Il finanziamento del contenzioso può aprire un ventaglio di opzioni a favore delle imprese italiane nel difficile recupero economico post-pandemia. Ciò perché permette, da un lato, di accedere alle liti a coloro che attualmente non dispongono delle risorse necessarie per affrontare processi lunghi e onerosi, grazie all’intervento di terzi, dall’altro lato perché offre a questi ultimi una possibilità di diversificare i capitali in voci differenti del bilancio aziendale.
Il third party funding o litigation funding è un’opportunità tipica del mondo anglosassone ancora poco nota in Italia, che Gian Paolo Coppola descrive attraverso quattro caratteristiche principali: il contenzioso dev’essere di valore, deve avere buone probabilità di successo, una controparte solvibile e tempi prevedibili di risoluzione. In primis, è necessario chiarire che ogni fondo, o investitore, utilizza dei propri parametri di analisi del valore della lite: nel panorama internazionale, esistono fondi che si sono sviluppati su contenziosi relativamente piccoli e altri che decidono di finanziare soltanto controversie multimilionarie. Il finanziatore investirà solamente nel momento in cui le probabilità di successo sono ampie e, quindi, quando avrà acquisito un dossier completo che gli permetterà di accreditare l’operazione come fattibile e meritevole di investimento. Fondamentale anche la prevedibilità delle tempistiche: l’affidabilità, in questo caso, non significa necessariamente che il processo si risolva in tempi brevi. Dovrà, inoltre, esserci un elevato rendimento per chi investe nella causa: solitamente si parte da dieci volte l’importo del finanziamento. Attraverso questo processo, la terza parte che investe nella lite contribuirà, in denaro (o in competenze professionali), nella gestione della lite e riceverà in cambio un dividendo, in caso di successo, con assunzione del rischio nell’ipotesi di soccombenza.
Due sono i principali soggetti che si rivolgono al third party funding: gli «impecunious», cioè la parte che non dispone delle risorse necessarie a gestire il contenzioso e, così facendo, può ambire ad aggredire la controparte. Nella maggior parte dei casi si tratta, precisa Coppola, alludendo all’immagine di Davide che attacca Golia, di imprese milionarie che vogliono fare causa a quelle miliardarie. Sicuramente, per chi non ha risorse, il sostegno di un fondo finanziatore può dare più potere nelle trattative negoziali, specialmente nel caso di eventuali transazioni. In questo caso, dunque, la parte non viene scoraggiata a ricorrere alla lite a causa della mancanza di risorse finanziarie. Il secondo soggetto-tipo che si rivolge al finanziamento è il cosiddetto «unwilling», cioè l’impresa che, tramite il fondo, aspira a una diversa allocazione delle proprie risorse finanziarie, da destinare quindi ad altre voci del bilancio aziendale.
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