Si è appena chiusa al Tribunale di Gorizia una vicenda giudiziaria durata sei anni, che ha visto sul banco degli imputati Unionsped, una delle principali società del Nord Est nel settore della logistica e dei trasporti, oltre che nel commercio di prodotti per il riscaldamento.
Tutto era iniziato nel 2018, con un sequestro disposto dalla Dogana di Gorizia su un’importazione dalla Russia di oltre 20 tonnellate di pellet; sotto la lente di ingrandimento era finita la dicitura sui sacchi, che, a detta degli inquirenti, occultava la provenienza estera della merce, inducendo i consumatori a presumerne un’origine italiana. Nei confronti dell’amministratore unico e della società imputata ex d.lgs. n. 231/2001 (difesi nella fase dibattimentale da Paolo Erik Liedholm, Giovanni Morgese e Carmen Papaleo di LCA Studio Legale), era iniziato un procedimento penale per fallace indicazione di origine, fattispecie punita ai sensi della Legge n. 350/200.
Nel corso del dibattimento, grazie alla testimonianza di esperti nel settore, la difesa ha dimostrato non soltanto l’assenza di contenuti falsi o fuorvianti nella dicitura, ma che quest’ultima era addirittura obbligatoria, in base alle linee guida dettate dall’associazione di categoria ai fini della certificazione di qualità. Sul piano della responsabilità dell’ente, il processo ha fornito l’occasione per trattare il dibattuto tema della contestazione ex. d.lgs. n. 231/2001 alla società unipersonale di fatto, al centro di contrastanti pronunce giurisprudenziali.
All’esito del processo, il Tribunale di Gorizia ha pronunciato sentenza di assoluzione per insussistenza del fatto, chiudendo così una vicenda giudiziaria che dimostra la sempre più frequente ed estesa applicazione della disciplina 231 e la conseguente necessità, per gli operatori, di adottare modelli organizzativi adeguati a schermare la società da ogni genere di contestazione.
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