Con la decisione emessa il 23 aprile 2018, la Corte d’Appello dello Stato della California (9th Circuit) si è finalmente pronunciata su uno dei casi più singolari trattati dalla giustizia americana negli ultimi anni in materia di copyright, ovvero la vicenda universalmente nota come “Monkey Selfie”.
Correva l’anno 2011 quando il fotografo britannico David Slater decideva di intraprendere un viaggio-reportage nella foresta indonesiana, dove armato della sua attrezzatura tecnica più all’avanguardia e desideroso di realizzare scatti unici ad animali e vegetazione, si imbatteva nel dispettoso macaco Naruto.
In un attimo, il primate rubava la macchina fotografica dalle mani dell’homo sapiens ed iniziava, come un qualsiasi teenager, a scattarsi una serie di selfie. Il risultato? La foto qui sopra.
La singolarità delle dinamiche della vicenda insieme alla qualità, decisamente inaspettata, degli scatti di Naruto/fotografo hanno reso celebre l’immagine sopra e, per conseguenza, famoso anche il suo autore.
Ma a chi ci si riferisce, in questo caso, parlando di autore della fotografia?
A David Slater, umano proprietario della strumentazione e soggetto che aveva svolto le attività preparatorie della macchina fotografica per il reportage? A Naruto, macaco dotato di pollice opponibile che ha materialmente scattato la fotografia? Oppure a nessuno dei due?
Inizialmente, David Slater aveva esercitato indisturbato i diritti di sfruttamento dell’opera, senza che nessuno osasse mettere in dubbio la sua qualità di autore dell’immagine.
Poi venne Wikimedia Foundation.
Nel 2014, David Slater, verificata la pubblicazione della fotografia sul sito di Wikimedia senza il suo consenso, si rivolgeva a quest’ultima chiedendone la rimozione. Possiamo immaginare che mai decisione fu più rimpianta, visto l’effetto domino generato.
Wikimedia rispondeva al fotografo britannico affermando che la fotografia in questione doveva essere considerata un’opera di pubblico dominio (e quindi liberamente pubblicabile), in quanto l’unico soggetto che avrebbe potuto essere eventualmente qualificato come autore, ovvero Naruto, che aveva materialmente scattato la fotografia, non poteva essere riconosciuto titolare di alcun diritto di copyright, in quanto – dopotutto – era solo un animale.
L’interpretazione di Wikimedia generava un vero e proprio caso mediatico, divenuto poi oggetto di dibattito giudiziario quando, nel 2015, il PETA (People for the Ethical Treatment of Animals) per conto di Naruto adiva il Tribunale di primo grado dello Stato della California, chiedendo che il sorridente macaco venisse riconosciuto come autore dello scatto.
La decisione della Corte d’Appello californiana, pronunciata pochi giorni fa, conferma l’orientamento già espresso dal Giudice di prime cure statunitense: secondo la legge nordamericana, gli animali non possono essere titolari di diritti di copyright, per quanto sia loro riconosciuto un qualche “constitutional standing”.
La lotta a favore di Naruto quindi è stata vana? Nope.
Nel settembre 2017 infatti, prima della decisione della Corte, le parti avevano raggiunto un accordo stragiudiziale in forza del quale David Slater si è impegnato a donare il 25% di ogni futura revenue derivante dal “Monkey Selfie“ ad associazioni che si occupino della protezione e conservazione dell’habitat e della vita di scimmie come Naruto.
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