Lo scorso venerdì 24 maggio 2024, il Consiglio dei Ministri ha approvato il Decreto – Legge 29 maggio 2024, n. 69, il c.d. Decreto Salva Casa, poi pubblicato in Gazzetta Ufficiale alla Serie n. 124 in data 29 maggio 2024, dichiaratamente finalizzato a far fronte al crescente fabbisogno abitativo, a rilanciare il mercato immobiliare e a superare le incertezze applicative della normativa di settore, in specie nelle operazioni di riuso del patrimonio immobiliare esistente, di rigenerazione urbana e di ristrutturazione ricostruttiva.
La riforma introdotta dal c.d. Decreto Salva Casa incide su norme centrali del D.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico dell’Edilizia) afferenti, in particolare:
- alla definizione degli interventi realizzabili in regime di edilizia libera (v. art. 6);
- alla dimostrazione dello stato edilizio legittimo (v. art. 9-bis);
- alle condizioni di mutamento di destinazione d’uso (v. art. 23-ter);
- alla sorte delle opere acquisite in proprietà dai Comuni in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali (v. art. 31);
- al regime sanzionatorio applicabile in caso di difformità parziale o fiscalizzazione dell’abuso (v. art. 34);
- alla definizione delle tolleranze costruttive ed esecutive (v. art. 34-bis);
- alla introduzione di una nuova fattispecie di accertamento di conformità (recte sanatoria giurisprudenziale) per le difformità parziali (v. art. 36-bis).
In ogni caso, come anche precisato dalla relazione illustrativa del D.L. Salva Casa, l’intervento normativo ha ad oggetto soltanto le cd “lievi difformità”, ossia (i) le difformità “formali”, derivanti da incertezze interpretative connesse alla dimostrazione dello stato edilizio legittimo, (ii) le tolleranze costruttive e (iii) le parziali difformità (ovvero le difformità che eccedono le tolleranze costruttive, ma che sono comprese nei limiti per non essere considerate alla stregua di variazioni essenziali), che potevano essere sanate al tempo della realizzazione dell’abuso, ma non lo possono più oggi a motivo della rigorosa disciplina della cd “doppia conformità” alla disciplina vigente sia al tempo di realizzazione sia al tempo di presentazione della domanda di accertamento.
Il D.L. è poi completato dall’art. 2, D.L. n. 69/2024, finalizzato a regolarizzare – a determinate condizioni – le strutture edilizie realizzate per fronteggiare l’emergenza Covid-19.
Ma procediamo con ordine.
aa) In merito agli interventi in regime di edilizia libera, il Decreto prevede:
- che le c.d. VEPA (ossia, le vetrate panoramiche amovibili e totalmente trasparenti), dirette ad assolvere funzioni temporanee di protezione dagli agenti atmosferici, miglioramento delle prestazioni acustiche ed energetiche, riduzione delle dispersioni termiche, parziale impermeabilizzazione, possano essere realizzate anche sui porticati rientranti all’interno dell’edificio e, quindi, non soltanto sulle logge e sui balconi aggettanti dal corpo dell’edificio, come precedentemente indicato dall’art. 6, comma 1, b-bis;
- che possano essere realizzate in assenza di titolo abilitativo anche le tende sole e le c.d. pergotende, con telo retrattile addossate o annesse agli immobili anche a mezzo di strutture fisse, aventi funzione di proteggere dal sole e dagli agenti atmosferici, purché comunque non si determini la creazione di uno spazio stabilmente chiuso, con conseguente variazione di volumi e di superfici.
bb) Con particolare riguardo allo stato legittimo di un immobile, l’art. 9 –bis prevede che lo stesso possa essere attestato anche dal titolo abilitativo che ha autorizzato l’ultimo intervento edilizio, a condizione che lo stesso sia stato “rilasciato all’esito di un procedimento idoneo a verificare l’esistenza del titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa”. L’intento della norma è, evidentemente, quello di valorizzare e di tutelare l’affidamento del privato rispetto alle parziali difformità rilevate nel procedimento di rilascio del titolo edilizio, ma considerate non rilevanti dagli uffici e, quindi, “tollerate” attraverso il rilascio o il perfezionamento di un titolo edilizio favorevole al privato.
Diversamente, allorché l’ultimo titolo edilizio non sia stato rilasciato a seguito di un simile procedimento di verifica, resta ferma la disciplina previgente, che impone di attestare lo stato edilizio legittimo attraverso la ricostruzione filologica dei titoli edilizi, prendendo le mosse dagli atti di fabbrica originari e verificando tutti i titoli abilitativi successivamente conseguiti o perfezionatisi ai sensi di legge.
cc) Relativamente, al mutamento di destinazione d’uso di singole unità immobiliari e senza opere:
- il nuovo comma 1-bis ammette sempre il mutamento della destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale, ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni;
- il combinato disposto del nuovo comma 1-ter e del comma 1 –quater ammette il mutamento della destinazione d’uso tra le diverse categorie funzionali di (i) residenza, (ii) turistico-ricettivo, (iii) produttivo e direzionale e (iv) commercio, per gli immobili o unità immobiliari ricompresi nelle zone A), B) e C) del D.M. 2 aprile 1968, n.1444, ovvero nelle zone equipollenti qualora finalizzato all’utilizzo prevalente delle altre unità immobiliari dell’immobile; in tal caso, il mutamento di destinazione d’uso non è soggetto
– all’obbligo di reperimento di ulteriori aree per servizi di interesse generale previsto dal decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444 e dalle disposizioni di legge regionale,
– al vincolo della dotazione minima obbligatoria dei parcheggi previsto dalla legge 17 agosto 1942, n. 1150;
per le unità immobiliari poste al piano terra il mutamento della destinazione residenziale è, comunque, ammesso nei soli casi previsti dal piano urbanistico e dal regolamento edilizio comunali;
- quanto alle modalità attuative, il nuovo comma 1-quinquies prevede l’assoggettamento delle fattispecie di mutamento d’uso normate dal Decreto Salva Casa alla presentazione di Segnalazione Certificata di Inizio Attività (S.C.I.A.) di cui all’art. 19, L. n. 241/1990, ferme le più favorevoli previsioni delle leggi regionali.
La nuova disciplina appare, così, improntata al tentativo (seppur timido) di introdurre, a certe condizioni, il principio di indifferenza tra funzioni urbanistiche, salva comunque la possibilità di ulteriori specifiche e, quindi, di deroghe da parte della normativa comunale.
dd) Al fine di incentivare l’azione repressiva dei Comuni, il D.L. n. 69/2024 ha poi modificato l’art. 31 introducendo una procedura amministrativa per rimuovere le opere abusive e, al contempo, valorizzare gli immobili acquisiti nel patrimonio immobiliare delle Amministrazioni comunali. In particolare, nel caso in cui l’opera abusiva da demolire non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, culturali, paesaggistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico, e previo parere delle Amministrazioni competenti, il Comune, acquisita la proprietà dell’immobile abusivo e della relativa area di sedime, può indire una procedura ad evidenza pubblica, ai sensi della L. n. 127/1997 (cd. Bassanini), cui è espressamente vietata la partecipazione del responsabile dell’abuso. Il contratto da stipulare con l’aggiudicatario, all’esito dello svolgimento della procedura, deve essere sospensivamente condizionato alla rimozione dell’abuso da parte dell’acquirente.
ee) Il D.L. n. 69/2024, in controtendenza rispetto alle dichiarate esigenze di semplificazione, inasprisce il regime sanzionatorio applicabile alle fattispecie di parziale difformità dal titolo abilitativo. E, infatti, la sanzione applicabile nel caso delle difformità parziali non suscettibili di accertamento di conformità, ma comunque non rimuovibili senza pregiudizio per la parte edificata in modo legittimo, passa dal doppio al triplo
- del costo di produzione, ovvero
- del valore venale dell’opera realizzata in difformità,
a seconda che si tratti – rispettivamente – di opera ad uso residenziale o ad uso diverso dal residenziale.
ff) In materia di tolleranze costruttive, il D.L. n. 69/2024 aggiunge la tolleranza e, quindi, apparentemente la sanatoria di alcune variazioni parziali di minore entità dei parametri urbanistici ed edilizi delle singole unità immobiliari, che siano state realizzate entro il 24 maggio 2024. Si tratta, in particolare, delle variazioni previste dal nuovo art. 34 –bis, comma 1 –bis, ossia delle variazioni contenute entro il limite:
- del 2% delle misure previste dal titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile superiore ai 500 mq;
- del 3% delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra i 300 e i 500 mq;
- del 4% delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra i 100 e i 300 mq;
- del 5% delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile inferiore ai 100 mq.
Al di fuori delle ipotesi sopra descritte continua ad applicarsi la regola generale prevista dal regime previgente per cui non costituiscono difformità, in quanto tolleranze costruttive, il mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari contenuto entro il limite del 2 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo edilizio.
Inoltre, il D.L. n. 69/2024 amplia la definizione di tolleranze esecutive, ora consistenti nelle seguenti fattispecie:
- minore dimensionamento dell’edificio;
- mancata realizzazione di elementi architettonici non strutturali;
- irregolarità esecutive di muri esterni ed interni;
- difforme ubicazione delle aperture interne;
- difforme esecuzione di opere rientranti nella nozione di manutenzione ordinaria;
- errori progettuali corretti in cantiere ed errori materiali di rappresentazione progettuale delle opere.
Resta, comunque, ferma la necessità di dimostrare la conformità alla normativa sismica nelle zone diverse da quella a bassa sismicità e ciò attraverso l’acquisizione dell’autorizzazione dell’ufficio tecnico regionale nel caso di interventi “rilevanti” nei riguardi della pubblica incolumità, ovvero l’esercizio delle modalità di controllo previste dalla normativa regionale per gli interventi di “minore rilevanza” o “privi di rilevanza”.
gg) In materia di accertamento di conformità, il D.L Salva Casa introduce una nuova fattispecie semplificata di accertamento di conformità nell’ipotesi di parziali difformità, fattispecie che invero costituisce un ritorno alla c.d. sanatoria giurisprudenziale.
Infatti, nel caso di difformità parziale, l’accertamento di conformità a normativa richiede di verificare la conformità:
- alla normativa urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda;
- alla normativa edilizia vigente al momento della realizzazione delle opere in parziale difformità.
In questo modo, nella logica del legislatore, dovrebbe essere più semplice verificare la conformità alla normativa sismica, statica ed energetica e, in materia, di superamento delle barriere architettoniche, ossia alla normativa tecnica e specialistica interessata dalle più recenti innovazioni normative, attraverso la fissazione di standard sempre più ambiziosi.
Lo sportello unico può, comunque, condizionare il rilascio di questo accertamento di conformità (i) alla realizzazione di interventi edilizi, anche strutturali, necessari per assicurare l’osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza, igiene, salubrità, efficienza energetica, superamento delle barriere architettoniche, nonché (ii) al ripristino delle opere che non possono essere regolarizzate.
Per differenziare questa nuova fattispecie di accertamento di conformità da quella tradizionale disciplinata dall’art. 36, D.P.R. n. 380/2001, il legislatore ha dettato un regime sanzionatorio meno rigoroso. Invero, in caso di applicazione dell’art. 36-bis, l’oblazione è fissata in misura pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile, ma rimane comunque compresa in un range tra 1.032,00 euro e 30.984,00 euro, con la fissazione così di un tetto massimo che, invece, non è previsto nella fattispecie di accertamento di conformità tradizionale di cui all’art. 36, D.P.R. n. 380/2001.
Ulteriore elemento di distinguo è, poi, dato dalla procedura amministrativa, in quanto l’accertamento di conformità delle parziali difformità prevede:
– un regime di silenzio assenso decorsi 45 (quarantacinque) giorni dalla presentazione del permesso di costruire in sanatoria;
– la possibilità di assumere i provvedimenti repressivi, di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione delle opere realizzate, entro trenta giorni dalla presentazione delle S.C.I.A. ex art. 22 e 23, D.P.R. n. 380/2001;
– la sospensione dei termini di procedura fino alla definizione del procedimento di accertamento di compatibilità paesaggistica.
Da ultimo, merita un cenno l’art. 2 del Decreto Salva Casa, che introduce il regime di regolarizzazione delle strutture amovibili realizzate per finalità sanitarie, assistenziali ed educative durante lo stato di emergenza da Covid-19, purché siano dimostrate comprovate e obiettive esigenze di perdurante necessità. Viene, così, in considerazione una norma di indubbia utilità, in quanto finalizzata a salvaguardare gli importanti investimenti effettuati sia dalle pubbliche amministrazioni, sia dagli operatori privati durante l’emergenza pandemica. Tuttavia, il riferimento al perseguimento delle sole finalità sanitarie, assistenziali ed educative, nonché alla permanenza di dette finalità ritaglia in modo molto contenuto e specifico il perimetro applicativo della disposizione in commento, che – salvo auspicabili precisazioni da parte della legge di conversione – risulta difficilmente applicabile alle strutture di somministrazione di cibo e bevande realizzate durante l’emergenza pandemica.
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Insomma, dalla lettura del testo del Decreto Salva Casa pare che l’impatto della riforma sia più contenuto e meno ambizioso di quello originariamente prefigurato e che, comunque, il legislatore si sia concentrato su disposizioni e fattispecie giuridiche differenti da quelle oggetto di approfondimento e di attenzione da parte delle recenti cronache giudiziarie. In particolare, restano al di fuori della riforma le norme finalizzate alla risoluzione delle problematiche milanesi connesse all’addebito di ipotesi di abusi, afferenti alla definizione degli interventi edilizi e alle modalità attuative degli interventi con altezze superiori a 25 metri e consistenze superiori a 3 mc/mq. L’auspicio è che dette disposizioni possano essere recepite in fase di conversione del Decreto o, comunque, fatte proprie dalle prossime riforme legislative, in modo da rispondere effettivamente alle dichiarate finalità perseguite dal legislatore nazionale, di rilancio del mercato immobiliare e di superamento delle incertezze applicative.
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