Il legislatore, con il D.L. 179/2012, si è impegnato nella messa in opera di una normativa organica volta a favorire la crescita di nuove imprese innovative ad alto valore tecnologico.
Per poter qualificare una società come startup innovativa, occorre la soddisfazione dei requisiti previsti dall’art 25 del D.L. 179/2012. Fra tali requisiti l’art. 25 lettera h) n. 3 prevede che “la società debba essere titolare o depositaria o licenziataria di almeno una privativa industriale relativa a una invenzione industriale, […] purché tali privative siano direttamente afferenti all’oggetto sociale e all’attività di impresa”.
Il Ministero dello Sviluppo Economico (MISE), con parere del 21 aprile 2016 ha risposto alla domanda posta da un’impresa, avente ad oggetto, la possibilità di ricondurre i modelli di utilità alla categoria di privativa industriale, di cui alla citata norma. In particolare, il MISE parte dalla definizione di modello di utilità di cui all’art. 82 del D. Lgs. 30/2005 (il Codice di Proprietà Intellettuale), secondo cui: “possono costituire oggetto di brevetto per modello di utilità i nuovi modelli atti a conferire particolare efficacia o comodità di applicazione o di impiego a macchine, o parti di esse, strumenti, utensili o oggetti di uso in genere, quali i nuovi modelli consistenti in particolari conformazioni, disposizioni, configurazioni o combinazioni di parti”.
Tale definizione, però, non consente sempre di poter distinguere in modo agevole fra un modello di utilità e un’invenzione. Con riferimento a tale aspetto il MISE, nel parere del 21 aprile 2016, afferma che: “Molti considerano il modello di utilità come una piccola invenzione. Si dice anche che si ha invenzione quando si realizza un prodotto nuovo, mentre si ha modello di utilità quando si migliora il prodotto già esistente”.
Con tale affermazione, il MISE sembra fare riferimento alle due teorie – teoria qualitativa e quantitativa – elaborate da dottrina e giurisprudenza per distinguere tra l’istituto in oggetto e i brevetti per invenzione.
La teoria qualitativa, prevalente nella giurisprudenza della Cassazione, fa leva sul dato letterale dell’art. 82 del Codice di Proprietà Intellettuale per definire il modello di utilità come la realizzazione di un oggetto che conferisce particolare utilità, comodità di applicazione o di impiego ad oggetti di vario genere. La teoria quantitativa, preferita dalla dottrina, sostiene invece che la differenza fra brevetti per invenzione e modelli di utilità risieda nel fatto che nei modelli di utilità l’attività inventiva è minore rispetto a quella richiesta per ottenere un valido brevetto per l’invenzione.
Quale delle due teoria si prediliga, il MISE ritiene comunque che il modello di utilità soddisfi il requisito di cui alla lettera h) n. 3 dell’art. 25 e che, quindi, possa essere ritenuto un requisito valido per consentire alle società di accedere al registro delle start-up innovative.