Non c’è violazione del diritto d’autore nella mera attività di file sharing di contenuti protetti da parte di un sito web se non risulta provata la finalità di lucro, anche in presenza di banner pubblicitari.
Questo è quanto affermato dal Tribunale di Frosinone in una significativa ordinanza del febbraio scorso, in cui ha accolto il ricorso presentato dal gestore di siti web che danno accesso in streaming tramite appositi link a film pirata online, contro un ordinanza-ingiunzione del 2015 con cui allo stesso gestore era stato ingiunto di pagare un importo a titolo di sanzione amministrativa ex art. 174-bis della L. 22 aprile 1941, n. 633 (Legge sul Diritto d’Autore) pari a quasi € 600.000 per violazione dell’art. 171-ter, comma 2, lett. a-bis) del medesimo testo legislativo.
L’art. 171-ter, comma 2, lett. a-bis) prevede infatti che, ai fini della irrogazione della sanzione prevista, è necessario che la comunicazione al pubblico tramite diffusione in un sistema di reti telematiche, attraverso connessioni di qualsiasi genere, di un’opera dell’ingegno protetta dal diritto d’autore, o parte di essa, abbia fini di lucro.
Il Giudice nella ordinanza ha precisato che per fine di lucro debba intendersi un fine di guadagno economicamente apprezzabile o di incremento patrimoniale da parte dell’autore del fatto. Secondo quanto affermato dal difensore del gestore dei siti web in commento alla sentenza “non basta infatti che il sito produca reddito, ma occorre dimostrare che l’attività di lucro sia collegata alla singola opera e che ne sia il corrispettivo, perché altrimenti siamo in presenza di un risparmio di spesa e non di una attività di messa a disposizione per finalità di lucro”.
Pertanto, affinchè la disposizione di cui all’art. 171-ter, comma 2, lett. a-bis) possa dirsi violata, deve essere raccolta la prova dello specifico intento del file sharer di trarre dalla comunicazione al pubblico, tramite la messa in condivisione in rete di opere protette, un guadagno economicamente apprezzabile e non un mero risparmio di spesa. È interessante notare come nemmeno la presenza di banner pubblicitari è stata ritenuta un elemento rilevante ai fini della valutazione dello scopo lucrativo dell’attività di file sharing operata dai siti.
Nel caso di specie, il Giudice, a seguito di una lunga analisi sui portali e sulle singole fonti di prova, ha così ritenuto che in assenza di prove sufficienti a dimostrare che i guadagni fossero direttamente collegati ai singoli film piratati di cui i siti web fornivano semplicemente i link, non potesse ritenersi sussistente alcuna violazione del diritto d’autore di terzi, annullando la sanzione amministrativa precedentemente irrogata al gestore.
Per la prima volta in Italia e in Europa viene così affermato che l’attività di un portale per la condivisione di link a film pirata in streaming non sia da considerarsi automaticamente illegale, ma debba essere soggetta ad un’analisi approfondita in relazione alla concreta finalità di lucro direttamente collegata alla fruizione della singola opera.