Con il Regolamento (UE) 2025/1197 del 19 giugno 2025 (“Regolamento”), entrato in vigore il 30 giugno 2025, l’Unione europea introduce delle restrizioni nei confronti degli operatori economici e dei dispositivi medici originari della Repubblica Popolare Cinese. Il provvedimento dà concreta attuazione al Regolamento (UE) 2022/1031, relativo all’accesso di operatori economici, beni e servizi di paesi terzi ai mercati degli appalti pubblici e delle concessioni dell’Unione nonché definisce le procedure per sostenere i negoziati dell’Unione europea per l’accesso ai mercati degli appalti pubblici di paesi terzi (International Procurement Instrument) (“Regolamento IPI”). Entro il 30 agosto 2025, e successivamente almeno ogni due anni, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al consiglio una relazione sull’applicazione del Regolamento IPI e sui progressi compiuti nei negoziati internazionali
Ambito di applicazione
La decisione della Commissione Europea di adottare il Regolamento nasce dalla necessità di reagire alle pratiche discriminatorie messe in atto dalla Repubblica Popolare Cinese nei confronti delle imprese europee, che danno luogo a gravi e ricorrenti restrizioni dell’accesso degli operatori economici, dei beni e dei servizi dell’Unione ai mercati degli appalti pubblici di dispositivi medici della Repubblica Popolare Cinese.
Difatti, a seguito di un’indagine formale, la Commissione europea ha accertato che la Cina limita sistematicamente l’accesso degli operatori stranieri agli appalti pubblici di dispositivi medici, imponendo requisiti che di fatto favoriscono esclusivamente i produttori nazionali e, inoltre, la Commissione ha osservato che non sono state proposte azioni correttive per porre rimedio a tali restrizioni all’accesso.
Da qui l’introduzione delle prime misure ritorsive nell’ambito del Regolamento IPI: una stretta che esclude dalle gare europee, per contratti pari o superiori a 5 milioni di euro al netto dell’IVA, gli operatori economici cinesi che vendono sul mercato UE determinate classi di dispositivi medici (identificate tramite i codici CPV), colpendo un settore strategico in cui la reciprocità di accesso ai rispettivi mercati è diventata una questione di principio e di tutela del mercato interno.
Un elemento chiave di questa disciplina è rappresentato dall’articolo 3 del Regolamento IPI, che stabilisce i criteri per determinare l’origine di un operatore economico. In particolare, per le persone giuridiche, oltre alla provenienza del soggetto interessato, viene attribuito rilievo alla nozione di “influenza dominante”, che può derivare dalla proprietà, dalla partecipazione finanziaria o dalla normativa nazionale che regola l’attività della persona giuridica. Questo principio consente all’UE di includere nel campo di applicazione delle restrizioni le aziende comunque sottoposte a controllo diretto o indiretto da parte di entità cinesi.
È possibile, in casi eccezionali, non applicare le misure di esclusione, in particolare se non esistono alternative valide nell’UE o in paesi ammissibili o se l’esclusione pregiudicherebbe il funzionamento essenziale di servizi pubblici.
Quali restrizioni per le imprese europee?
Le misure introdotte dal Regolamento non si limitano a colpire direttamente gli operatori economici cinesi, ma possono estendersi anche ad aziende europee. Secondo quanto si evince dai considerando 23 e 36 del Regolamento, l’esclusione dalle gare si applica anche agli operatori economici non originari della Repubblica Popolare Cinese ma che intendano fornire dispositivi medici provenienti dalla Cina. In questo caso, il criterio discriminante è di tipo quantitativo: l’esclusione opera se il valore dei dispositivi medici di origine cinese supera il 50% dell’importo contrattuale dell’appalto. Si tratta di una misura di portata significativa, che coinvolge direttamente anche distributori e rivenditori europei che commercializzano tecnologie sanitarie di fabbricazione cinese. Per non incorrere nei suddetti limiti gli aggiudicatari devono essere in grado di presentare una documentazione adeguata che certifichi l’origine dei beni, in conformità ai criteri previsti dall’articolo 60 del Codice doganale dell’Unione. L’obiettivo della Commissione è chiaro: evitare che le restrizioni vengano aggirate attraverso filiere miste o triangolazioni commerciali, al fine di garantire un’effettiva tutela del mercato interno e della concorrenza leale. In pratica, qualsiasi azienda che distribuisce dispositivi medici contenenti componenti di origine cinese o assemblati in Cina dovrà valutare con attenzione l’origine del prodotto finale.
Considerazioni finali
Va sottolineato che le restrizioni introdotte dal Regolamento IPI si applicano esclusivamente al settore degli appalti pubblici. In altre parole, i dispositivi medici di origine cinese potranno continuare ad essere importati e venduti ai privati senza limitazioni.
Tuttavia, il mercato degli appalti pubblici rappresenta un’area strategica di notevole valore: si stima che il valore del mercato degli appalti di dispositivi medici della Repubblica Popolare Cinese possa ammontare a circa 128 miliardi di euro.
Occorrerà dunque valutare l’impatto del Regolamento sulle aziende europee considerando anche la delocalizzazione degli impianti produttivi avvenuta negli ultimi decenni.
Da un punto di vista pratico, sono facilmente prevedibili delle difficoltà applicative e interpretative nella determinazione del campo di applicazione e delle eccezioni consentite.
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