijl” di alcuni collegamenti ipertestuali verso altri siti web, i quali, a loro volta, avrebbero rinviato alle foto di una star locale (Britt Dekker), con la quale Sunema aveva concluso accordi di esclusiva fotografica.
Dal punto di vista prettamente giuridico, la domanda pregiudiziale presentata dalla Corte Suprema dei Paesi Bassi si è incentrata su tre quesiti: (i) dapprima, i giudici olandesi hanno invitato la Corte a chiarire se un link verso un terzo sito Internet configuri o meno una comunicazione al pubblico ai sensi della Direttiva 2001/29/CE sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione (la “Direttiva”) e, conseguentemente, se esso possa o meno dirsi illecito; (ii) in seguito, se sia rilevante o meno che l’opera fosse già stata messa a disposizione del pubblico con l’autorizzazione del titolare del diritto d’autore; (iii) infine, se rilevi o meno il fatto che il creatore collegamento sia al corrente della mancanza di autorizzazione da parte del titolare del diritto.
L’Avvocato Generale, dopo aver riconosciuto l’ indiscusso ruolo agevolatore del linking nel reperimento di informazioni (e di opere protette), ha sottolineato come tali collegamenti – conducendo (talvolta anche direttamente) a un contenuto pubblicato senza autorizzazione del titolare dei diritti – non producano concretamente la messa a disposizione del pubblico (i.e. una comunicazione al pubblico), atteso che quest’ultimo era già in grado di accedervi tramite il sito Internet, ove si è concretizzato il primo atto di comunicazione.
Con riguardo al secondo quesito, Wathelet ha ribadito la liceità del linking perché inidoneo a raggiungere il pubblico “nuovo” richiesto per la configurazione di un atto di comunicazione; attesa, infatti, la libera accessibilità agli utenti del sito oggetto del rinvio.
In ultima analisi, l’Avvocato Generale ha sostenuto l’irrilevanza della consapevolezza nel creatore del link, del fatto che l’opera linkata sia stata pubblicata senza autorizzazione del titolare dei diritti, ciò in aperto contrasto con i principi di diligenza e ragionevolezza su cui la Corte aveva fondato le precedenti decisioni.