Con la risposta ad interpello n. 437 del 26 agosto 2022 (rettificativa della precedente risposta n. 433 del 24 agosto 2022), l’Agenzia delle Entrate ha fornito interessanti chiarimenti in merito alle diverse implicazioni fiscali scaturenti dall’attività di staking su criptovalute.
L’attività di staking viene definita da Coinbase, una delle principali piattaforme mondiali nel settore criptovalute, (fonte: https://www.coinbase.com/it/learn/crypto-basics/what-is-staking) come un: “[…] modo di guadagnare premi come ricompensa per il fatto che si detengono determinate criptovalute […]”.
Sostanzialmente, l’attività in questione consiste nell’apporre un vincolo di indisponibilità sulle proprie criptovalute per il tempo necessario alla produzione e alla convalida dei blocchi della blockchain (c.d. Proof-of-Stake”). Quest’ultima, riconosce in favore dello staker un corrispettivo in criptovalute al netto di una percentuale trattenuta per le attività di validazione e per la messa a disposizione di tutta l’infrastruttura informatica (hardware e software).
L’Amministrazione Finanziaria ha chiarito che Il corrispettivo in criptovalute ricevuto dallo staker per l’apposizione del vincolo di indisponibilità (privato, non operante, dunque, né in regime d’impresa né di lavoro autonomo) rappresenta un reddito di capitale ex art. 44, comma 1, l. h) del D.P.R. 917/1986, soggetto integralmente ad applicazione dell’IRPEF sulla base dell’aliquota progressiva prevista per il corrispondente scaglione reddituale.
Tale risposta dell’Agenzia è, oltretutto, coerente con quanto proposto dall’On. Elena Botto in Senato il 30 marzo 2022 attraverso il Disegno di Legge S. 2572 avente ad oggetto “Disposizioni fiscali in materia di valute virtuali e disciplina degli obblighi antiriciclaggio”, rispetto al quale, purtroppo, nonostante l’assegnazione in commissione parlamentare, non risulta essere ancora stato esaminato.
L’Agenzia ha inoltre chiarito che ove il wallet nel quale sono depositate le criptovalute oggetto di staking sia intrattenuto presso una piattaforma gestita da una Società italiana:
- il contribuente non sarà tenuto né ad adempiere agli obblighi di monitoraggio fiscale ex art. 4 del D.L. 167/1990, tramite compilazione del quadro RW della propria dichiarazione annuale dei redditi, né, tantomeno, al versamento dell’IVAFE (imposta che, come già chiarito in diversi altri documenti di prassi dell’Agenzia, non risulta dovuta per le criptovalute);
- la Società italiana, invece, sarà tenuta ad applicazione di una ritenuta a titolo d’acconto ex art. 26, comma 5 del D.P.R. 600/1973 (proprio su questo punto, l’Agenzia, erroneamente, aveva affermato nella risposta n. 433 del 24 agosto 2022 rettificata da quella in commento, che la predetta ritenuta dovesse essere operata a titolo d’imposta) nella misura del 26%, da scontarsi sul controvalore delle criptovalute corrisposte allo staker.
A valle di tale ulteriore chiarimento fornito dall’Agenzia delle Entrate che si aggiunge ai precedenti chiarimenti forniti (i.e. Risoluzione 72/E/2016, Risposta ad interpello della DRE Lombardia n. 956-39/2018, Risposta ad interpello della DRE Liguria n. 903-47/2018, Risposta ad interpello 788/2021, Risposta ad interpello 397/2022) si auspica la pubblicazione di una Circolare che affronti in modo organico tutti gli aspetti reddituali afferenti alla detenzione e gestione delle criptovalute.
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