Coltivare le competenze, in modo inclusivo, perché occorre passare dall’intuitus personae all’intuitus personarum. Se nel palazzo di via della Moscova a Milano, sede dello studio LCA, ci fosse un manifesto con uno slogan che ne riassume lo spirito, forse la scelta cadrebbe sulla declinazione plurale dell’essenza della professione e del servizio verso il cliente. Sicuramente l’intuitus personarum è uno dei principi attorno a cui ha costruito la professione e lo studio Giovanni Lega, avvocato, managing partner fino a qualche settimana fa di LCA. Uno studio composto da oltre 340 persone, di cui 280 professionisti, quattro sedi in Italia e due all’estero, l’età media è di 38 anni, le donne costituiscono il 53% della compagine. Da anni lo studio elabora il bilancio di sostenibilità.
Lega ha deciso di lasciare l’incarico di managing partner nel mezzo di un percorso professionale in crescita, con dipartimenti di M&A e diritto societario; contenzioso e gestione della crisi d’impresa; IP, media, tech & data; lavoro; Banking, finance & regulatory. Dipartimenti che lavorano in sinergia e che all’interno coltivano ulteriori specializzazioni verticali.
«La decisione di lasciare – racconta Giovanni Lega – è il frutto della storia di questi anni. Ho sempre pensato che lo studio deve essere un’eredità per i giovani. Credo che sia importante, per uno studio professionale, agire seguendo quattro T: Trovare talenti; Trattenere i giovani con programmi di formazione su misura; Trasformarsi perché il cambiamento è essenziale per cogliere le nuove opportunità; Tramandare perché occorre lavorare per il futuro. Avere leadership – conclude Lega – è anche lasciare spazio».
E così lo studio LCA, dove Lega continua a lavorare e innovare, è ora retto da un Comitato di sette partner, la governance è plurale e condivisa. La sfida è quella di continuare a crescere nei numeri del bilancio e come comunità professionale. Anche se le condizioni esterne non sono incentivanti.
Lega, tra l’altro, è da anni impegnato nella politica di categoria alla guida di ASLA, l’associazione che riunisce i grandi studi.
«Non c’è uno strumento che favorisca la patrimonializzazione delle realtà professionali, per consentire di fare investimenti. Abbiamo chiesto al ministero dell’Economia una mini IRES per gli utili destinati a riserva, ma la proposta non ha avuto seguito. Così come abbiamo cercato di introdurre misure di tutela per gli avvocati che lavorano in monocommittenza, ma questa ipotesi non ha trovato per ora sponda presso il legislatore. Inoltre, occorre trovare le modalità per un equo compenso per i tirocinanti. Queste ultime sono due misure per evitare che i giovani migliori si allontanino dalla professione».
Irrisolta è pure la questione del raddoppio del contributo integrativo alla Cassa previdenziale, che viene pagato sull’imponibile IVA dalla società e dal socio. Eppure gli studi – se non vogliono cedere il passo alle grandi multinazionali della consulenza – devono investire.
Dice Lega: «Da alcuni anni lavoriamo all’intelligenza artificiale, con nostri ingegneri e professionalità tecniche, anche per rendere più efficienti i processi interni. Ma per fare questo occorrono risorse. Così pure per sviluppare il welfare, che è un fattore per attrarre talenti permettendo a tutti di coltivare competenze e innovazione».