Insight | 09.10.2025

La nuova Direttiva UE sui rifiuti tessili: novità per la “moda circolare”

Un intervento normativo di rilievo per ridurre l'impatto ambientale del settore.


Marketing & Communication
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Il 26 settembre 2025 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea la Direttiva UE 2025/1892 (di seguito, la Direttiva), che modifica la Direttiva 2008/98/CE in materia di rifiuti, introducendo importanti novità per una gestione più sostenibile dei rifiuti tessili e alimentari, rafforzando gli obiettivi del Green Deal europeo e del Piano d’azione dell’UE per l’economia circolare.

Si tratta di un intervento normativo di rilievo, destinato a incidere profondamente sulle modalità di produzione, consumo e gestione a fine vita dei prodotti tessili in tutta Europa, con il preciso intento di ridurre gli impatti ambientali legati ai settori con il più elevato consumo di risorse.

Nel solo settore tessile, ogni anno in Europa si producono circa 12,6 milioni di tonnellate di rifiuti: una mole enorme, che viene in gran parte destinata all’incenerimento e con percentuali di riciclo ancora del tutto marginali. Dati che rendono evidente l’urgenza di una trasformazione profonda di un comparto – quello della moda – tradizionalmente simbolo di creatività, stile e innovazione, ma oggi chiamato a confrontarsi con la sfida più pressante: la sostenibilità.

In vigore dal 16 ottobre 2025, la Direttiva mira a promuovere la sostenibilità e a ridurre gli sprechi, in settori a maggiore impatto ambientale, come quello tessile. Gli Stati membri saranno tenuti a recepirla nei rispettivi ordinamenti entro il 17 giugno 2027.

Nel comparto tessile, la Direttiva ha introdotto diverse novità, come di seguito analizzate.

1. Regime di responsabilità estesa del produttore

L’articolo 22 bis della Direttiva, alla voce “Regime di responsabilità estesa del produttore per i prodotti tessili”, pone l’obbligo – in capo ai singoli Stati Membri – di istituire entro il 17 aprile 2028 regimi obbligatori di Responsabilità Estesa del Produttore (EPR) per i prodotti tessili, affini ai tessili o calzaturieri elencati nell’Allegato IV quater della stessa Direttiva che i produttori mettono a disposizione sul mercato per la prima volta.

Chi immette prodotti sul mercato UE (inclusi venditori online o produttori extra-UE) sarà tenuto a farsi carico dei costi di raccolta, trasporto, cernita, riuso, riciclo e smaltimento degli stessi a fine vita.

La Direttiva, inoltre, prevede che i produttori con sede all’interno o al di fuori dell’UE dovranno designare un rappresentante autorizzato in ciascun Stato Membro, diverso da quello in cui hanno sede, in cui commercializzano i prodotti, al fine di assicurare il rispetto degli obblighi derivanti dalla normativa euro-comunitaria e di diritto interno, fermo restando che il produttore avrà la facoltà di designare un’organizzazione collettiva per l’adempimento di tali obblighi.

L’attuazione di regimi EPR per i rifiuti tessili, in particolare, risponde alle finalità di: (i) garantire un elevato livello di tutela ambientale e della salute; (ii) creare un’economia per raccolta – cernita – riutilizzo – preparazione al riutilizzo – riciclaggio (in particolare fibra-a-fibra) e (iii) incentivare l’ecoprogettazione circolare.

2. Il Registro dei produttori del settore tessile

La Direttiva, all’art. 22 ter, introduce un ulteriore tassello centrale per l’attuazione della “Responsabilità estesa del produttore”: il Registro dei produttori di prodotti tessili, affini ai tessili e calzaturieri.

Ogni Stato Membro sarà tenuto a istituire un proprio Registro Nazionale, nel quale dovranno obbligatoriamente iscriversi tutti i produttori che immettono per la prima volta sul mercato tali prodotti. Senza registrazione, non sarà possibile commercializzare tessili e calzature nell’Unione Europea. A livello comunitario, la Commissione UE predisporrà un portale unico che raccoglierà i diversi link a tutti i Registri Nazionali, garantendo così accessibilità, trasparenza e un formato armonizzato delle informazioni, pur nel rispetto della riservatezza commerciale e industriale.

Per iscriversi, i produttori dovranno fornire una serie di dati identificativi (ragione sociale, marchi, recapiti, codici fiscali o di registrazione, codici doganali dei prodotti), oltre alle informazioni relative ad eventuali organizzazioni collettive delegate all’adempimento degli obblighi derivanti dal regime EPR. Le autorità competenti avranno 12 settimane per valutare la domanda e rilasciare un numero di registrazione, potendo anche richiedere il pagamento di tariffe proporzionate ai costi amministrativi.

Ogni Registro Nazionale dovrà essere costantemente aggiornato: ogni variazione significativa, così come l’eventuale cessazione dell’attività, dovrà essere comunicata tempestivamente. In caso di inadempienze o informazioni incomplete, le autorità potranno rifiutare o revocare la registrazione. Anche i fornitori di piattaforme online e i servizi logistici avranno accesso al Registro, in modo da verificare che i produttori siano in regola prima di offrire i propri servizi.

Entro il 17 aprile 2027, la Commissione UE adotterà atti di esecuzione per definire un formato armonizzato di iscrizione, così da assicurare coerenza e uniformità a livello europeo.

3. La gestione dei tessili di scarto

Da ultimo, l’art. 22 quinquies della Direttiva prevede regole dettagliate per garantire una gestione sicura e sostenibile dei tessili usati e di scarto. Gli Stati Membri dovranno assicurare che le fasi di raccolta, trasporto, stoccaggio e trattamento avvengano in condizioni protette, al riparo da contaminazioni e danni e che i materiali siano sottoposti a controlli professionali già al punto di raccolta.

I prodotti tessili raccolti separatamente sono considerati rifiuti fin dall’origine, salvo il caso in cui – previa valutazione professionale – risultino idonei al riutilizzo immediato. Per favorire il recupero, le diverse frazioni di tessili dovranno essere mantenute separate già nel luogo di produzione dei rifiuti, così da agevolare il riuso, la preparazione al riuso e il riciclo, compreso il riciclo “da fibra a fibra, quando la tecnologia lo permetterà.

Per monitorare l’efficacia delle misure, entro il 1° gennaio 2026 e poi ogni cinque anni, gli Stati membri dovranno effettuare indagini sulla composizione dei rifiuti urbani indifferenziati. In base ai risultati, le autorità potranno imporre ai produttori o alle loro organizzazioni misure correttive, come l’ampliamento dei punti di raccolta o nuove campagne di sensibilizzazione.

La Direttiva disciplina anche le spedizioni di tessili usati che, per ragioni di tracciabilità, dovranno rispettare requisiti stringenti: (i) documentazione completa (fatture, contratti, prove della cernita), (ii) imballaggi adeguati e (iii) garanzie di integrità durante il trasporto. Qualora vi sia però motivo di temere che si tratti di veri e propri rifiuti “mascherati” come beni riutilizzabili, le autorità potranno bloccare la spedizione e imputare i costi di ispezione e trattamento ai produttori o agli organizzatori.

4. Le prospettive della “moda circolare”

La nuova disciplina mira a favorire la nascita di un vero e proprio mercato unico per le materie prime secondarie tessili, grazie all’armonizzazione delle regole e dei sistemi di rendicontazione.

Si tratta di un passo fondamentale per dare slancio all’economia circolare in un settore ad alto impatto ambientale come quello tessile. La Direttiva prima e le norme nazionali di recepimento poi rappresentano senz’altro un incentivo per promuovere obiettivi di “sviluppo sostenibile” e di “compliance”.

Tuttavia, non mancano le criticità: il rischio di frammentazione normativa resta concreto, se i diversi regimi di “Responsabilità estesa del produttore” non saranno adeguatamente coordinati a livello intra-europeo, con possibile disparità di trattamento tra imprese operanti in differenti Stati Membri.

Al contempo, dovranno essere garantite risorse finanziarie sufficienti per sostenere l’infrastruttura della raccolta differenziata e del riutilizzo; basti solo considerare che, ad oggi, i materiali riciclati sono tendenzialmente più costosi, così favorendo ancora fenomeni di fast fashion.

In tale quadro, solo l’innovazione industriale potrà creare le condizioni per un mercato stabile dei materiali riciclati: sviluppare soluzioni di riciclo ad alta qualità e realmente scalabili, aumentare la quantità di rifiuti raccolti, modernizzare lo smistamento, e trattare tipologie diverse di fibre.

A tal fine, ci si augura che il pieno coinvolgimento e “responsabilizzazione” di tutti gli attori della filiera – dai produttori agli operatori del riutilizzo fino alle imprese sociali ed enti no-profit – possa favorire fenomeni di aggregazione, collaborazione imprenditoriale, e investimenti tali da rendere i processi di riutilizzo e riciclo anche economicamente sostenibili.

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