Il Giurì dell’Autodisciplina Pubblicitaria ha recentemente emesso una interessante decisione in tema di pubblicità di farmaci ad uso veterinario.
Al vaglio del Giurì “un’intensa campagna pubblicitaria” destinata al pubblico generico e presentata come “pubblicità istituzionale” (dunque volta a promuovere l’immagine dell’impresa e non i singoli prodotti) che, tuttavia, presentava dei forti profili di collegamento con la corrispondente campagna pubblicitaria destinata ai veterinari e volta, invece, a promuovere uno specifico farmaco veterinario da prescrizione.
Ora, la pubblicità al pubblico dei medicinali medico-veterinari soggetti a prescrizione è espressamente vietata dall’art. 107 del d. lgs 193/2006. E’ invece ammessa la pubblicità istituzionale e, dunque, quella forma di promozione che non ha ad oggetto un prodotto, ma l’immagine ed il ruolo dell’impresa. E altresì ammessa la pubblicità di farmaci medico veterinari soggetti a prescrizione agli operatori professionali. Per quanto poi concerne la pubblicità di medicinali non soggetti a prescrizione medico-veterinaria, è necessario ottenere la preventiva autorizzazione da parte del Ministero della Salute.
Ma cosa accade quando, come nel caso di specie, una campagna pubblicitaria destinata al pubblico ed apparentemente istituzionale (dunque lecita), presenta dei forti richiami ad una diversa campagna pubblicitaria, destinata agli operatori professionali e avente ad oggetto la promozione di un farmaco veterinario (lecita solo laddove rivolta esclusivamente agli operatori professionali)?
Per rispondere a tale domanda il Giurì ha sfruttato il concetto di “pubblicità indiretta” e, quindi, di quelle comunicazioni promozionali nelle quali non è presente la raccomandazione esplicita ad utilizzare il prodotto o il marchio del prodotto stesso, ma vi sono degli elementi significativi che lo sostituiscono e che, indirettamente appunto, finiscono per promuovere il prodotto.
Anche tale forma di pubblicità, secondo quanto stabilito dal Ministero della Salute, è soggetta al divieto di cui all’art. 107 del d. lgs 193/2006.
Nel caso ad esame, il Giurì ha dunque ritenuto determinante il fatto che la pubblicità destinata al pubblico generico presentasse una serie di significativi elementi, tali da permettere di associare, quasi pedissequamente, tale pubblicità a quella rivolta ai veterinari (ed avente ad oggetto un farmaco da prescrizione).
Seppure, dunque, non vi è stato un richiamo esplicito alla promozione del farmaco, la pubblicità contestata è stata considerata pubblicità indiretta del farmaco veterinario e, come tale, in contrasto con l’art. 1 del codice di autodisciplina per violazione del divieto di legge di cui all’art. 107 d. lgs. 193/2006.