Il Tribunale di Roma, con sentenza del 5 maggio 2016, si è pronunciato sul tema della responsabilità del provider derivante dalla mancata immediata rimozione di opere – nel caso contenuti audiovisivi – illecitamente pubblicate.
La vicenda ha visto coinvolta la nota società R.T.I. (Reti Televisive Italiane) S.p.A., società che fa parte del gruppo Mediaset e titolare, tra gli altri, dei marchi “Canale 5”, “Italia 1” e “Retequattro”, nonché titolare dei diritti di sfruttamento economico di molteplici trasmissioni e fiction, e le società Pulsevision s.a., titolare del dominio kevego.it, e Kewego s.a.s., titolare del server.
In particolare, RTI s.p.a., avendo appreso della presenza di contenuti audio-video relativi ad una serie di trasmissioni di cui è concessionaria sul portale Kevego.it, aveva inviato alla Pulsevision s.a. e alla Kevego s.a.s., due diffide, rispettivamente, in data 14 luglio e 28 settembre 2011, con le quali chiedeva la rimozione dal sito/server del materiale audiovisivo relativo ai propri programmi, ricevendo, in risposta, una comunicazione del successivo 3 ottobre, con la quale le si comunicava la rimozione unicamente di due video dal titolo “Valentino Rossi a Zelig” e “Incidenti diversi“.
In realtà, dalla relazione effettuata da una società appositamente incaricata da RTI S.p.A. era emerso che 198 trasmissioni contenenti i programmi di titolarità della stessa RTI erano fruibili direttamente sulla piattaforma di Kewego. Da qui le numerose diffide inviate da RTI alle parti convenute dal settembre 2011 al settembre 2012, sempre relative alla rimozione di contenuti audiovisivi di titolarità di RTI.
Il Tribunale di Roma ha colto l’occasione fornita da RTI per pronunciarsi sul tema della responsabilità del provider nell’attività di memorizzazione di informazioni (c.d. hosting) e, in particolare, sul tema della conoscenza del fatto che l’attività o l’informazione memorizzata è illecita e sulla rimozione. Come noto, l’art. 16, d.lgs. n. 70/03 stabilisce infatti che “nella prestazione di un servizio della società dell’informazione, consistente nella memorizzazione di informazioni fornite da un destinatario del servizio, il prestatore non è responsabile delle informazioni memorizzate a richiesta di un destinatario del servizio, qualora a) non sia effettivamente a conoscenza del fatto che l’attività o l’informazione è illecita e, per quanto attiene ad azioni risarcitorie, non sia al corrente di fatti o di circostanze che rendono manifesta l’illiceità dell’attività o dell’informazione; b)non appena a conoscenza di tali fatti, su comunicazione delle autorità competenti, agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l’accesso”.
Secondo il Tribunale ai fini dell’affermazione della responsabilità del provider è necessario “dimostrare che questi fosse a conoscenza o potesse essere a conoscenza dell’illiceità commessa dall’utente mediante l’immissione del materiale in violazione dei diritti di sfruttamento economico detenuti da terzi”.
Le diffide inviate da RTI S.p.A. sono state ritenute dai giudici “idonee a consentire al destinatario di individuare con sufficiente puntualità i singoli contenuti multimediali che sarebbero stati illecitamente immessi sulla piattaforma della convenuta, avuto riguardo alla notorietà dei programmi in questione e alla agevole attività di reperimento di tali contenuti richiesta al provider a seguito della diffida”.
Alla luce di tutto ciò, avendo la Kewego s.a.s. provveduto alla rimozione di solo alcuni dei filmati delle trasmissioni oggetto nelle diffide e, per di più, con un ritardo ingiustificato di alcuni mesi, il Tribunale di Roma ha concluso per l’accertamento della responsabilità di parte convenuta per aver concorso nella violazione dei diritti di sfruttamento economico vantati da RTI S.p.A., relativamente ai contenuti audio-video oggetto della contestazione.