Media | 18.05.2022

PNRR, “opportunità” anche per le mafie

La normativa antiriciclaggio a supporto degli enti pubblici per evitare le infiltrazioni


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Nel periodo compreso tra il 2021 e il 2027, gli Stati membri dell’Unione Europea disporranno di 1,8 miliardi di euro con lo scopo di ricostruire il continente.
Molte le opportunità per gli Enti pubblici e le imprese, di procedere ad uno sviluppo sinergico per portare il Paese al raggiungimento di sei grandi missioni: digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; inclusione e coesione; salute.
Allo stesso tempo, alta è l’attenzione su come questi fondi verranno spesi e soprattutto a chi verranno assegnati. La normativa antiriciclaggio, i controlli antimafia, i vari obblighi di trasparenza, le misure anticorruzione, sono strumenti di prevenzione tra i più completi e severi nell’area OSCE, tuttavia, non sempre si ha davvero contezza di quale sia la reale portata del problema da sconfiggere.
Analizziamo il fenomeno del riciclaggio e delle possibili infiltrazioni attraverso gli appalti pubblici con l’avvocato Giuseppe Sciarretta, responsabile della practice “antiriciclaggio” di LCA e per oltre 10 anni Ufficiale della Guardia di Finanza, occupandosi di contrasto ai reati economico-finanziari.

Avvocato Sciarretta, da più parti arrivano segnali di preoccupazione e rischio per le infiltrazioni mafiose nell’assegnazione dei fondi del PNRR, è un rischio reale?

“Assolutamente sì. Già in condizioni di “normalità” ci sarebbe il rischio vista l’ingente quantità di euro stanziati per il programma europeo. Dopo due anni di pandemia, non solo sanitaria ma anche economica, il rischio è ancor più alto. Tra i segnali più frequentemente utilizzati per segnalare il rischio di infiltrazioni criminali nella compagine societaria vi è la verifica del titolare effettivo, cioè di chi decide in quell’impresa. Nel 2020 su un campione di oltre 700 mila società di capitale italiane, sono emerse circa 10 mila imprese che hanno cambiato il titolare effettivo (l’1,3% del totale) solamente nel periodo che va dallo scoppio della pandemia (marzo 2020) a ottobre 2020.
Inoltre, il dato allarmante è che il comparto con un maggior numero di cambi è quello dei servizi non finanziari, all’interno del quale si colloca il settore della ristorazione, fortemente interessato dal rischio riciclaggio, e dalle costruzioni. Quest’ultimo legato inevitabilmente al mondo degli appalti”.

Perché le associazioni criminali sono sempre più interessate al settore degli appalti?

“Il loro obiettivo principale è quello di reimmettere nel circuito legale le ingenti risorse economiche derivanti dalle molteplici attività criminali. Il settore degli appalti, tra i tanti in cui opera la rete criminale, è quello che riesce a garantire un’ulteriore fonte di guadagno. Per anni si è cercato di mantenere lontane le organizzazioni criminali dal mondo appalti attraverso lo strumento delle interdittive antimafia. Questi provvedimenti, emanati dal Prefetto, sono stati concepiti dal Legislatore proprio con l’obiettivo di scardinare i tentativi di infiltrazione mafiosa nell’economia. Con la loro adozione viene di fatto preclusa la possibilità per le imprese colpite di intrattenere rapporti con le pubbliche amministrazioni, non solo di tipo contrattuale, ma anche per quanto concerne i provvedimenti autorizzatori di carattere generale, le concessioni, eccetera. Oggi, tutto ciò potrebbe non bastare. Infatti, le associazioni criminali utilizzano forme societarie giuridicamente lecite, come ad esempio i “Consorzi di imprese”, scomponendo un lavoro in vari subcontratti allo scopo di eludere l’obbligo della preventiva autorizzazione. C’è bisogno quindi di andare ad utilizzare altri strumenti, già previsti, ma poco applicati”.

Quali?

“Le segnalazioni di operazioni sospette. Dal 2004, pur con alcune modifiche avvenute nel 2018, gli uffici della Pubblica Amministrazione hanno l’obbligo di segnalare all’Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia (UIF) istituita presso la Banca d’Italia, i dati e le informazioni concernenti le operazioni sospette di cui vengano a conoscenza nell’esercizio della propria attività istituzionale, in tre macro settori: adozione di provvedimenti di autorizzazione o concessione, procedure di scelta del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi, procedimenti di concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché attribuzioni di vantaggi economici di qualunque genere a persone fisiche ed enti pubblici e privati”.

Da cosa nascono i “sospetti”?

“Da qualsiasi circostanza che possa sollevare qualche dubbio tenendo conto della capacità economica o dell’attività che svolge il soggetto richiedente. Con l’intento di ridurre i possibili margini di incertezza insita nelle valutazioni da parte dei funzionari chiamati a valutare, vengono emanati sempre dall’UIF gli indicatori di anomalia. Tali indicatori sono un elenco a carattere esemplificativo di comportamenti da ritenere “anomali” in base a parametri oggettivi e soggettivi. Proprio in materia di appalti, ad esempio, vengono ritenute “pericolose” sotto un profilo di rischio riciclaggio: la partecipazione a procedure di affidamento di lavori pubblici, servizi e forniture in assenza di qualsivoglia convenienza economica all’esecuzione del contratto, anche con riferimento alla dimensione aziendale e alla località di svolgimento della prestazione, la partecipazione ad una gara da parte di un raggruppamento temporaneo di imprese costituito da un numero di partecipanti del tutto sproporzionato in relazione al valore economico e alle prestazioni oggetto del contratto, specie se il singolo partecipante è a sua volta riunito, raggruppato o consorziato, o in ultimo la partecipazione alla procedura di affidamento da parte di una rete di imprese il cui programma comune non contempla tale partecipazione tra i propri scopi strategici”.

Cosa deve fare un Comune o un ente pubblico per prevenire eventuali infiltrazioni negli appalti pubblici?

“Adottare delle procedure interne, come richiede la stessa normativa antiriciclaggio (D. Lgs. 231/2007) “proporzionate alle proprie dimensioni organizzative e operative”, idonee a valutare il livello di esposizione dei propri uffici al rischio di riciclaggio da parte delle associazioni criminali. Ogni ente deve inoltre identificare e nominare un responsabile delle segnalazioni di operazioni sospette, il quale può coincidere con il responsabile della prevenzione della corruzione designato dalle pubbliche amministrazioni (ai sensi dell’art. 1, comma 7 della legge n. 190/2012). Questo adempimento lascia ben intendere come il riciclaggio di denaro e la corruzione siano due reati strettamente collegati tra loro. Purtroppo, ci sono molti enti pubblici che non sanno neanche di essere obbligati ad inoltrare segnala- zioni di operazioni sospette e pochi sono gli enti “virtuosi” che si sono adeguati a quanto richiesto dalla normativa antiriciclaggio. La stessa UIF, nella newsletter n.1 del 2022, ha richiamato l’attenzione degli uffici pubblici, i quali, sempre a parere dell’ufficio di Banca d’Italia non hanno mai davvero capito l’importante ruolo che svolgono”.

Leggi l’articolo anche su Lo Ionio.


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