Ogni anno, il 1° gennaio, ricorre il «public domain day», ovvero il giorno in cui le opere letterarie che hanno superato determinati limiti temporali divengono di pubblico dominio. Si tratta di un appuntamento molto atteso da editori e altri operatori dell’industria culturale. Per capire la portata del settore basti pensare che solo quest’anno sono diventate di pubblico dominio in Italia tutte le opere create da autori morti entro il 1950, come Cesare Pavese e George Orwell.
Ma l’ingresso delle opere nel pubblico dominio equivale al loro libero utilizzo tout court? «Lato diritti di utilizzazione economica, ciò vale sicuramente per la versione scritta “di pugno” dall’autore ed in lingua originale», afferma Federica Furlan su ItaliaOggi Sette. «Si pensi, però, ad esempio, alla traduzione dell’opera in altra lingua. Trattandosi di una «rielaborazione creativa», tale opera potrà godere di autonoma tutela autorale, così come previsto dall’art. 4 della legge sul diritto d’autore e cadrà, dunque, in pubblico dominio allo scadere dei 70 anni dalla morte del suo autore (traduttore). Allo stesso modo, trasformazioni dell’opera principale che hanno dato vita ad altre forme letterarie o artistiche, costituiranno opere diverse e degne di autonoma tutela autorale. In entrambi i casi richiamati potremmo poeticamente pensare che l’opera originale, se pure caduta in pubblico dominio, continuerà ad essere giuridicamente tutelata con riferimento a tutte le altre forme artistiche o letterarie con cui è stata espressa nel tempo. Senza dubbio, l’ingresso nel pubblico dominio non farà comunque venir meno i diritti morali d’autore, imprescrittibili per definizione. Ciò significa che resterà fermo, in capo agli eredi (coniugi, ascendenti e discendenti), il diritto di tutelare la personalità dell’autore. Gli stessi saranno, dunque, liberi di far valere il diritto alla paternità dell’opera e di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione o modifica della stessa che possa in qualche modo danneggiare l’autore e la sua personalità.
Scopri l’approfondimento a cura di Antonio Ranalli.