Le eccezionali ondate di calore che si stanno registrando in questa estate 2025 hanno reso indispensabile un intervento normativo a tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.
In tale contesto, si sono susseguiti due atti di fondamentale importanza: a livello nazionale, la sottoscrizione in data 2 luglio 2025 del “Protocollo quadro sulle emergenze climatiche estreme”, frutto dell’accordo tra il Ministero del Lavoro e le organizzazioni sindacali e datoriali; a livello regionale lombardo, l’emanazione dell’Ordinanza n. 348 del 1° luglio 2025 da parte della Regione Lombardia che si aggiunge alle Ordinanze adottate dalle altre Regioni (ad eccezione di Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige) dai contenuti simili.
Il Contesto Nazionale: Il Protocollo Quadro del 2 luglio 2025
Il Protocollo nazionale segna un cambio di rotta nella gestione della sicurezza sui luoghi di lavoro in relazione ai rischi climatici. Pur non avendo forza di legge si innesta sull’obbligo generale di tutela a carico del datore di lavoro, sancito dall’art. 2087 del Codice Civile, che impone di adottare tutte le misure necessarie per tutelare l’integrità fisica dei dipendenti a seconda della particolarità delle attività lavorative, l’esperienza e la tecnica.
Il Protocollo trasforma delle semplici raccomandazioni in precisi obblighi gestionali, introducendo importanti novità sostanziali e puntuali:
- Obblighi di monitoraggio e valutazione dei rischi: ogni impresa è ora tenuta a integrare la propria valutazione dei rischi (DVR) con il rischio specifico da stress termico. Ciò comporta l’obbligo di monitorare quotidianamente i bollettini di allerta e di considerare gli indici micro-climatici specifici (come il WBGT, la temperatura percepita e l’umidità) nell’aggiornamento del DVR e dei Piani di Sicurezza.
- Ammortizzatori sociali “climatici”: una delle novità economiche più rilevanti del Protocollo è il potenziamento della Cassa Integrazione. Viene confermata la possibilità di ricorrere alla CIGO (industria) e alla CISOA (agricoltura) per temperature superiori ai 35°C (reali o percepite), ma con una differenza essenziale: le ore di sospensione dovute a un’emergenza climatica certificata non rientreranno più nel computo del tetto massimo delle 52 settimane nel triennio mobile. L’accesso a tale strumento viene inoltre esteso ai lavoratori agricoli stagionali.
- Riorganizzazione del lavoro: il Protocollo spinge verso una profonda riorganizzazione degli orari e dei turni di lavoro. Le imprese sono chiamate a implementare in modo concreto ed effettivo le misure volte a garantire la presenza di aree d’ombra, la fornitura costante di acqua e sali minerali, l’adozione di DPI estivi specifici e, soprattutto, una maggiore flessibilità dei turni, privilegiando le fasce orarie mattutine o serali per evitare le ore più calde.
- Riconoscimento della Forza Maggiore: Viene chiarito un aspetto decisivo per la gestione dei contratti, in particolare nel settore degli appalti. I provvedimenti delle autorità locali (come le ordinanze regionali) che impongono la sospensione delle attività per il rischio calore costituiscono espressamente causa di forza maggiore. Tale precisazione è fondamentale per evitare l’applicazione di penali contrattuali in danno degli appaltatori in caso di ritardi dovuti a fermi cantiere per ragioni di sicurezza.
L’Ordinanza della Regione Lombardia n. 348 del 1° luglio 2025
Con un giorno di anticipo rispetto al Protocollo nazionale, la Regione Lombardia è intervenuta con un’ordinanza contingibile e urgente per motivi di igiene e sanità pubblica legate alle elevate temperature, finalizzata a tutelare i lavoratori dei settori maggiormente esposti.
Il provvedimento, basato sull’art. 32 della L. 833/1978, dispone quanto segue:
- Divieto di lavoro: È vietata l’attività lavorativa in condizioni di esposizione prolungata al sole nella fascia oraria dalle 12:30 alle 16:00.
- Periodo di validità: Il divieto si applica sull’intero territorio regionale dal 2 luglio 2025 fino al 15 settembre 2025.
- Settori Coinvolti: Il divieto riguarda specificamente le attività lavorative svolte nel settore agricolo e florovivaistico, nei cantieri edili all’aperto e nelle cave.
- Condizione di applicabilità: Il divieto non è generalizzato, ma scatta limitatamente ai soli giorni in cui la mappa del rischio pubblicata sul sito worklimate.it (riferita a “lavoratori esposti al sole” con “attività fisica intensa” alle ore 12:00) segnali un livello di rischio “ALTO”. L’ordinanza specifica che il divieto opera qualora, nonostante l’adozione di altre misure preventive, lo stress da calore comporti ugualmente rischi rilevanti per la salute.
- Sanzioni: L’inosservanza dell’ordinanza comporta l’applicazione delle sanzioni previste dall’art. 650 del Codice Penale (Inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità), a meno che il fatto non costituisca un reato più grave.
- Esclusioni: il divieto non trova applicazione per le Pubbliche amministrazioni, per i concessionari di pubblico servizio, per i loro appaltatori, quando trattasi di interventi di pubblica utilità, di protezione civile o di salvaguardia della pubblica incolumità, purché siano applicate idonee misure organizzative ed operative, come previsto dalle “Linee di indirizzo per la protezione dei lavoratori dal calore e dalla radiazione solare”, che riducano ad un livello accettabile il rischio di esposizione alle alte temperature dei lavoratori impiegati in detti interventi, secondo la valutazione del rischio condotta dal datore di lavoro ai sensi del d. lgs. n. 81/2008.
L’intervento delle Ordinanze regionali in adempimento del Protocollo rappresenta senz’altro una risposta strutturata e apprezzabile, ma non può certamente ritenersi sufficiente in una prospettiva futura rispetto ad un cambiamento climatico che richiede una disciplina organica e stabile che in modo chiaro i parametri operativi per lo svolgimento dell’attività lavorativa in condizioni climatiche non ordinarie.
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