Il presidente dell’Associazione degli studi legali associati (ASLA) Giovanni Lega è intervenuto al quotidiano Il Dubbio, in un’intervista realizzata insieme al presidente dell’Associazione italiana giovani avvocati (Aiga) Carlo Foglieni, per parlare del futuro della professione forense.
≪Al giorno d’oggi le alternative all’esercizio della professione, in forma individuale, si riducono a due: l’associazione professionale e la società tra avvocati. Nonostante si tratti di due opzioni necessarie, alla luce delle prospettive offerte dal mercato, ambedue presentano limiti o svantaggi. Nel caso dell’associazione professionale, dove i soci sono tassati come avviene con qualsiasi reddito da lavoro autonomo, ogni utile va distribuito senza che vi sia la possibilità di accantonare riserve in modo strutturale. Anche nel caso degli studi associati composti da 300 professionisti, i limiti restano restano gli stessi: non si può neanche accantonare il necessario a liquidare un socio che dovesse uscire≫.
Dopodiché, Lega prosegue con l’analisi delle società tra avvocati, le cosiddette “Sta”, all’interno delle quali il problema si registra in maniera inversa.
≪Nel caso delle Sta si è tassati con l’Ires invece che con l’Iref. Tuttavia, i dividendi possono essere redistribuiti tra i soci solo a fine esercizio. Nel frattempo, tutti devono poter ottenere dei corrispettivi, ma l’unica possibilità prevede che il singolo socio emetta fattura nei confronti della Sta, con inevitabile duplicazione del contributo integrativo del 4%. Tale contributo è previdenziale è già versato dalla Sta al momento di emettere fattura nei confronti del committente vero e proprio, dal cliente finale. Restiamo convinti che si tratti di un meccanismo ingiusto≫.
L’intervista continua con le modifiche che, a detta di Lega, dovrebbero essere relative alle Sta.
≪Ci sono due possibilità, suggerite da quanto avviene in quasi tutte le altre professioni nel nostro Paese, fatta eccezione per le categorie di geometri e avvocati. La prima sarebbe quella di consentire alle Sta di dedurre, dal loro ammontare contributivo, il 4% pagato ai soci che periodicamente fatturano nei confronti della società stessa, oppure, prevedere che quella trattenuta previdenziale non sia imposta per i pagamenti fra avvocati. Va considerato che tale meccanismo ricorre anche nei compensi versati ai colleghi domiciliatari. Con l’attuale meccanismo previdenziale, le Sta si ritrovano a dover versare un doppio, iniquo contributo del 4% a beneficio di quegli avvocati che dichiarano rediti minimi, anche al di sotto dei 10 mila euro≫.
Infine, Giovanni Lega conclude con un suo pensiero riguardante la regolamentazione della cosiddetta monocommitenza.
≪Credo che la regolamentazione della monocommittenza sia assolutamente necessaria poiché, da 30 anni a questa parte, essa costituisce un altro nodo incomprensibilmente irrisolto. Riprendendo il discorso iniziale, i contributi pagati da un avvocato che lavora per uno studio, in regime di monocommitenza dovrebbero essere dedotti dal montante dello studio. Come Asla abbiamo presentato un articolato che la responsabile Professionale dell’attuale partito di maggioranza relativa, Marta Schifone (FdI), aveva apprezzato, recepito e proposto di inserire nel decreto Lavoro 2023. Purtroppo, si è arenato tutto. Regolare la monocommitenza vorrebbe dire assicurare quelle sacro sante tutele delle quali , al giorno d’oggi, i giovani colleghi non dispongono≫.
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