Il 2018 ha rappresentato un vero e proprio anno di svolta per lo sport italiano… e no, non mi riferisco al fatto che la nazionale maschile di calcio non si è qualificata ai mondiali in Russia.
Non di solo calcio è fatto lo sport italiano, ed il CONI sul punto ha deciso di mettere un po’ di chiarezza, istituendo il Registro delle Associazioni e delle Società Sportive Dilettantistiche.
I passaggi chiave che hanno portato all’entrata in vigore, dal 1° gennaio 2018, di questo Registro sono stati tre, ovvero (i) la delibera n. 1566 del 20 dicembre 2016, con cui è stato approvato l’elenco delle discipline sportive ammissibili per l’iscrizione al Registro, (ii) la delibera n. 1568 del 14 febbraio 2017, con cui l’elenco delle discipline ammissibili allegato alla precedente delibera veniva sostituito da un nuovo elenco e infine (iii) la delibera n. 1575 del 18 luglio 2017, con cui veniva approvata l’estensione al 31 dicembre 2017 del termine per il riconoscimento, ai fini sportivi, delle associazioni e società sportive dilettantistiche iscritte al Registro affiliate EPS (Enti di Promozione Sportiva).
Con le delibere sopra, per la prima volta il CONI ci dice quali discipline in Italia possono essere considerate sport e quali invece no. La conseguenza? L’impossibilità per le associazioni che pratichino discipline escluse dell’elenco di chiedere la registrazione all’interno del Registro delle Associazioni e delle Società Sportive Dilettantistiche e quindi di affiliarsi agli Enti di Promozione Sportiva, di fruire di agevolazioni, sovvenzioni e quante altre risorse messe a disposizione dallo Stato per la promozione del settore sportivo in generale.
La novità è sicuramente non da poco, se si considera che in Italia la stragrande maggioranza degli sport è praticata a livello dilettantistico (sono pochissime le Federazioni sportive nazionali che riconoscono il professionismo dei propri atleti).
Ed è stato così che, quando si è iniziato a scorrere l’elenco delle più di 380 discipline ammesse, terrorizzati dal fatto che Fistball e Korfball fossero stati esclusi (tranquilli, queste discipline sono state riconosciute) è sorta spontanea tra gli appassionati e gli addetti ai lavori una domanda: e gli Esports?
I Competitive Gaming o Esports consistono in videogiochi – realizzati generalmente dalle più importanti società produttrici del settore e noti a livello globale – cui i player (organizzati in veri e propri team) giocano individualmente o in squadra nell’ambito di tornei e manifestazioni anche internazionali. La Corea del Sud, la Russia, gli U.S.A., e a livello europeo i Paesi Scandinavi e la Polonia rappresentano realtà in cui un torneo di League of Legends (uno dei titoli più noti in ambito degli Esports) ha lo stesso riscontro che in Italia avrebbe in termini di pubblico, investimenti pubblicitari e copertura televisiva una finale di Champions League. Per dare un’idea delle dimensioni del fenomeno, basti dire che gli Esports sono stati inclusi come disciplina ai Giochi Asiatici del 2022 di Hangzhou, Cina.
In Italia, il fenomeno non raggiunge ancora le proporzioni del Far East, ma pare che le cose si stiano muovendo, per così dire. Come diceva Tomasi di Lampedusa “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”: non sorprenderà quindi scoprire come alcuni dei videogiochi di punta degli Esports in Italia siano FIFA e PES, e che i maggiori investitori – dotati di propri team, brand e sponsorizzazioni – siano proprio sia le squadre di calcio italiane di Serie A, che anche i loro giocatori e/o ex bandiere.
Come detto sopra, ad oggi, gli Esports non figurano nell’elenco stilato dal CONI, ma non possiamo dubitare che la questione sarà presto al centro dell’attenzione degli addetti ai lavori.
Le loro valutazioni non potranno certo prescindere dal fatto che a differenza di quanto accade per gli sport tradizionali, dove nessuno “possiede” il gioco del calcio, della pallavolo o del basket, nel settore degli Esports esiste un titolare dei diritti di copyright sul videogioco che sta alla base della competizione e con cui non si potrà non fare i conti fin da principio.
Chissà che in futuro, quando ricapiterà (perché ricapiterà), di non qualificarsi ai mondiali, l’Italia intera non si possa consolare a suon di joystick.