E’ arrivata.
Con provvedimento n. 25980 del 13 aprile 2016 l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) ha sanzionato Eataly, assieme all’associazione “Vino Libero” e a Fontanafredda S.r.l. che distributrice il prodotto, per pratiche commerciali scorrette e ingannevoli ai sensi degli artt. 20, 21, comma 1, lettera b) e 22 del Codice del consumo.
Il comportamento che l’Autorità ha ritenuto censurabile consiste nella “promozione e vendita, nei punti vendita Eataly, di alcuni vini, prodotti dalle aziende associate a Vino Libero, utilizzando un’etichetta recante la dicitura ‘vino libero’ sui bollini adesivi apposti sulle bottiglie e sulla cartellonistica presente nei medesimi punti vendita”.
Il Progetto Vino Libero, portato avanti dall’omonima associazione promossa dal patron di Eataly, è stato intrapreso con l’obiettivo di implementare un nuovo modello di produzione di vino che riduca al minimo l’utilizzo di sostanze chimiche, “liberando” appunto i prodotti vinicoli così ottenuti dai concimi chimici, erbicidi e solfiti, oltre che dal packaging eccessivo, dalle mode culturali, dalla troppa burocrazia e dai vincoli troppo stretti posti dalla grande distribuzione. Le bottiglie di vino prodotte dalle cantine che fanno parte dell’associazione Vino Libero –commercializzate anche da Eataly – sono contrassegnate da un’etichetta riportante la dicitura ‘vino libero’ per richiamare l’aderenza al Progetto e la bassa quantità di sostanze chimiche presenti.
Secondo l’Autorità l’uso dell’espressione ’vino libero‘ lascerebbe però intendere al consumatore che il vino sia totalmente libero da concimi chimici, erbicidi e solfiti, sostanze che è, ben noto, siano dannose per la salute, quando in realtà nei vini in questione sarebbero presenti solfiti, benchè in una misura massima inferiore di almeno il 40% rispetto al limite fissato dalla normativa europea.
L’Autorità ha pertanto stabilito che il claim “vino libero” è un’espressione omissiva, indice di una condotta priva del normale grado di diligenza professionale e di cautela necessaria nel prospettare le proprietà del prodotto, in quanto non permette ai consumatori si comprendere correttamente ed esaurientemente la portata del progetto legato a Vino Libero e i suoi limiti.
Ma facciamo un passo indietro. La questione risale ad una segnalazione promossa nel 2014 dall’associazione dei consumatori Codacons, nella quale si denunciava l’ingannevolezza dell’espressione “vino libero” in quanto fuorviante nei confronti dei consumatori. L’Autorità, dopo aver rilevato che non fosse sufficiente la presenza sull’etichetta della bottiglia di vino dell’indicazione “contiene solfiti” per neutralizzare l’effetto decettivo realizzato dall’impatto comunicativo del claim “vino libero” – in quanto potrebbe riferirsi, agli occhi del consumatore, a solfiti naturali o presenti solo in tracce -, invitava Eataly ad integrare le etichette apposte sulle bottiglie interessate con la dicitura “libero da concimi di sintesi, libero da erbicidi, libero da almeno il 40% dei solfiti rispetto al limite previsto per legge”. Eataly si impegnava così a porvi rimedio a partire da marzo 2015 mediante la sostituzione delle vecchie etichette con nuove in linea con le richieste dell’Autorità.
Tuttavia, a seguito di due ispezioni effettuate tra aprile e novembre 2015, il Nucleo Speciale Antitrust verificava che solo alcune delle bottiglie di vino rientranti nel progetto “Vino libero” erano contrassegnate da etichette idonee secondo le indicazioni dell’Autorità mentre altre erano prive dei tre claims integrativi.
Riscontrato il mancato rispetto degli impegni assunti, l’Autorità ha irrogato la sanzione amministrativa ritenuta adeguata, prevedendo inoltre il “divieto di diffusione e continuazione” della campagna.
Brutto colpo per Eataly, non tanto per la sanzione emessa, quanto per le possibili conseguenze in termini di fioritura di azioni risarcitorie promosse dai consumatori che affermino di essere stati ingannati o comunque sviati dalle etichette apposte sulle bottiglie di vino legate al progetto Vino Libero. Tale prospettiva del resto, memori – per citare un caso- di quanto già avvenuto a seguito del divieto, operato mediante la Direttiva 2001/37/CE, di inserire la dicitura Light nei pacchetti di sigarette perché ritenuta ingannevole, non appare oggi così remota.