Gli effetti di Brexit sul regime della circolazione delle decisioni in materia civile e commerciale
Il regime di riconoscimento ed esecuzione delle sentenze straniere è un tassello fondamentale nel contesto del commercio internazionale. Infatti, la chiarezza delle condizioni necessarie per la circolazione delle decisioni e la prevedibilità degli esiti assicurano quella certezza di cui i commerci beneficiano.
Brexit aveva messo a dura prova questi principi, in quanto era venuto meno il regime precedentemente applicabile nei rapporti tra il Regno Unito e gli Stati membri dell’UE (Danimarca esclusa), costituito dal Regolamento UE 1215/2012 “concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale” applicabile tra gli Stati membri e dalla Convenzione di Lugano, che regola la stessa materia tra gli stati aderenti (tra cui, di nuovo, gli Stati membri dell’UE, oltre a Danimarca, Norvegia, Svizzera e Islanda).
L’effetto è stato la frammentazione della disciplina applicabile per eseguire una sentenza britannica in uno degli Stati membri dell’Unione o, viceversa, una decisione emessa in uno stato membro nel Regno Unito. Le parti, infatti, dovevano fare riferimento, a seconda del caso, alla Convenzione dell’Aja del 2005 sulle clausole di scelta del foro, se applicabile, oppure a specifici accordi e convenzioni in vigore tra gli stati coinvolti o, in mancanza, alle norme nazionali di diritto internazionale privato di volta in volta rilevanti.
A questa situazione si è aggiunta la mancata adesione del Regno Unito alla Convenzione di Lugano del 2007, che avrebbe potuto rappresentare una disciplina uniforme per la circolazione delle decisioni. A tale proposito, in previsione degli effetti della Brexit, il 2 aprile 2020 il Regno Unito aveva chiesto di aderire alla Convenzione di Lugano. Poiché per l’adesione alla Convenzione di un nuovo stato contraente è necessario il consenso di tutti gli stati contraenti, il Consiglio Federale Svizzero aveva chiesto a ciascuno di esprimere la propria posizione sull’adesione del Regno Unito. Per l’Unione Europea, la richiesta era stata indirizzata alla Commissione europea, la quale, tuttavia, aveva dichiarato di non essere nella posizione di esprimere il proprio consenso, ritenendo che tale decisione spettasse piuttosto al Consiglio, che però non si è mai espresso sul punto, lasciando la situazione in stallo.
L’adesione del Regno Unito alla Convenzione dell’Aja del 2019
Il 27 giugno 2024 il Regno Unito ha ratificato la Convenzione dell’Aja del 2 luglio 2019 sul riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze straniere in ambito civile e commerciale, che non richiede il consenso degli altri stati aderenti.
Quindi, il 1° luglio 2025, un anno dopo la ratifica, la Convenzione dell’Aja 2019 è entrata in vigore anche per il Regno Unito.
Oltre che per gli Stati membri dell’UE (esclusa la Danimarca) e il Regno Unito, la Convenzione è attualmente in vigore per l’Ucraina e l’Uruguay. Nel 2026 entrerà in vigore anche per Albania, Andorra e Montenegro. Inoltre, è stata firmata, ma non ancora ratificata, anche da altri Stati, tra cui gli Stati Uniti e la Russia, per cui il suo ambito di applicazione potrebbe ampliarsi nei prossimi anni.
Finalmente, insomma, c’è una disciplina uniforme che definisce con chiarezza i presupposti per il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni e che, di conseguenza, semplifica la circolazione delle decisioni in ambito civile e commerciale tra gli stati aderenti e, in particolare, tra gli Stati membri dell’UE e l’UK dopo Brexit. Da un lato, infatti, lo strumento faciliterà l’esecuzione nell’Unione Europea delle decisioni emesse dai tribunali britannici, tornando a favorire la scelta del Regno Unito quale foro per la risoluzione di controversie transnazionali. Dall’altro lato, consentirà di eseguire nel Regno Unito le decisioni emesse in uno degli altri stati aderenti.
L’ambito di applicazione della Convenzione dell’Aja
La Convenzione dell’Aja 2019 si applica al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni emesse all’esito di un procedimento cominciato dopo la sua entrata in vigore per entrambi gli Stati coinvolti, essendo invece irrilevante la data della pronuncia della decisione. In altre parole, il nuovo meccanismo si applicherà soltanto alle decisioni emesse in procedimenti iniziati a partire dal 1° luglio 2025 e non a quelli che a tale data erano già pendenti.
La Convenzione si applica alle decisioni in materia civile e commerciale. Alcune materie sono espressamente escluse dal suo campo di applicazione, come ad esempio lo stato e la capacità delle persone fisiche, questioni di diritto di famiglia e successorie, l’insolvenza, il trasporto di passeggeri e di beni, la diffamazione, la privacy, la proprietà intellettuale e alcune questioni in materia di concorrenza. Anche l’arbitrato è escluso dal campo di applicazione della Convenzione.
Inoltre, per essere riconosciuta ai sensi della Convenzione, la decisione deve soddisfare almeno uno dei requisiti previsti dall’art. 5. Tra questi vi sono: (i) la scelta della giurisdizione fatta contrattualmente dalle parti; (ii) che il convenuto non abbia contestato nel corso del procedimento la giurisdizione; (iii) che il soggetto contro il quale il riconoscimento è richiesto avesse la residenza, la sede principale, una sede secondaria o un’agenzia nello Stato in cui è stata pronunciata la decisione. Altri riguardano il contenuto della decisione: essa deve riguardare obbligazioni contrattuali che sono state o avrebbero dovuto essere eseguite nello Stato della corte che ha emesso la decisione, un contratto di locazione di un immobile situato in quello Stato, oppure un’obbligazione non contrattuale derivante da un atto o omissione compiuti nello stesso Stato.
Le ragioni di rifiuto del riconoscimento
Quando la Convenzione è applicabile, il riconoscimento e l’esecuzione di una decisione sono garantiti, senza alcun riesame nel merito, a condizione che essa sia efficace e possa essere eseguita nello stato di origine. Il riconoscimento e l’esecuzione possono essere negati soltanto nelle ipotesi espressamente previste dalla Convenzione stessa.
Anzitutto, il riconoscimento e l’esecuzione possono essere rinviati o rifiutati se la decisione è oggetto di impugnazione nello Stato di origine o se il termine per impugnare non è ancora decorso. In altre parole, la decisione può essere riconosciuta ed eseguita nello Stato di destinazione solo se è passata in giudicato.
Un secondo motivo di diniego può essere la litispendenza: se nello Stato richiesto è pendente un procedimento tra le stesse parti e avente lo stesso oggetto, iniziato prima di quello in cui è stata emessa la decisione.
In questi casi, il rifiuto non impedisce una successiva domanda di riconoscimento o di esecuzione della decisione.
Inoltre, il riconoscimento e l’esecuzione possono essere rifiutati se l’atto introduttivo del procedimento non è stato notificato al convenuto in tempo utile e in modo tale da consentirgli di preparare la propria difesa. Il rifiuto è possibile anche quando l’atto introduttivo è stato notificato al convenuto, nello Stato in cui il riconoscimento è richiesto, in modo incompatibile con i principi fondamentali in materia di notificazione degli atti di tale Stato.
Inoltre, il riconoscimento e l’esecuzione possono essere rifiutati se la sentenza è stata ottenuta con frode, se il procedimento dinanzi al giudice d’origine era contrario a un accordo di scelta del foro, oppure se il riconoscimento o l’esecuzione sono incompatibili con l’ordine pubblico dello Stato in cui sono richiesti.
Infine, la decisione non può essere riconosciuta se è incompatibile con una decisione emessa da un tribunale dello Stato richiesto in una controversia tra le stesse parti o con una decisione precedente emessa da un tribunale di un altro Stato tra le stesse parti in merito alla stessa materia, che soddisfi le condizioni necessarie per il suo riconoscimento nello Stato richiesto.
DOWNLOAD PDF