News | 19.05.2021

ESG, il fattore G di Governance


Marketing & Communication
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La prima cosa da valutare in un investimento che sia davvero sostenibile? Non è l’impatto ambientale né quello sociale, ma la governance. «Di certo l’ottica della sostenibilità nel lungo periodo si scontra con quella del profitto a breve termine e dei quarterly earnings», spiega a Economy Marco Imperiale, Chief innovation officer di LCA e coordinatore del progetto Law & Sustainability (la guida piuttosto articolata, aperta a tutti e volta a ‘educare’ le imprese). E cita uno studio europeo del 2020 secondo il quale spesso il management delle imprese non ha sufficienti incentivi a prendere decisioni con impatti nel lungo termine e l’attuale impianto normativo degli Stati Membri non consente agli amministratori di assumere scelte in linea con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.

«Un vero approccio sostenibile contempla un effettivo “cambio di passo”, che tocca aspetti cruciali del business e va ben oltre le dinamiche ambientali», sottolinea Imperiale. «A livello di società quotate, è forse arrivato il momento in cui il mercato ha compreso non solo i risvolti positivi di un approccio sostenibile (e ciò a livello reputazionale, di rapporti con gli stakeholder, di attrattiva sui talenti) ma anche quelli problematici a livello pratico e organizzativo». Ma per le Pmi il discorso non è molto differente: «In ogni caso, la palla è in mano ai board».

«Le due diligence Esg sono ancora un fenomeno poco comune», conferma Imperiale. «Ma sono in crescita, e ciò sia in considerazione dell’interesse dei fondi, sia della spinta ad analisi “olistiche” e non settoriali. Non nego comunque le molte problematiche livello pratico, ad esempio i molti parametri e la differente attenzione su specifici aspetti a seconda dell’industry di riferimento. Vi sono poi aspetti da non sottovalutare, come la mancanza di modelli condivisi e la difficoltà intrinseca di questo tipo di analisi, vista da un lato la necessità di dati squisitamente tecnici, dall’altro lo spettro paradossalmente illimitato di attività connesse al mondo Esg. La sfida è portare concretezza su aspetti che rischiano di prestarsi alla vaghezza».

Ma il codice di autodisciplina delle società quotate ha funzionato? «Le adesioni sono molte, e il focus sulla sostenibilità, che pone l’accento sul contenimento dello short-termism e sugli interessi degli stakeholder, è da valutarsi con favore», risponde Imperiale. «Oltre ciò, la procedura formalizzata sulle politiche di engagement e la revisione di una modalità comply or explain hanno determinato un approccio proattivo da parte delle società, che si trovano – volenti o nolenti – a dover fare fronte a una sempre più forte richiesta di chiarimenti in merito al proprio operato. Certo, ci sono ancora molte zone grigie, soprattutto a livello trasparenza e accountability in materia governance/leadership, e la natura stessa del Codice rischia di portare risultati di rilievo in tempi più lunghi rispetto a quelli che ci si potrebbe aspettare, ma credo sia fisiologico considerando la tipologia di realtà coinvolte e i risultati che si vuole ottenere».

«Di solito i sustainability manager hanno un ruolo interno, cioè sviluppare e implementare specifiche strategie di sostenibilità all’interno di una determinata realtà, ma a volte assumono un ruolo sia interno sia esterno e
quindi non solo curare la sostenibilità di un’azienda, ma anche lavorare a livello sinergico con enti esterni e associazioni,
a volte anche promuovendo la propria realtà a livello mediatico. Nelle aziende sono in aumento anche business developer e giuristi esperti su questo tipo di dinamiche. Non basta inserire un sustainability manager per diventare una struttura sostenibile. Sarebbe come pensare di risolvere il problema dell’innovazione inserendo un innovation manager. La questione è molto più complessa e porta alla ridefinizione dei pilastri stessi della società nonché delle modalità operative e dell’approccio della società verso l’interno e verso l’esterno. Investire nella sostenibilità vuol dire andare a toccare il cuore dell’azienda. La leadership, la governance, la diversity, l’inclusione, la trasparenza, l’accountability, la relazione con i propri stakeholder. Oltre ciò, vuol dire dotarsi di una strategia con bbbiettivi concreti e realizzabili, e dotarsi di professionisti e consulenti che possano supportare la realizzazione di un percorso».


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