La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25495 del 17 settembre 2025, ha ribadito che l’assegno divorzile può essere riconosciuto in favore del partner economicamente più debole anche nell’ambito delle Unioni civili.
La questione trae origine da un ricorso proposto a seguito dello scioglimento di una Unione civile, in cui uno dei partner aveva chiesto il riconoscimento dell’assegno.
L’istituto delle Unioni civili (L. n. 76/2016) non contempla la fase della separazione e, dunque, neppure l’assegno di mantenimento: per le coppie omosessuali vi è la sola possibilità di ottenere l’assegno di scioglimento dell’Unione civile.
In questa pronuncia, la Corte di Cassazione ha ribadito che, nonostante l’Unione civile presenti delle differenze rispetto al matrimonio, si applica anche ad essa l’articolo 5, comma 6, della legge 898/1970 (legge che regolamenta l’istituto del divorzio) e i principi giurisprudenziali elaborati sinora in materia di assegno divorzile.
Richiamando gli artt. 2 e 3 della Costituzione, la Cassazione ha inquadrato le Unioni civili tra le “formazioni sociali” che danno corpo a una comunione affettiva stabile, fondata su solidarietà e progetti di vita condivisi. Da ciò discende l’applicabilità anche a esse dei criteri elaborati in materia di assegno divorzile, sia nella sua funzione assistenziale (garantire al partner privo di mezzi adeguati condizioni di vita dignitose), sia nella sua funzione perequativo-compensativa (riconoscere e bilanciare i sacrifici e le rinunce professionali compiute durante la convivenza).
La decisione valorizza il principio di solidarietà e pari dignità: viene così sottolineato che le scelte di vita e i contributi resi all’interno della coppia meritano tutela indipendentemente dal sesso dei partner e dalla diversa disciplina formale di costituzione e scioglimento dell’istituto.
Si tratta di una sentenza che si inserisce nel solco aperto nel 2016 dalla Legge Cirinnà, che ha, tra l’altro, ampliato il perimetro delle tutele economiche nelle relazioni omoaffettive, riconoscendo piena dignità giuridica a unioni che, pur formalmente distinte dal matrimonio, condividono la stessa sostanza di solidarietà e condivisione. Resta, invece, ancora aperta la questione delle convivenze di fatto, che rimangono escluse da questo percorso di equiparazione.