Insight | 27.11.2024

Insight Doganale | Novembre 2024

L’entrata in vigore del d.lgs. 141/2024 porta nuove modifiche al sistema doganale: equiparazione dell’Iva ai diritti doganali, inasprimento delle sanzioni per contrabbando e focus sul superamento delle soglie di 10.000 euro


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Riforma doganale tra novità e criticità

 

Lo scorso 4 ottobre è entrato in vigore il d.lgs. 141 del 2024, recante le “Disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione”, con cui è stato abrogato e sostituito integralmente il previgente d.p.r. 43 del 1973, ossia il Testo Unico delle Leggi doganali (Tuld). Quali sono le novità più significative?

Iva all’importazione nel novero dei diritti doganali

 

L’ ’art. 27, comma 1, delle DNC, in palese contrasto con la giurisprudenza unionale e di legittimità – che ha più volte affermato l’estraneità dell’Iva all’importazione all’obbligazione doganale e la necessità di incardinarla nel sistema generale dell’Iva – ha ricompreso, tra i diritti doganali, anche tale imposta. Ai sensi del comma 3, tuttavia, l’Iva all’importazione mantiene la propria natura di tributo interno soltanto nei casi di: i. immissione in libera pratica di merci senza assolvimento dell’imposta sul valore aggiunto per successiva immissione in consumo in altro Stato membro dell’Unione europea (c.d. regime 42); ii. immissione in libera pratica di merci senza assolvimento dell’imposta sul valore aggiunto e vincolo a un regime di deposito diverso dal deposito doganale (estrazione da deposito Iva).

Tale norma, pertanto, modifica la natura dell’Iva all’importazione, equiparandola ai dazi, sulla base di dove (in Italia o in un altro Stato membro) e come (direttamente o attraverso un deposito Iva) viene importata la merce, con conseguenze pratiche diverse in termini di assolvimento dell’imposta e delle sanzioni. Per gli operatori economici, stabiliti e non, che impor tano definitivamente in Italia, infatti, l’Agenzia delle dogane potrà pretendere una seconda volta il pagamento dell’Iva sulle prestazioni di servizio, il cui valore deve essere addizionato alla base imponibile in dogana (i.e. royalties), nonché applicare al mancato versamento dell’Iva all’importazione la misura cautelare della confisca amministrativa e, in caso di superamento della soglia di euro 10.000, contestare il reato di contrabbando.

L’equiparazione dell’Iva all’importazione ai diritti doganali, inoltre, comporta l’estensione della responsabilità solidale anche ai rappresentanti doganali indiretti.

Le sanzioni di natura penale: il nuovo reato di contrabbando

 

Il nuovo impianto sanzionatorio penale introduce due fattispecie generali di contrabbando, di cui agli articoli 78 e 79 delle DNC, rispettivamente per omessa e infedele dichiarazione.

L’art. 78, in particolare, ricomprende tutte le fattispecie di omissione dolosa all’adempimento dell’obbligo dichiarativo in relazione ai regimi doganali non specificatamente disciplinati dalle norme particolari di cui agli artt. 80, 81, 82 e 83, punendo con la multa dal 100 al 200 per cento dei diritti di confine dovuti – ossia quelli che l’operatore economico è tenuto a corrispondere in più, a qualsiasi titolo, rispetto a quelli dichiarati – chiunque sottrae le merci, in qualunque modo e a qualunque titolo, alla vigilanza doganale e al pagamento dei connessi diritti di confine, sia all’import che all’export.

La fattispecie di contrabbando per infedele dichiarazione disciplinata dall’art. 79, invece, si realizza in tutte le ipotesi in cui, nonostante la parte abbia presentato la dovuta dichiarazione, viene rilevata una differenza con riguardo alla qualità, quantità, origine e valore delle merci o a ogni altro elemento occorrente per l’applicazione della tariffa e per la liquidazione dei diritti dovuti. Anche in tal caso, è prevista la multa dal 100 al 200 per cento dei diritti di confine dovuti.

Le sanzioni penali del contrabbando trovano applica zione al superamento della soglia di 10.000 euro di diritti di confine dovuti non dichiarati ovvero non correttamente dichiarati.

Di particolare rilievo (critico) è l’art. 94, che impone la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono l’oggetto ovvero il prodotto o il profitto. Qualora non sia possibile procedere alla confisca di tali cose, è ordinata la confisca di somme di denaro, beni e altre utilità per un valore equivalente, di cui il condannato ha la disponibilità, anche per interposta persona.

Sono in ogni caso soggetti a confisca i mezzi di trasporto, a chiunque appartenenti, che risultino adattati allo stivaggio fraudolento di merci ovvero contengano accorgimenti idonei a maggiorarne la capacità di carico o l’autonomia, in difformità delle caratteristiche costruttive omologate, o che siano impiegati in violazione alle norme concernenti la circolazione o la navigazione e la sicurezza in mare.

Le sanzioni penali del contrabbando trovano applicazione al superamento della soglia di 10.000 euro di diritti di confine dovuti non dichiarati ovvero non correttamente dichiarati.

Per i reati di contrabbando, per i quali nessuno dei diritti di confine dovuti, distintamente considerati, è superiore a euro 50.000 e non ricorrono altre aggravanti, l’autore può accedere all’istituto dell’estinzione previsto dall’articolo 112, versando, oltre al tributo, anche un importo, determinato dall’Agenzia, compreso tra il 100 e il 200 per cento dei maggiori diritti accertati.

Al riguardo, con la circolare n. 22 dello scorso 28 ottobre, l’Agenzia delle dogane ha chiarito che l’estinzione del reato non prevede l’automatica applicazione della confisca, la quale, pertanto, potrà non essere applicata.

Le sanzioni di natura amministrativa

 

Qualora non sussistano le circostanze aggravanti di cui all’art. 88 (Fatto commesso da persona a mano armata, da tre o più autori, fatto connesso ad altro delitto contro la fede pubblica o contro la Pubblica Amministrazione, fatto commesso da un associato per commettere delitti di contrabbando) o qualora l’ammontare dei diritti di confine dovuti non superi i 10.000 euro, la sottrazione dei maggiori diritti accertati ha rilevanza esclusivamente amministrativa.

In tali casi, l’art. 96, in linea con i principi unionali di proporzionalità, supera le criticità del previgente art. 303 Tuld e abbatte le soglie sanzionatorie, prevedendo la sanzione amministrativa dal 100 per cento al 200 per cento dei diritti di confine dovuti, e comunque in misura non inferiore a euro 2.000, e, per le violazioni di cui all’articolo 79, in misura non inferiore a euro 1.000, per chiunque commette le violazioni di cui agli articoli da 78 a 83.

L’art. 96, comma 2, introduce una specifica ipotesi di attenuazione della sanzione, prevedendo che la sanzione di cui al comma 1 è ridotta di un terzo quando i maggiori diritti di confine dovuti sono inferiori al 3 per cento di quelli dichiarati.

Nessuna sanzione è applicata se l’ammontare dei diritti di confine complessivamente dichiarati è pari o superiore a quelli complessivamente accertati (cfr. circ. 22/2024).

A fronte di tale alleggerimento sanzionatorio, occorre tuttavia rilevare che il comma 7 dell’art. 96 stabilisce che, nei casi di sottrazione dei diritti di confine dovuti avente rilevanza amministrativa, è sempre ordinata la confisca amministrativa delle merci oggetto dell’illecito, le quali possono essere riscattate dal proprietario solo mediante versamento all’Erario del relativo valore.

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