News , Talk | 08.01.2018

Distribuzione selettiva e piattaforme di terzi online: il caso “Coty”


Marketing & Communication
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Secondo la Corte di Giustizia UE, in conformità con quanto già sostenuto dall’Avvocato Generale Nils Wahl (si veda IP Talk del 19 settembre a questo link), una clausola che, al fine di preservare l’immagine di lusso e di prestigio dei prodotti commercializzati, impedisce a un distributore autorizzato di utilizzare piattaforme di vendita online di terzi, non viola la normativa europea sulla concorrenza, se la clausola è conforme a determinate condizioni.

Coty Germany è una società operante in Germania nel settore dei prodotti cosmetici di lusso; tali prodotti vengono commercializzati attraverso una rete di “distribuzione selettiva” composta da distributori autorizzati i cui punti vendita devono rispettare una serie di requisiti in termini di ambiente, dotazioni e arredamento.

In seguito all’entrata in vigore del Regolamento UE 330/2010 sul […] che ha sancito […], la Coty Germany ha modificato i propri contratti di distribuzione, confermando, da un lato, che il “rivenditore è autorizzato a proporre e vendere i prodotti tramite Internet” a condizione che tale attività sia realizzata tramite una vetrina elettronica idonea a preservare la connotazione lussuosa dei prodotti commercializzati (clausola 1.1) oppure mediante piattaforme terze non autorizzate senza che l’intervento di queste ultime sia, però, riconoscibile dal consumatore (clausola 1.3).

Parfümerie Akzente, distributore da diversi anni dei prodotti Coty sia per il tramite di un proprio negozio on-line che per il tramite della piattaforma Amazon, ha rifiutato le modifiche contrattuali di cui sopra.

La Coty Germany ha, quindi, proposto ricorso dinanzi a un giudice nazionale al fine di vietare a Parfümerie Akzente di distribuire i suoi prodotti mediante la piattaforma Amazon, in applicazione delle nuove previsioni contrattuali; tale ricorso, con sentenza del 31 luglio 2014, è stato respinto perché i) la clausola 1.3 è stata ritenuta contraria all’art. 101 TFEU, costituendo una “hard-core restriction”, ai sensi del Regolamento UE 330/2010, in quanto il mantenimento dell’immagine di prestigio del marchio non può giustificare la predisposizione di un sistema di distribuzione selettivo e ii) non è stato provato da parte di Coty Germany che il divieto di vendita imposto abbia comportato degli effettivi vantaggi tali da compensare gli svantaggi concorrenziali derivanti dalla restrizione contenuta nella clausola 1.3.

La Corte d’Appello di Francoforte, investita della controversia, ha posto alcune questioni pregiudiziali alla Corte di Giustizia UE, la quale, con sentenza pubblicata il 6 dicembre 2017, ha stabilito che:

  1. un sistema di distribuzione selettiva avente come obiettivo principale la tutela dell’immagine di lusso dei prodotti non ricade nel divieto di intese restrittive contenuto nel TFUE allorché siano rispettate tre condizioni (note come i “criteri Metro”) e cioè: (i) deve essere accertato che, in relazione alla natura dei prodotti, vi sia l’esigenza legittima di un sistema di distribuzione selettiva; (ii) è necessario che la scelta dei rivenditori avvenga secondo criteri oggettivi di tipo qualitativo applicabili indistintamente e senza discriminazione a tutti i possibili rivenditori e (iii) occorre che i criteri definiti non superino il limite di quanto necessario per la tutela dell’immagine di lusso dei prodotti.
  2. Il divieto imposto ai rivenditori autorizzati facenti parte di un sistema di distribuzione selettiva di prodotti di lusso di servirsi di piattaforme terze, in maniera riconoscibile per i consumatori, per la vendita tramite Internet dei prodotti non è contrario al diritto della concorrenza quando i “criteri Metro” sono rispettati e, in particolare, quando tale restrizione nel suo complesso non va oltre quanto necessario per preservare in modo adeguato l’immagine di lusso dei prodotti.
  3. Il divieto imposto da Coty Germany per i rivenditori autorizzati di servirsi in maniera riconoscibile di piattaforme terze per la vendita a mezzo Internet dei prodotti oggetto del contratto non rientra nel novero delle restrizioni gravi alla concorrenza (c.d. hard core restrictions) che rendono invalido il contratto di distribuzione nel suo complesso.

La clausola oggetto del giudizio, infatti, non vieta di avvalersi di Internet, in maniera assoluta; i prodotti possono essere venduti dai distributori autorizzati sia per il tramite del proprio sito internet – a condizione che quest’ultimo rispetti gli standard qualitativi individuati dal fornitore (che sono, nel complesso, equiparabili a quelli imposti ai punti vendita offline) al fine di preservare la connotazione lussuosa dei prodotti commercializzati – oppure avvalendosi di piattaforme di terzi non riconoscibili dai consumatori. Inoltre, a determinate condizioni, è possibile per i distributori autorizzati farsi pubblicità online su piattaforme di terzi, così come utilizzare motori di ricerca.

La Corte ha, quindi, riconosciuto la legittimità, a determinate condizioni, delle restrizioni all’utilizzo di piattaforme di vendita online di terzi quando esse sono direttamente connesse alla tutela dell’immagine di prestigio e di lusso dei prodotti commercializzati.

Mid-Level Associate
Giuditta Rege

Marketing & Communication
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