Insight | 18.09.2025

Data Act: le nuove regole europee sull’accesso e l’uso dei dati generati dai prodotti connessi

Il regolamento UE ridisegna le responsabilità nella gestione dei dati, promuovendo trasparenza, portabilità e condivisione sicura


Marketing & Communication
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Dal 12 settembre 2025, è diventato applicabile il Data Act, il Regolamento UE 2023/2854 (“Data Act” o “Regolamento”) che introduce un nuovo quadro giuridico sull’accesso, l’uso e la condivisione dei dati generati da prodotti connessi e servizi digitali.

L’obiettivo della norma è chiaro: garantire che gli utenti che generano dati attraverso l’uso di un prodotto o servizio di terzi abbiano il diritto di accedervi e di utilizzarli, anche condividendoli con un soggetto terzo di loro fiducia, ad esempio un fornitore di servizi alternativo o un partner tecnologico.

D’altra parte, il Data Act definisce quali sono le condizioni alle quali le imprese sono tenute a mettere a disposizione tali dati.

Quali dati?

Il Data Act trova applicazione con riferimento ai dati generati durante l’uso effettivo di un prodotto connesso o servizio correlato. In particolare, rientrano nell’ambito di applicazione:

  • i dati grezzi (raw data), raccolti da sensori o altri componenti del prodotto;
  • i dati pretrattati (pre-processed data), che abbiano subito operazioni minime come filtraggio, normalizzazione o conversione, purché non si tratti di dati elaborati in modo complesso.

 

Il Data Act prende in considerazione non solo i dati personali (regolati dal GDPR), ma anche quelli non personali, a condizione che siano prontamente disponibili (“readily available”): ossia già raccolti, disponibili al detentore, e accessibili senza sforzi sproporzionati. Non rientrano nell’ambito di applicazione, invece:

  • i dati derivati, ossia quei dati generati tramite elaborazioni analitiche, intelligenza artificiale o modelli predittivi;
  • i dati aggregati riferiti a più utenti o dispositivi;
  • i dati la cui divulgazione comporterebbe la rivelazione significativa e non controllabile di segreti commerciali.

 

Con riferimento a quest’ultimo aspetto, è evidente che il Data Act riconosce che la condivisione dei dati può entrare in tensione con la tutela di segreti commerciali, know-how e altre informazioni riservate. Per questo motivo, il Regolamento consente ai detentori di adottare misure tecniche, contrattuali o organizzative – come, ad esempio, accordi di riservatezza (NDA), clausole limitative o soluzioni di pseudonimizzazione – volte a prevenire la compromissione di tali asset.

L’impatto per le imprese è duplice. Da un lato, esse possono legittimamente proteggere i propri interessi economici, garantendo che informazioni strategiche o sensibili non vengano diffuse senza controllo. Dall’altro, sono chiamate a strutturare processi interni trasparenti e proporzionati, in grado di distinguere tra misure di tutela realmente necessarie e ostacoli ingiustificati alla condivisione. Il successo del Regolamento dipenderà proprio da questo equilibrio: solo se la riservatezza sarà gestita come garanzia e non come barriera, il Data Act potrà esprimere appieno la sua portata innovativa.

Infine, a partire dal 12 settembre 2026, tutti i nuovi prodotti e servizi immessi sul mercato dovranno essere progettati in modo da garantire l’accessibilità ai dati “by design. Essi dovranno essere progettati e forniti in modo tale che i dati dei prodotti e dei servizi correlati siano, per impostazione predefinita, accessibili all’utente in modo facile, sicuro, gratuito, in un formato completo, strutturato, di uso comune e leggibile da un dispositivo automatico.

A chi si applica il Regolamento (e chi sono i soggetti coinvolti)

Il Data Act trova applicazione nei confronti di tutti i soggetti che immettono sul mercato europeo prodotti e servizi in grado di generare o trattare dati.

Rientrano in questo ambito, da un lato, i prodotti connessi, come macchinari industriali, veicoli, dispositivi medici e oggetti smart; dall’altro, i servizi digitali correlati, quali applicazioni di diagnostica integrata, soluzioni di manutenzione da remoto o app companion che dialogano con i prodotti stessi. Il Regolamento si applica, inoltre, ai servizi di trattamento dei dati, ivi incluse le piattaforme di cloud computing, le soluzioni di edge computing e i modelli “as a service” (SaaS, IaaS, etc.).

Quanto all’ambito di applicazione territoriale, il Regolamento si applica anche a fornitori stabiliti fuori dall’Unione Europea, nella misura in cui offrano tali prodotti o servizi nel mercato UE. In tal caso, sono tenuti a designare un rappresentante legale nell’UE.

Le categorie di soggetti individuate dal Data Act sono (i) l’Utente, ossia chi utilizza il prodotto o il servizio, generando i dati. L’Utente diritto all’accesso gratuito e può indicare un soggetto terzo a cui trasmettere i dati, (ii) il Data holder, ossia chi detiene il controllo sui dati generati e ne consente (o meno) l’accesso. Tipicamente, il produttore del prodotto o il fornitore del servizio, (iii) il Terzo designato (Data Recipient), ossia il soggetto individuato dall’utente per ricevere i dati, per esempio un fornitore di servizi di manutenzione o fornitore alternativo. L’accesso ai dati da parte del Terzo designato può essere soggetto a condizioni, (iv) il Fornitore di servizi di trattamento dati (Data Processing Service Provider), ossia chi fornisce infrastrutture e servizi per elaborazione, archiviazione e accesso ai dati.

Interferenze tra Data Act e GDPR

Il Data Act si applica senza pregiudicare la disciplina del GDPR: ciò significa che, ogniqualvolta una richiesta di accesso o di trasmissione riguardi un set di informazioni che includano anche dati personali, essa deve essere valutata alla luce dei principi di liceità, correttezza, trasparenza e proporzionalità propri del Regolamento generale sulla protezione dei dati. In altri termini, il Data Act non costituisce una base giuridica autonoma per il trattamento, ma amplia il diritto di accesso e il diritto alla portabilità che possono essere esercitati solo nel rispetto del quadro di protezione dei dati personali già esistente.

La trasmissione dei dati personali può considerarsi lecita, a titolo esemplificativo, quando è l’utente stesso – anche nella propria veste di interessato – a richiederla direttamente, oppure quando il terzo designato dispone di una valida base giuridica ai sensi del GDPR, come il consenso o l’esecuzione di un contratto. In questi casi la condivisione è compatibile con la normativa, purché avvenga nel rispetto dei principi di minimizzazione e di limitazione delle finalità e sia accompagnata da misure tecniche e organizzative idonee a garantire la sicurezza dei dati.

Al contrario, la trasmissione potrebbe non risultare legittima in assenza di una valida base giuridica, quando i dati riguardino soggetti diversi dall’utente senza che sia stato prestato il necessario consenso, o quando l’uso previsto da parte del terzo risulti incompatibile con la finalità originaria della raccolta. Inoltre, la condivisione è vietata se non vengono approntate adeguate garanzie a tutela dei segreti commerciali, delle informazioni riservate o, più in generale, dei diritti e delle libertà fondamentali degli interessati.

In definitiva, il Data Act non modifica l’impianto sostanziale del GDPR: la trasmissione di dati personali rimane legittima solo se sorretta da una base giuridica idonea e conforme ai principi di protezione già previsti dalla normativa europea.

Terzi designati: accesso condizionato ma garantito

Il Data Act riconosce all’utente non solo il diritto di accedere direttamente ai dati generati dall’utilizzo di un prodotto o di un servizio, ma anche la possibilità di richiederne la trasmissione a favore di un soggetto terzo da lui espressamente designato. Tale facoltà amplia le opportunità di utilizzo dei dati e ne favorisce la circolazione all’interno dell’ecosistema digitale.

Il detentore dei dati è tenuto a consentire questa trasmissione, salvo che ricorrano eccezioni specifiche e motivate, connesse – ad esempio – alla tutela della sicurezza, della riservatezza o di diritti altrui. In ogni caso, l’eventuale rifiuto deve essere fondato su ragioni oggettive e proporzionate.

La normativa ammette inoltre che, in caso di trasmissione verso terzi, il detentore possa richiedere un corrispettivo economico. Tale compenso, tuttavia, deve rispettare criteri stringenti: deve essere ragionevole, non discriminatorio e proporzionato ai costi effettivamente sostenuti per mettere a disposizione i dati. In questo modo si bilanciano, da un lato, i diritti degli utenti e dei terzi da essi designati e, dall’altro, la legittima esigenza del detentore di vedere riconosciuti i propri investimenti e i costi operativi.

Portabilità e switching

Il Data Act introduce un quadro di regole volte a rafforzare la concorrenza e a tutelare gli utenti dei servizi cloud e di data processing services. I fornitori saranno tenuti a garantire la piena portabilità dei dati e a rimuovere ogni ostacolo, di natura tecnica o contrattuale, che possa limitare la possibilità di migrare verso un diverso prestatore di servizi. Essi dovranno inoltre predisporre strumenti e formati di esportazione interoperabili, in grado di assicurare una transizione agevole e priva di interruzioni.

A partire dal 12 settembre 2025, eventuali oneri economici connessi al cambio di fornitore potranno essere richiesti soltanto nei limiti dei costi effettivamente sostenuti dal provider. Trascorsa tale fase transitoria, dal 12 gennaio 2027, l’applicazione di qualsivoglia “switching charge” sarà definitivamente preclusa.

Accesso pubblico ai dati in casi eccezionali

Il Regolamento stabilisce che, in situazioni di necessità straordinaria – come emergenze sanitarie, calamità naturali o gravi minacce alla sicurezza pubblica – le autorità pubbliche, le istituzioni dell’Unione europea e altri organismi competenti possano richiedere l’accesso a dati detenuti da privati. Tale facoltà è circoscritta a casi in cui i dati siano indispensabili per fronteggiare l’emergenza e non possano essere ottenuti con strumenti alternativi.

L’accesso deve sempre rispettare i principi di necessità e proporzionalità, essere limitato nel tempo e riferirsi a finalità specifiche e chiaramente determinate. A tutela degli operatori economici, il Regolamento prevede, inoltre, misure di protezione per i segreti commerciali e per altre informazioni riservate, imponendo che i dati raccolti vengano utilizzati esclusivamente per lo scopo per cui sono stati richiesti e cancellati non appena cessata la situazione emergenziale, salvo diversa previsione normativa.

Il regime sanzionatorio

Il Data Act non introduce un sistema sanzionatorio uniforme a livello europeo. La definizione delle misure applicabili è demandata ai singoli Stati membri, i quali sono tenuti a designare le autorità competenti responsabili della vigilanza sull’applicazione del Regolamento e a stabilire un regime di sanzioni efficaci e proporzionate.

In Italia, il decreto attuativo che disciplinerà la materia non è ancora stato adottato. Tuttavia, il Data Act è già pienamente applicabile a partire dal 12 settembre 2025 e le imprese sono pertanto tenute a conformarsi agli obblighi da esso introdotti, indipendentemente dal completamento del quadro nazionale di enforcement.

Possibili aree di intervento

Il Data Act rappresenta un cambio di paradigma: sposta il baricentro della governance dei dati, stabilendo che chi genera dati attraverso l’uso di un prodotto o servizio ha il diritto di accedervi e, in certi casi, di condividerli con soggetti terzi. In tal modo, il dato non resta più confinato nel perimetro esclusivo del produttore o del fornitore, ma diventa un asset che può essere condiviso, pur sempre soggetto a regole precise e a garanzie per la tutela degli interessi economici e della riservatezza.

Per le imprese, le nuove regole richiedono più di un mero adempimento normativo. In particolare, implicano un’analisi approfondita e una revisione dei modelli operativi. In particolare, appare indispensabile riconsiderare i contratti B2B che disciplinano l’accesso e l’uso dei dati, mappare i flussi informativi individuando quali dati vengono generati, in quali formati e da chi siano detenuti o gestiti. Occorre, inoltre, adeguare le procedure interne per gestire in maniera corretta, sicura e trasparente le richieste di accesso o di condivisione dei dati, provenienti tanto dagli utenti quanto da terzi da essi designati.

L’obiettivo è garantire tracciabilità, sicurezza, trasparenza e coerenza con la normativa, salvaguardando al contempo informazioni riservate e know-how aziendale.

Per molte imprese, l’adeguamento rappresenta una priorità immediata.

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Equity Partner
Giulio Vecchi

Marketing & Communication
marketing@lcalex.it

IT & Data Protection

LCA ha maturato una specifica competenza nella gestione delle tematiche e degli adempimenti in materia di privacy, assicurando la totale compliance alla normativa europea (GDPR) e italiana in materia e alle direttive emanate dall’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali. Dedica inoltre da anni una profonda attenzione alle novità su big data e cybersecurity.
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