Storie e voci | 11.09.2023

Palestra, relax e wellness: così lo studio attrae i collaboratori

Alla ricerca del giusto compromesso tra le esigenze dello studio e quelle delle persone: un’intervista a Giovanni Lega sul senso di appartenenza in azienda


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Studi più allettanti dal punto di vista di servizi, facilities e spazi dedicati alle persone per rendere più attrattivo il rientro in presenza e diminuire lo smart working. È questa la ricetta adottata da molti studi professionali persuasi che solo con il lavoro in presenza si può salvaguardare la propria identità, la formazione ottimale, la trasmissione di informazioni, l’affiatamento dei team.

L’accelerazione digitale, il bilanciamento tra vita professionale e privata e la smaterializzazione dell’ufficio rappresentano tutti aspetti tra loro collegati emersi con la pandemia. Ora però è arrivato il momento per gli studi di riorganizzare le presenze.

C’è chi ha colto l’occasione di importanti lavori di ristrutturazione o di trasferimento in nuove sedi per proporre uno stile di lavoro con spazi in comune aperti e limitare il ricorso allo smart working. In Legance, ad esempio, si trovano bar, ristorante, palestra, spazi in cui giocare a ping pong o a biliardino. Tutte facilities su cui si è cominciato a ragionare già prima della pandemia ma che ora sono ancora più importanti per stimolare l’ integrazione. «Appena l’epidemia ha allentato la morsa – spiega Alberto Maggi, il managing partner – abbiamo deciso di prendere una posizione netta: secondo noi la presenza in studio è essenziale e limitiamo lo smart working a un giorno alla settimana». In concreto però resta una certa flessibilità: ad agosto, ad esempio, gran parte dei professionisti hanno lavorato in remoto.

«Se creiamo un ambiente favorevole lo smart working diventa un accessorio, un corollario utilissimo ma non indispensabile»: è con questa filosofia che lo studio di commercialisti Bandera ha promosso gli investimenti con cui si è intervenuto sulle sedi di Brescia e Milano. Si è migliorata la vivibilità con materiali fonoassorbenti e opere d’arte, ma anche puntando su terrazze trasformate in aree relax. Pragmaticamente poi si è investito in posti auto, «perché – precisa il partner fondatore, Arrigo Bandera – i collaboratori devono avere voglia di venire a lavorare».

Anche lo studio legale LCA con il suo nuovo edificio di Milano si è mosso lungo la stessa direttrice: la nuova sede include un’area caffetteria, una per il wellness e un auditorium. Lo smart working è previsto per due giorni a settimana ma i nuovi ingressi, sia soci sia praticanti, per i primi sei mesi devono lavorare in presenza. «Alla ricerca del giusto compromesso tra le esigenze dello studio e quelle delle persone – commenta il managing partner Giovanni Legavolevamo creare spazi di inclusione dove condividere il mondo del lavoro in modo sereno e trasmettere i nostri valori. Tutto però nasce dalla fiducia: per noi se si sta bene nell’ambiente di lavoro, lo smart working lo si applica in maniera intelligente».

In Linklaters, dove si è puntato su un open layout aprendo gli spazi e individuando piccole salette per le riunioni, si vuole che la scelta se lavorare in remoto o no sia determinata dall’impegno del momento. Mentre gli spazi sono stati resi più accoglienti per favorire il dialogo, il confronto e gli scambi: «Lo smart working deve rispondere al tipo di attività da svolgere – commenta il managing partner Andrea Arosio – Stiamo cercando di instaurare una cultura in cui lo spazio fisico è orientato alla collaborazione senza dicotomia tra il lavoro da casa e in ufficio». La policy adottata prevede che si passi almeno il 50% del tempo in studio ma ai praticanti è chiesto il 70% della presenza.

Aree break, cucina, spazi per il riposo, una biblioteca, ma anche un servizio di bike sharing gratuito per bici e monopattini sono solo alcune facilities pensate dallo studio di consulenza del lavoro Birtolo. «La distanza aveva accentuato la necessità di vedersi – osserva il titolare Luigi Birtolo – così abbiamo predisposto due briefing settimanali per riunirsi e non disperdere il valore di comunità».

C’è poi chi anche grazie al restyling è riuscito ad attrarre in studio praticamente tutti i collaboratori. La nuova sede dello studio di architettura Progetto CMR di Milano vuole rappresentare il passaggio dal working space al living space: al suo interno aree per il benessere, la ristorazione e l’attività fisica e persino un orto/giardino. «Superata la pandemia – dicono dallo studio – le persone hanno voluto tornare a lavorare in sede sia perché gli uffici erano nuovi sia perché questa scelta soddisfaceva i loro desideri. Ancora oggi abbiamo una presenza del 95% e il nostro lavoro è agevolato dallo stare in ufficio tutti insieme».

 

L’articolo a cura di Massimiliano Carbonaro su Il Sole 24 Ore

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